Infermiera picchiata al Cardarelli di Napoli “Ti caveremo un occhio”

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Ettore Mautone
Un’incredibile aggressione è stata subita l’altra notte, al pronto soccorso del Cardarelli, da un un’infermiera di 55 anni in servizio nel turno di notte. I fatti ce li racconta E. C. sua collega e amica, presente a quanto accaduto. «Siamo tutti scioccati: in tanti anni di carriera non mi era mai capitato di vedere una cosa simile. Ho un carattere molto forte ma sono traumatizzata per quanto accaduto».
L’AGGRESSIONEAvviene in due tempi. Sono le 20, inizia il turno di notte. A. T. una delle operatrici più scrupolose accoglie una paziente, ventenne, accompagnata da genitori e fratello. Accusa un dolore toracico. Le viene praticato il test rapido per il Covid come da prassi. Richiede pochi minuti ma già inizia l’insofferenza del genitore che elude la sorveglianza, si agita, sferra pugni sul vetro. Si procede alla registrazione dei dati anagrafici. Nel pronto soccorso non c’è nessuno, solo un altro paziente che sta facendo l’Ecg. Volano le prime parolacce e minacce. L’infermiera esce ma viene presa a spintonate. Subentra la mamma della ragazza a dare colpi sul braccio, poi la stessa paziente alimenta l’alterco. Arrivano finalmente le guardie giurate, poi i Carabinieri. La situazione sembra sotto controllo. La giovane paziente entra per la visita, tracciato, prelievi, enzimi. Passano ore. I parenti attendono fuori ma la giovane paziente la giura all’infermiera: non appena dimessa gliela farà pagare. «Le minacce di quella ragazza dal volto angelico ma di natura violenta ci hanno accompagnato per tutta la notte – ricorda E. C. – all’1,40 ha visto la mia collega nell’area di valutazione. Le ha dato addosso di nuovo e avvisato il padre di entrare. Si sono avventati tutti contro di lei. Abbiamo chiesto aiuto ai medici. La mia collega era raggomitolata a terra, la sovrastavano. La paziente le ha messo un dito nell’occhio e ha detto «lo tolgo solo quando te l’avrò cavato».
LA VITTIMAL’infermiera ha riportato un trauma cervicale e toracico, alla spalla, all’occhio, una ferita al naso, non ha più capelli. «Sono amareggiata, non si può lavorare così. Dalla medicheria sono accorsi i medici, alcuni operatori di ambulanza, addirittura un paziente con la spalla rotta. Le guardie giurate sono intervenute tardi e prima che giungessero i carabinieri gli aggressori sono fuggiti. Ostentavano precedenti penali. La scena è terminata solo quando hanno deciso loro – racconta la collega della vittima – mi sono buttata nella mischia e sono riuscita ad aiutare la mia amica. Il fratello che sembrava voler dividere invece ha sferrato la battuta finale di calci e pugni. Non c’è stata alcuna provocazione. La collega stava solo compilando la scheda. Dispiace come viene raccontata la sanità campana, chi strumentalizza esacerba gli animi. Nessuno parla di ciò che viviamo. Col Covid i tempi si sono allungati ma non ci fermiamo mai. Siamo stanchi, umiliati, vilipesi. Nessuno ci tutela». «Violenza gratuita, feroce, senza senso. Sfogo vile, dispari – commenta lo psicologo clinico Alberto Vito – accanimento asimmetrico, covato nella propria realtà socioculturale».
LE REAZIONILa vittima, prima di andare a casa prelevata dal marito ieri mattina, è stata trattenuta e refertata. I carabinieri hanno raccolto le testimonianze. Due persone sono state denunciate. «Un episodio inqualificabile che non può e non deve restare impunito – sottolinea il manager e la direzione del Cardarelli – siamo pronti a costituirci parte civile e fare quanto in nostro potere per individuare e perseguire gli autori». «Un fatto intollerabile, chiediamo pene durissime» aggiunge Francesco Emilio Borrelli, consigliere regionale. «Bisogna stroncare questa barbarie. Saremo parte civile al fianco della collega, chiederemo il rafforzamento dei servizi di vigilanza, ora inadeguati», aggiunge il presidente dell’Ordine degli infermieri Ciro Carbone. «Ancora una volta un episodio gravissimo – conclude Pino Visone, medico e delegato sindacale della Cgil – risultato di un mix micidiale che salda ignoranza e degrado sociale. Siamo stanchi e demotivati. Siamo al nostro posto per curare. Questa barbarie ci riguarda tutti e tocca molte sfere, frutto di regressione sociale e civile a tutti i livelli». A puntare il dito sulla guardiania e sull’esigenza di un posto fisso di polizia o esercito all’esterno dell’ospedale sono infine i confederali di Cgil, Cisl, Uil e Nursing up.

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