A Salerno il Progetto SPLEEN. Tre opere per la Fondazione Filiberto e Bianca Menna, dal 4 maggio al 30 giugno foto

È stato presentato sabato 4 maggio dalla Fondazione Filiberto e Bianca Menna,

Generico maggio 2024
a cura di Gianpaolo Cacciottolo e Massimo Maiorino, progetto, partito il 4 maggio che si concluderà il 30 giugno 2024. Il progetto è realizzato con il sostegno di SEV Iren e con il patrocinio del DiSPaC – Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale dell’Università degli Studi di Salerno.

 SPLEEN nasce dall’esigenza di riflettere sul ruolo e sulla posizione che un’istituzione storica dell’arte e della critica contemporanea, la Fondazione Filiberto e Bianca Menna – nata nel 1989 e dal 1994 ospitata negli spazi dell’Ex Casa del Combattente –, ha all’interno del tessuto urbano e socio-culturale della città di Salerno. Nella Profezia di una società estetica (1968) Filiberto Menna rintraccia nell’opera di Baudelaire, e in particolare nei Petits Poèmes en prose (o Lo spleen di Parigi, 1867-1869), un’occasione di riflessione sul rapporto tra l’artista e la città moderna. Vivere nel presente significa per Baudelaire, dice Menna, «entrar dentro la nuova realtà, prendere atto di una situazione profondamente mutata in cui l’orizzonte dell’esistenza quotidiana non è più dato dalla natura ma dalla città». L’autore francese affida perciò all’artista moderno il «compito di vivere e rappresentare questo presente», di «tirar fuori l’eterno dal transitorio», nello spazio di una tensione fortissima tra moltitudine e solitudine che si concretizza nell’esperienza della città moderna. L’artista, preso nel mezzo di un gioco combinatorio che lo colloca tra l’esperienza della folla e una struttura urbana ormai programmata, diviene così uno «specchio altrettanto immenso quanto questa folla; un caleidoscopio fornito di coscienza, che, ad ogni movimento, rappresenta la vita molteplice e la grazia mobile di tutti gli elementi della vita».

 «Sono felice di tenere fede all’impegno preso come Fondazione Filiberto e Bianca Menna, che mi onoro di presiedere – dichiara Letizia Magaldi, presidente della Fondazione Filiberto e Bianca Menna – e di aprire le nostre porte al progetto Spleen. Un’occasione di riflessione sul rapporto tra l’uomo e la città moderna e sul ruolo che un’istituzione d’arte contemporanea può svolgere per una comunità cittadina. Secondo i dettami della sperimentazione artistica, l’arte è quella forma di energia che compie la magia di rigenerare e costruire nuovi percorsi alternativi. Unendo pensiero e materia, idea astratta, utopie e realizzazione concreta, traguarda lo sguardo dello spettatore verso un mondo nuovo, rendendo il cittadino partecipe nella costruzione e rigenerazione delle identità. Ed è proprio il caso delle tre opere che saranno protagoniste del progetto Spleen».

 «Come già accaduto con la mostra diffusa “La regola e il caso”, in occasione della quale sono state presentate opere significative della collezione Menna in luoghi decisivi dell’arte e della storia di Salerno, la Fondazione Filiberto e Bianca Menna entra in dialogo con la dimensione urbana, da sempre al centro della riflessione critica e dell’azione culturale di Menna – spiega Stefania Zuliani

direttrice della sede salernitana della Fondazione Filiberto e Bianca Menna – L’obiettivo è quello di sottolineare come la sede della Fondazione, un edificio storico che porta in sé i segni di differenti stagioni e di molteplici funzioni, rappresenti un riferimento luminoso per chi è interessato alle trasformazioni che in questi anni difficili caratterizzano le proposte dell’arte e la relazione, oggi più che mai urgente e complessa, con il pubblico. I tre progetti che scandiscono il programma di Spleen vogliono quindi creare un ponte non solo simbolico tra l’attività di ricerca che la Fondazione, grazie anche alla sua preziosa biblioteca, da oltre trent’anni promuove e presenta all’interno delle sue stanze e l’aperto della città, che è spazio pubblico e, perciò, privilegiato di ogni pratica e di ogni pensiero dell’arte, come ci ha insegnato Giulio Carlo Argan, primo presidente della Fondazione e maestro di Filiberto Menna».

 «I tre progetti site specific di Davide Sgambaro, Marco Strappato, collettivo damp sono stati concepiti o adattati al contesto della Fondazione, nella speranza di costruire una sorta di “spazio transizionale” dove l’esperienza dell’arte sia al tempo stesso esperienza della vita, dove l’opera d’arte possa inserirsi silenziosamente e luminosamente nella “struttura programmata” della città e possa permettere di puntare l’attenzione della cittadinanza sull’esistenza di un luogo, la Fondazione Filiberto e Bianca Menna, molto spesso dimenticato, trascurato, o addirittura ignorato» spiegano i curatori del progetto Gianpaolo Cacciottolo e Massimo Maiorino.

La prima opera di SPLEEN è Hey there you, looking for a brighter season (moth) di Davide Sgambaro, un’installazione ambientale luminosa ripensata per lo spazio della torretta della Fondazione: la proiezione intermittente di tre luci strobo, allacciate ad un recorder dmx, riproduce in loop una traccia luminosa basata sul sistema binario del codice morse. Dedicata alla città di Salerno – simbolo, come altre città del Sud Italia dell’inizio della liberazione dal Nazi-Fascismo – l’opera invia un messaggio luminoso che corrisponde a V V V V (…- / …- / …- / …-), codice utilizzato da Radio Londra per trasmettere messaggi alla resistenza italiana. La successione delle quattro V segue la metrica delle prime due battute della Sinfonia n.5 di Ludwig Van Beethoven.

L’installazione quindi trasformerà la Fondazione Filiberto e Bianca Menna in un faro la cui luce, rivolta verso il mare, rappresenterà simbolicamente una possibilità di approdo in un momento storico contrassegnato da grandi derive.

Le tre opere di SPLEEN rispetteranno il seguente calendario di inaugurazioni:

  • 4 maggio: Davide Sgambaro, Hey there you, looking for a brighter season (moth)
  • 24 maggio: Marco Strappato, Qui mi sento a casa
  • 14 giugno: collettivo damp, Hikikomori

Sono previsti altri eventi quali un convegno – Oltre il Museo: curare ed esporre nello spazio pubblico a cura dell’ABCD Associazione Studenti DiSPaC e moderato da Olimpia Di Domenico; un ciclo di proiezioni dello storico format Arte di sera della Fondazione Menna ed un calendario di laboratori didattici a cura di Rita Ventre. Nell’autunno del 2024 è prevista, poi, la presentazione del catalogo e la proiezione di un documentario sull’intero progetto, realizzato dal regista Elio Di Pace.

 

BIOGRAFIE ARTISTI

Davide Sgambaro (Padova, 1989) ha studiato all’Università IUAV di Venezia, vive e lavora a Torino. La sua pratica ripristina dinamiche irriverenti di resistenza in risposta ai paradossi generazionali all’interno dell’ordine sociale.

Tra le mostre personali: Nope!, Galerie Alberta Pane, Parigi (2022); Too much and not the mood, LOCALEDUE, Bologna (2022); Feeling Fractional, 9 French Place, Londra (2022); Kiss, kick, kiss, Istituto Italiano di Cultura, Colonia (2021); Paesaggi eterni, SpazioSiena, Siena (2019); Strisce bianche e nere e un naso rosso, Locanda dell’Almanacco, Torino (2019).

Ha partecipato a residenze e mostre collettive in Italia e all’estero tra cui: Museo Civico di Spoleto (2023); Galleria Klemm, Berlino (2023); Nuovo Forno del Pane, MAMbo – Museo d’Arte Moderna Bologna (2023); SUPERBLAST II, NAM Manifattura Tabacchi, Firenze (2022); Cantica 21, Ministero dei Beni Culturali, Ministero degli Affari Esteri, Roma (2020-2021); Fondazione Monte dei Paschi di Siena (2019); Q-Rated Quadriennale di Roma e Castello di Rivoli, Torino (2018); Fondazione Spinola Banna per l’Arte, Poirino (2015, 2018); Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia (2015).

Ha ricevuto il premio della Pollock-Krasner Foundation, New York (2023-2024).

 

Marco Strappato (Porto San Giorgio, 1982) vive e lavora a Milano. Ha conseguito la Laurea Magistrale al Royal College of Art London, una Laurea Triennale all’Accademia di Belle Arti di Brera e una all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Il suo lavoro è impegnato in un’urgente rivalutazione della comprensione contemporanea della produzione e della distribuzione delle immagini, attraverso una pratica multidisciplinare che coinvolge collage, video, fotografia e installazione. Utilizza soprattutto immagini di paesaggi, come gli sfondi dei desktop (strettamente

legati all’idea di desiderio e di evasione). Queste immagini possono essere utilizzate per comprendere l’esperienza estetica nella contemporaneità, tra i discorsi retorici sull’autentico e l’inautentico, l’esotico e il familiare, l’artificiale e il naturale. Ha esposto in diversi spazi istituzionali, inclusi: 16a Quadriennale di Roma; MAMbo – Museo d’Arte Moderna, Bologna; MAXXI – Museo Nazionale del XXI secolo, Roma; American Academy, Roma; Royal College of Art, London; Victoria Art Center, Bucarest; Palazzo della Permanente, Milano; Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato; Macro – Museo d’Arte Contemporanea, Roma; Prague Biennale 5; Galleria Nazionale delle Marche, Urbino; Galleria Civica di Arte Contemporanea “Osvaldo Licini”, Ascoli Piceno; Fondazione del Monte, Bologna.

 

collettivo damp nasce come progetto non intenzionale nel 2017 dall’incontro di Alessandro Armento, Luisa de Donato, Viviana Marchiò, Adriano Ponte. La ricerca del gruppo ruota attorno all’interesse per la natura temporanea delle cose – dalle forme di vita alle idee – e al dialogo con le specificità dei luoghi, che lo porta spesso a lavorare in contesti di residenza artistica.

Tra queste: Koinótes, Casa degli Artisti, Milano (2023); Fabra i Coats – Fabrica de Creació de Barcelona, Barcellona (2022); State of the City, Pavjlióen aan het Water, Rotterdam (2020);

Impronte, Raccolta Lercaro, Bologna (2020). Nel 2023 il collettivo ha dato avvio a Negozio, un’opera artistica in forma di project space, in cui si propone di dedicare, all’interno dell’area mercatale di Portici, uno spazio per l’inutile. Recentemente il collettivo damp ha esposto presso l’Ambasciata dell’Afghanistan, Roma (2023); Palazzo Fondi, Napoli (2023); Spazio Volta, Bergamo (2022).

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