La Palma d’oro, a sorpresa, va a «Anora» di Sean Baker

La Palma d’oro, a sorpresa, va a «Anora», la spericolata commedia d’amore, noir e anarchia dell’americano Sean Baker, che in tutte le proiezioni ha fatto il pieno di applausi. L’ovazione più lunga è per George Lucas, premiato alla carriera da Francis Ford Coppola, l’amico di una vita. Per l’esule iraniano Mohammad Rasoulof, uno dei favoriti della vigilia con «Il seme del fico sacro», la giuria della presidente Greta Gerwig, con Pierfrancesco Favino tra gli altri, costruisce un premio su misura, un riconoscimento speciale per la qualità artistica e l’impegno civile. Nulla, purtroppo, per il potente «Parthenope» di Paolo Sorrentino, che ha portato sulla Croisette, unico italiano in gara, la grande bellezza e i chiaroscuri di Napoli. Il suo racconto sullo scorrere del tempo e sulla città che sa farsi metafora del mondo torna da Cannes a mani vuote. Ma restano, importanti, i dieci minuti di applausi in sala, la commozione del pubblico e il successo sui mercati, da dove il film comincerà il suo percorso internazionale. Già venduto ovunque, preso per gli Stati Uniti dalla dinamica A24, «Parthenope» uscirà in Italia in  autunno.
Impegno, solidarietà, coraggio, libertà, empowerment femminile sono state le parole d’ordine della cerimonia di chiusura condotta con eleganza dalla madrina Camille Cottin. Su questo filo rosso si è dipanato il verdetto che ha portato al massimo premio una commedia scoppiettante che riscrive la favola d’amore di «Pretty Woman» ambientandola tra New York e Las Vegas, protagonisti una giovane sex-worker di un locale di lap dance e il figlio svalvolato di un oligarca russo. «È un film magnifico che parla di umanità, ci ha toccato il cuore», ha detto la regista del fenomeno «Barbie» annunciando la Palma d’oro. Da Baker, alfiere del nuovo cinema indipendente americano, l’appello per la sopravvivenza delle sale e la dedica «ai lavoratori del sesso, di ogni paese e cultura».
L’emozione di Karla Sofia Gascón, la prima attrice trans premiata a Cannes (insieme con Zoe Saldana, Selena Gomez e Adriana Paz) per il musical «Emilia Perez» di Jacques Audiard (al film anche il Prix du Jury), fa il paio con quella di Coralie Fargeat, regista dell’horror femminista «The Substance», il più votato dalla critica internazionale. E va a una regista Indiana di 38 anni, Payal Kapadia, il prestigioso secondo premio del Palmares, il Grand Prix. «All We Imagine as Light» è la storia tutta al femminile di una giovane infermiera di Mumbai ed è stato girato «come in famiglia»: «Il nostro film parla dell’amicizia tra donne, che non è scontata, ma quando c’è fa la differenza. L’empatia è importante e noi, questa sera, vogliamo essere solidali con la protesta dei lavoratori dei festival francesi».
Il miglior regista è Miguel Gomes per «Grand Tour», il miglior attore l’assente Jesse Plemons di «Kinds of Kindsness», uno e trino per Lanthimos. Il verdetto non è stato assegnato all’unanimità: «Nin sempre avevamo le stesse idee» spiega Favino, «ma è stato bello ascoltarci, magari fino a cambiare idea rispetto alla prima impressione». Torna sull’importanza dello sguardo femminile il premio speciale Rasoulof: «Le giovani iraniane del movimento Donna, Vita, Libertà mi hanno ispirato con il loro grande coraggio. Il mio popolo è ostaggio del regime della Repubblica Islamica, gli attori del film sono trattenuti in Iran sotto la pressione dei servizi segreti e questo mi rende profondamente triste. In Iran accadono cose terribili agli artisti, agli studenti universitari, ai giornalisti, un giovane rapper è stato appena condannato a morte per la sua arte, non permettete che accada».
L’abbraccio tra George Lucas e Francis Ford Coppola è l’immagine che resterà di questa edizione del festival. Al creatore di «Guerre stellari» il regista di «Apocalypse Now» consegna la Palma d’onore, ricordando la lunga strada percorsa insieme, gli studi universitari in California, i primi film, le scommesse vinte e le sconfitte superate con un’energia indomabile. Coppola, tornato a Cannes in concorso con il visionario «Megalopolis», che molto davano per favorito, ha 85 anni, Lucas ne ha appena compiuti 80, ha venduto i suoi studi e si sente in pensione, ma confessa di avere ancora tanti progetti nel cassetto. «Francis è mio fratello, il mio mentore, il mio migliore amico» dice, «è un onore averlo qui». La standing ovation del pubblico è interminabile, e si capisce: su quel palco c’è il Cinema.

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