Piano di Sorrento, nella Basilica di San Michele la Statua Votiva donata dall’Arciconfraternita Morte e Orazione

Piano di Sorrento. Martedì 26 settembre, alle ore 19.30, nella Basilica di San Michele Arcangelo un momento di fede con l’eposizione – dopo la benedizione eucaristica – della statua votiva donata dall’Arciconfraternita Morte e Orazione.
Ed è proprio la “Processione Nera” a spiegare la storia di questa statua lignea di San Michele: «Alla Marina di Cassano, in fondo al Monazeno che confina con la parete tufacea che degrada verso la “chiana”, erano rimaste accatastate per anni le poche cose rimaste di un glorioso bastimento che, finita la sua navigazione per i mari di mezzo mondo, in disarmo, era stato spogliato di vele, alberi e di quanto più poteva essere recuperato ed impegnato per nuove imbarcazioni.
Tra le cose che il piccolo Vincenzo, nella sua frequentazione estiva di quel luogo incantato aveva rinvenuto, c’erano dei giornali di navigazione, delle carte nautiche del Mediterraneo, qualche altro documento e una piccola statua di San Michele Arcangelo; frequentando la Marina di Cassano con i suoi amici, il fresco del Monazeno, unito al mistero di quella enorme cattedrale di tufo, erano una tentazione troppo forte ed irrinunciabile per lui e per quei giovani ragazzi. Incuriositi da quanto era nascosto da una vecchia tenda ricavata da quello che restava di una vela, avevano scoperto qualcosa che alimentava ancora di più mistero e fantasia. Così sfogliando il vecchio giornale di Navigazione, nell’inventario degli attrezzi, ormeggi e generi di rispetto, tra ancore, alberature, pennoni e vele cerate, vi era segnata una lignea scultura di circa tre palmi di altezza che raffigurava l’Arcangelo Michele vittorioso sul demonio.
La descrizione continuava annotando con precisione che era fatta: “scavata e piatta dietro, con ganci robusti, per essere appesa e legata in tempesta” all’albero maestro per difendere l’imbarcazione e il suo equipaggio nei momenti più difficili. Leggere, “appesa e legata in tempesta”, era vento nelle ali dei sogni di Vincenzo; sogni fatti di immagini di onde altissime che si infrangevano contro la prua del bastimento e, prendendo ancor più spinta, si impennavano fino ad arrivare a quell’albero maestro protetto da San Michele che con la sua affilata lama addomesticava il mare rendendolo innocuo.
Sogni che si univano ai racconti del Capitano Cacace che, frequentando il negozio dei genitori di Vincenzo, spesso ricordava di quando, navigando con il Caterina, durante una tremenda burrasca, si era salvato grazie alla venuta in soccorso dell’Arcangelo San Michele: ritornati sani e salvi a Caruotto, l’intero equipaggio fece voto al Santo! Tutti loro quando raccontavano quelle tremende ore, giuravano di aver visto il Principe delle schiere Celesti, volteggiare tra i flutti calmando venti ed onde. Così, quasi a sostituirsi a quella piccola statua appesa all’albero maestro, il nostro giovane Vincenzo immaginava mari e terre lontane; vedeva alternarsi, nei lunghi mesi di navigazione, tempeste violentissime ed aria di bonaccia, mentre sullo sfondo luoghi esotici cedevano il passo a porti dove colori della pelle e lingue diverse si intrecciavano tra loro.
Il Monazero era diventato per quei giovani ragazzi il luogo dove trascorrere le lunghe giornate estive alla Marina di Cassano. Proprio in una di queste avventurose scorribande, il Capitano Cacace vedendoli dalla riva entrare nella grande grotta, preoccupandosi per la loro incolumità, con l’aiuto di Mattia e del suo gozzo, in pochi minuti riuscì a raggiungerli. Entrando però rimase meravigliato e commosso: poco lontano da lui, quei ragazzi avevano appoggiato San Michele su una vecchia trave di legno usata come un albero maestro e, inscenando una tempesta di mare, si muovevano come un equipaggio in burrasca. Per un attimo gli sembrò di tornare indietro nel tempo a quando, poco più che trentenne, aveva affrontato l’ira del mare. Vincenzo, che di quella improvvisata rappresentazione teatrale era il capo compagnia, vedendo la figura austera dell’anziano Comandante Cacace, si fermò di colpo e con lui tutti gli altri. Il Capitano per non spaventare i ragazzi, li fece accomodare e raccontò loro che quella piccola statua di San Michele, che aveva tante volte protetto l’equipaggio dalle insidie della navigazione, quando fu tolta dalla nave in disarmo fu messa nel grande portone di famiglia a Gottola. Ma per tutta Caruotto, alla cronaca dei naufragi scampati grazie alla miracolosa “presenza” a bordo di San Michele si unirono tante altre storie e favole di prodigi attribuibili a quella piccola statua. Inizio così un pellegrinaggio continuo prima dei Comandanti, poi dei nostromi e infine di interi equipaggi che prima di prendere il mare cercavano,in quel portone, la benedizione di San Michele. A qualsiasi ora del giorno e della notte c’era qualcuno che lasciava una candela accesa o semplicemente si fermava per pregare. Si pensò anche di lasciare aperta una piccola finestra che, dalla strada, faceva intravedere la statua. Il Capitano Cacace alla fine si vide costretto a toglierla e portarla al sicuro nella grotta della Marina, quando iniziarono anche i familiari dei naviganti a chiedere l’intercessione per il ritorno sicuro dei propri congiunti impegnati in lunghe e pericolose traversate. Aveva pensato che comunque lì, così vicino al mare, non sarebbe mancata la presenza salvifica di San Michele a tutti gli uomini di mare.
Quelle giornate trascorse ad immaginare il mare in tempesta affrontato con l’aiuto di San Michele, unito ai racconti del Vecchio Capitano segnarono profondamente la devozione di quei giovani che da adulti divennero tutti l’anima dei festeggiamenti del Santo Patrono di Caruotto. Tra loro, più di tutti, Vincenzo. Nelle rare occasioni in cui la statua usciva in processione per le strade del paese, lo si poteva vedere avanti ai “portanti” comandare le grandi manovre del corteo. Dopo tanti anni, quando ormai si era persa memoria dei fatti legati a quella piccola statua, il nostro Vincenzo si vide recapitare in dono dagli eredi Cacace proprio quella piccola statua. Il Capitano Cacace pensò che sarebbe stata custodita con amore e devozione da quel bambino incontrato tanti anni prima in un Monazero della Marina di Cassano».

san michele arcangelo e il mare

Commenti

Translate »