Piscopo, Discovery Media: “Momento della verità per le imprese di valore”

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    Piscopo, Discovery Media: “Momento della verità per le imprese di valore”

    Covid -19 è diventato pandemico e non passa giorno senza che dagli osservatori specializzati non arrivino previsioni drammatiche su quello che sarà l’andamento dell’economia e della pubblicità in questo bisesto 2020. Fabrizio Piscopo, alla guida di Discovery Media nonchè studioso e appassionato di economia e finanza, sottolinea come ogni giudizio su quello che sta avvenendo non possa prescindere da una valutazione dell’eccezionalità del caso. Ma anche da una onesta valutazione della situazione in cui già l’economia versava. “Il MEF per il 2020 – ricorda il manager – aveva dato una stima di crescita dello 0,2%. L’ Italia, cioè, anche senza coronavirus, rischiava la recessione. Ora le stime pù ottimistiche danno un PIL a -2%. Questo vuol dire che nella migliore delle ipotesi il nostro prodotto interno lordo andrà sotto di 36 miliardi e ovviamente anche il mercato della tv ne risentirà”. La tv in realtà, in questa fase, fa audience altissime, in certe serate in prima serata si superano i 30 milioni di spettatori ed ha ripreso un ruolo centrale nel menù mediatico. Piscopo non ha dubbi su chi dovrebbe o potrebbe comunicare, in questo momento così delicato e particolare. ” Fossi un imprenditore e non dovessi risparmiare in advertising per compensare le perdite del mio trade, non rimarrei fermo. Investirei con tre obiettivi ben precisi: al primo posto metterei i ‘Valori’ e comunicherei gli aspetti intangibili del mio brand, che siano etici, salutistici, green o sociali cambia poco. Il secondo versante logico di opportunità è quello per la comunicazione più istituzionale: investirei parecchio, dato il silenzio altrui, in share of voice con campagne corporate e di brand. Terzo aspetto chiave, comunicherei il futuro, guarderei al dopo crisi e lancerei messaggi di forte positività e italianità”.

    Secondo Piscopo l’attuale situazione offre anche motivazioni più banalmente economiche per agire: “E’ un po’ come acquistare un titolo forte con la Borsa in ripiegamento. Quando mai succederà che gli ascolti siano così alti e i prezzi così bassi? Penso (e spero) mai più nella vita. E’ lapalissiano che non si debbano fare campagne di prodotto, ma è altrettanto lampante che si possa investire in comunicazione valoriale utilizzando al meglio le opportunità di questa fase. I titoli si comprano sempre quando sono ai minimi, come le case, come le obbligazioni. Adesso siamo ai minimi di prezzo e al massimo degli ascolti.” Quella del manager Discovery non è però una ricetta valida per tutte le aziende. E’ il primo a riconoscere che ci sono settori che è naturale stiano in surplace. ” Ovviamente il Lusso, perché la gente pensa alle prime necessità in queste difficoltà. E poi anche viaggi, abbigliamento, entertainment out of home, teatri, eventi, automotive (perché i crolli di borsa fanno rimandare gli acquisti impegnativi), finanza (viene preferita la liquidità) sono più o meno nella stessa condizione. Paradossalmente – continua Piscopo – anche gli alimentari stanno rallentando la spesa man mano che finiscono le scorte, e poi la GDO, perché presa d’assalto a causa degli irrazionali istinti di sopravvivenza della popolazione meno informata”.

    Ma le Marche si possono permettere di essere assenti dal video in questa fase? Non è una sorta di ‘tradimento’ dei consumatori oltre che dei mezzi? ” Le marche che spariranno in questo periodo dalla TV – conclude il manager – dichiareranno ai loro consumatori la propria debolezza. Chi resterà in comunicazione dichiarerà la propria forza. E’ assolutamente conseguenziale. Vale sia per il trade sia per il retail. Non comparire più in TV vuol dire lasciare il campo di calcio con il cuore e con la testa nel secondo tempo solo perché alla fine del primo si sta perdendo per tre a zero, invece di lottare fino al novantesimo minuto. Il risultato finale: perderete otto a zero e i vostri tifosi vi abbandoneranno”. Se e quando usciremo dalla crisi, cosa succederà? “Nel business vince chi gioca d’anticipo. Ci sarà una potente ripresa dei consumi. E partiranno come dei missili le campagne delle imprese più evolute che sapranno cavalcarla essendo in sintonia con il certamente nuovo asset valoriale. Spero, ma forse è solo il mio sogno, che dopo vivremo in un Pianeta più consapevole. Cosciente del fatto che gli assolutismi, le difese del territorio sovrano, il razzismo, ma anche la superbia, il cinismo e il malcostume, non abbiano davvero ragion d’essere, essendo oltre tutto pure non convenienti. La vera alternativa non è affatto un depressivo pauperismo o una decrescita pallidamente felice, ma uno sviluppo ed una crescita diffusi e più equilibrati, che non devono per forza coincidere con la distruzione del territorio, e si devono alimentare del rispetto dei diritti di tutti gli esseri umani e del nostro ecosistema.

    “Taking Care Together”. Arthur Sadoun parla dell’emergenza Covid 19 ai dipendenti di Publicis

    “La priorità per noi, da quando è iniziata la crisi in atto, sono subito stati la salute ed il benessere di ognuno di voi”. Inizia così un messaggio video di quattro minuti molto informale e diretto, lanciato in maglioncino scuro e camicia. Il ceo di Publicis Groupe, Arthur Sadoun – come già fatto altre volte in cui doveva dire qualche cosa d’importante alle persone che lavorano per il suo gruppo nel mondo, ai clienti, al mercato in generale – si è affidato ad un video per comunicare la preoccupazione per quello che sta avvenendo e gli indirizzi dell’azienda. Nel contenuto intitolato “Taking care together”, Sadoun suggerisce ai suoi dipendenti di lavorare da casa. Il manager transalpino, in pratica, ha anticipato di poche ore il messaggio alla Francia del presidente Emmanuel Macron, che ha deciso misure restrittive e di distanza sociale per fronteggiare la crisi innescata dai contagi del corona virus. Publicis quindi spinge per l’home working e l’uso dei sistemi di videoconferenza, ma facendo pure presente che alcuni uffici del gruppo rimarranno ancora aperti. I dipendenti che vogliono chiarimenti più precisi possono fare riferimento ad un apposito account email per risolvere ogni tipo di dubbio.

    “In questa fase in cui le Borse crollano” e c’è da affrontare una situazione senza precedenti, inoltre, ha detto Sadoun, è necessario scoprire nuove maniere di lavorare e collaborare. “Dobbiamo più che mai, stare vicini ai nostri clienti e ai loro affari, anche se non possiamo stare al loro fianco fisicamente”. Secondo il manager “il nostro ruolo è quello di aiutarli a monitorare quanto accade, prendere le giuste decisioni strategiche, massimizzare i risultati dei loro investimenti tarati su obiettivi a breve termine, preparando bene il dopo crisi“. Nella fase finale del messaggio Sadoun ha rassicurato i dipendenti sulle basi solide di Publicis, enfatizzando l’agilità e la velocità che aiuteranno l’azienda a superare il difficile momento contingente.

    Cobianchi, McCann: “Un po’ di silenzio, please. Milano? E’ anche simbolo di disciplina e senso del dovere”

    Che cosa, come comunicare in questa fase delicata e drammatica? Daniele Cobianchi, ceo di McCann World Group in Italia, una tra le più importanti agenzie di pubblicità italiane, invita alla misura. “‘Un bel tacer non fu mai scritto’ diceva il poeta” commenta il manager “anche se questo non vuol dire affatto l’inazione o la ritirata, anzi…”. Cobianchi è impegnato nel consolidare il nuovo assetto operativo della struttura. “La prima cosa, il primo riflesso – racconta – è stato ovviamente quello di mettere in tranquillità tutti, visto che in McCann World Group, tra l’agenzia creativa e gli altri vari brand siamo circa 170 tra Roma e Milano. Abbiamo iniziato con lo smart working quattro settimane fa circa, in maniera parziale, al 50%, e poi abbiamo completato il processo”. La struttura era pronta alla svolta. “Non ci siamo dovuti inventare nulla. Qualche anno fa a livello internazionale e regionale – spiega Cobianchi – abbiamo effettuato un’operazione profonda di ‘change management’, di riorganizzazione tecnologica e organizzativa. E poi lavorando molto con l’internazionale, gestendo quindi tanti hub e avendo molti clienti globali come interlocutori, abbiamo nel tempo allenato questa capacità di lavorare in remoto”.

    Daniele Cobianchi, ceo di McCann Worldgroup Italia

    Il dialogo “e la sinergia” con i clienti stanno funzionando. “Sto parlando personalmente con tutti i manager delle aziende nostre partner. Nessuno pretende prestazioni ‘insostenibili’ e abbiamo creato un modello di flusso di lavoro cliente-agenzia rispettoso della situazione. Riusciamo a fare tutto anche perché ci siamo dati una precisa gerarchia delle priorità. Si portano avanti anche progetti importanti, ma nello stesso tempo si rimane consapevoli del contesto. Chi offre servizi e, in genere, molti tra i nostri clienti, hanno ‘switchato’ su attività social e noi li stiamo supportando soprattutto con McCann Live in questa nuova articolazione sia del day by day, ma anche per tutte quelle richieste extra che modificano piani strategici e piani media più in profondità”.

    Molte cose stanno procedendo in continuità: “Stiamo partecipando a delle gare che stanno andando avanti anche loro in modalità smart” racconta il manager. Per un agenzia come McCann – a forte trazione creativa – è importante mantenere anche adesso un aspetto essenziale dell’identità e del posizionamento. “Stiamo riuscendo a ricreare certe dinamiche e interazioni che sono il sale ed il tessuto connettivo naturale di una struttura che ha talenti e personalità di un certo spessore qualitativo. Lo stare bene insieme, relazioni positive ma anche fertili tra le persone, sono un valore aggiunto che stiamo cercando di tenere vivo anche in questa nuova e difficile condizione”. In pratica ogni giornata è cadenzata da impegni precisi. “Sono stabilmente pianificate ‘riunioni’ sulla piattaforma che usiamo, Teams, che poi è quella del nostro cliente Microsoft. Convochiamo regolarmente i nostri gruppi di lavoro interni, quelli agenzia/cliente ed io personalmente faccio ogni giorno una comunicazione a tutti i colleghi sulla situazione che stiamo vivendo, facendo la verifica sulle attività della settimana, elencando gli obiettivi e tracciando il percorso; fin qui è stato anche un momento di aggiornamento su regole, divieti, vincoli e possibilità entro cui dobbiamo muoverci. E’ molto importante che ci si senta ancora tutti coinvolti dentro il progetto, con la stessa intensità e partecipazione di prima. Per adesso la mia sensazione è che l’agenzia mantenga il mood, la personalità, lo spirito che ha anche in tempi normali”.

    Cosa ci porteremo nel futuro di questa esperienza? “Il virus ha rimesso al centro delle nostre vite i valori più importanti: l’attenzione all’altro, il rispetto, la condivisione. In un momento in cui nel nostro Paese sembrava prevalere un individualismo un po’ schizofrenico, esasperato, egoista, ora siamo quasi tutti consapevoli che arriveremo bene alla fine di questa battaglia solo se procederemo uniti, facendo ognuno la sua parte. Ci stiamo riconnettendo con quello che siamo nella nostra essenza e con gli altri”.

    Da un punto di vista del business è difficile dire quale sia la prospettiva più realistica. “Lottiamo affinché l’esponenzialità del contagio cessi e si torni passo dopo passo ad una condizione minima per far ripartire le attività senza limiti. Il nostro Paese e Milano hanno la forza ed i numeri per tornare rapidamente a fare bene” sottolinea il manager. Sulla comunicazione di crisi di alcune istituzioni in queste settimane Cobianchi ha molti dubbi e riserve. “E’ stato evidente che la durezza di quanto è accaduto ha sorpreso un po’ tutti, e siamo stati sovraesposti a messaggi che sono stati anche contradditori, in qualche caso anche palesemente sbagliati”. Fuori logica, secondo il manager, l’idea di promuovere una comunicazione di Milano che non si ferma e reagisce. “E’ stata clamorosamente fuori tempo e fuori fuoco: nessuno stava mettendo in discussione la città, c’era un virus che arrivava e invece dell’orgoglio per l’attivismo milanese bisognava sollecitare il senso della disciplina, del rispetto, del dovere e della responsabilità che sono anche quelli valori presenti nel dna della città”. In questa fase, secondo Cobianchi, non bisogna per forza comunicare e farsi sentire. “Non è sbagliato che le persone vivano anche nella comunicazione la sensazione che ci sia una pausa, una sospensione, perchè siamo tutti impegnati a bloccare questo virus. Non dobbiamo fingere o rappresentare una normalità che non è nei fatti. La pubblicità deve avere questa coerenza. E molto importante mantenere per un po’ il silenzio, lavorando per le nuove campagne che usciranno quando la situazione inizierà a migliorare. La comunicazione che deve continuare a svolgere il suo ruolo è quella che deve dare rassicurazioni e magari aiutare realmente le persone in questa fase, evitando ogni logica speculativa”.

    Vicky Gitto, Presidente Adci: “Per le aziende è saggio tenere un profilo contenuto”

    In questa fase per chi fa comunicazione il tema chiave, che coinvolge l’aspetto umano e quello economico, “è la discontinuità senza precedenti paragonabili che stiamo vivendo”, racconta Vicky Gitto, presidente dell’Art Directors Club, sul mercato dell’adverting con l’agenzia GittoBattaglia22. “Ci sta mancando la tranquillità, rimpiangiamo la routine, la quotidianità anche nelle sue forme più banali. Mentre siamo tutti in casa, la tecnologia ci offre la possibilità di colmare il vuoto, di incontrarci e lavorare, ed è già una grande opzione a nostra disposizione”.

    Qualche giorno fa, ad esempio, Gitto ha presieduto da Palermo un consiglio virtuale dell’Art Directors Club, attraverso la piattaforma di Google. “Eravamo tutti presenti all’appello più motivati che mai e l’incontro si è svolto senza alcun problema. Ed è stato bello sensazione potere dare continuità ai tanti progetti che avevamo in ballo nell’associazione”.

    Vicky Gitto, presidente di Adci

     

    Spaventa il presidente dell’associazione dei creativi, invece, quanto potrà accadere alla nostra economia. “Si lavora in smart working, ma non c’è dubbio che l’impatto sarà grande sia per le aziende che per i consulenti di comunicazione, ed è evidente che quello che si è perso in questo periodo e che si perderà nelle prossime settimane in termini di business, non potrà recuperato. E’ indubbio – continua Gitto – che il rallentamento pesante delle attività avrà delle conseguenze sul nostro sistema di imprese e anche in profondità sulla nostra industry della comunicazione, per quanto in questi anni si sia prodotta una situazione di mercato diversa da quella precedente, con una organizzazione e una genetica degli attori sul campo più articolata e resiliente di quanto non fosse prima”.

    Gitto si dice comunque pure convinto che da questo momento drammatico verranno fuori anche delle cose positive. “Siamo tutti obbligati a lavorare e comunicare in un altro modo e sta accelerando nel Paese la la disponibilità delle persone a utilizzare strumenti, canali e servizi digitali che sono da tempo già efficaci e nella piena di disponibilità di quasi tutti. Fin qui erano sfruttati soprattutto delle nuove generazioni o dalle fasce più sensibili e curiose sull’innovazione, ora sono costrette a darsi da fare ma anche quelle più conservatrici e ‘pigre’. C’è anche uno spinta enorme ad utilizzare il commercio digitale e a sfruttare tutti i servizi che si possono comprare online e questo avrà delle conseguenze anche dopo la fine dell’emergenza”.

    Il presidente dell’Adci si aspetta una reazione forte all’uscita quando il Paese uscirà dall’incubo. “Mi auguro che una volta messa da parte l’ansia e la paura, ci sarò un trainante desiderio di tornare a vivere, un rinato entusiasmo ed una nuova energia. Quanto sta accadendo – continua Gitto – ci sta facendo rendere conto del valore di tante piccole libertà che ci consentiamo nella quotidiana a riconsiderare il valore di tante cose che davamo per scontate e consideravamo banali”. GittoBattaglia22 si è fatta promotrice del blitz enogastronomico Operazione Pale/rgamo che ha rifornito di prodotti della cucina siciliana ma anche di casonsei i 29 bergamaschi in viaggio in Sicilia e messi in quarantena dopo che è emerso un caso di coronavirus. Ma Gitto è comunque convinto che i messaggi delle aziende in questa fase debbano essere improntati alla massima cautela. “Sto notando una grande attenzione nel modularli. Si rinuncia a tentare di cavalcare il momento. Si trova più rispettoso rimanere un passo indietro. Qualunque tentativo di strumentalizzazione o ‘utilizzazione’ a proprio vantaggio della crisi in atto – conclude l’imprenditore e creativo – rischia un clamoroso effetto boomerang. La gente è ipersensibile, si accorge se non sei sincero”.

    Fanfani, TBWA\Italia “Un incubo da cui usciremo con qualche lezione di futuro”

    “Sono molto preoccupato, ma mi sforzo anche di vedere gli aspetti positivi. Il senso di responsabilità diffuso che ora mostra il Paese, ad esempio, mi pare una buona notizia da registrare”. Marco Fanfani, ceo e group country manager di TBWA\Italia, tra i più forti e importanti network dell’advertising nazionale, racconta così, dal suo punto di vista, come si sta muovendo il mondo della pubblicità in generale e la sua struttura in particolare in piena emergenza corona virus. “Troy Ruhanen, il nostro ceo globale – dichiara Fanfani – è in costante e direi affettuoso collegamento con noi. Il network ci da supporto tecnico – continua il manager – con un’apposita unità di crisi internazionale che coordina l’emergenza. Sono consapevoli che l’Italia è solo un avamposto di un fenomeno che avrà una portata mondiale”. Lo smart working, in Italia, viene attuato in tutte le sedi dell’agenzia. “Siamo stati una tra le prime strutture a prevederlo stabilmente per alcuni giorni al mese e quindi siamo arrivati preparati a questa esperienza forzata. I frutti di questa sperimentazione ‘hard’ sono una delle cose positive che ci porteremo anche oltre la fine, non troppo lontana si spera, di questo periodo da incubo. Vale per l’aspetto tecnico e tecnologico, ma anche per quello che riguarda i comportamenti, la responsabilità che le persone stanno mostrando”.
    La relazione con i clienti? “Non esiste una regola – dichiara il manager – ce ne sono alcuni che stanno continuando ad operare quasi a pieno regime, sia pure nel rispetto delle regole che esistono per tutti, ed altri che si sono messi inevitabilmente in surplace. Le gare già avviate, comunque, fino a pochi giorni fa stavano andando avanti quasi regolarmente. Non mi pare che ne stiano partendo di nuove, per lo meno spero! Ma siamo solo all’inizio di un periodo di test che ci chiama in causa tutti, personalmente e come comunità e che, soprattutto, ha una data di verifica e scadenza ancora incerta”.

     

    Marco Fanfani

     

    Quando si uscirà da questa fase? Per Fanfani ci sarebbe già adesso tanto da fare: “Basta guardare la tv per accorgersi che ci sono da ripensare e rimodulare una serie di messaggi creativi, scelte identitarie e posizionamenti che alla luce di quello che sta succedendo stanno mostrando la corda”. L’incertezza su quello che succederà dopo, ovviamente, coinvolge innanzi tutto l’aspetto macroeconomico. Ma poi, secondo il capo italiano di TBWA, è pure lecito chiedersi come saremo dopo, individualmente. “Per tutti noi è in corso un’inedita prova del nove psicosociale. Forse tutto tornerà esattamente come prima. Ma perché escludere, ad esempio, che tutto quello che sta succedendo – per certi target, per certe fasce di età, in certi territori – non si traduca in un maggiore orientamento versò la sobrietà o verso tipi di consumi e abitudini fin qui meno considerati, da decrescita felice. Da quanto sta accadendo potrebbe conseguire una rivisitazione molto profonda della nostra maniera di stare al mondo e quindi anche di fare comunicazione, creatività e marketing. Difficile dire quale sarà il nuovo equilibrio, ma penso che ci sarà tanto da sistemare e rifocalizzare ‘creativamente’. Covid -19 ha un impatto drammatico sulla vita quotidiana di tutti noi. E in un contesto del genere la percezione si modifica molto profondamente: in qualche caso i clienti lo capiranno da loro, ma in qualche altro dovremo essere noi a dire di cambiare, correggere, sistemare non solo la comunicazione”.

    Come ne usciremo? “Soffre in questa fase la domanda ma anche l’offerta e per tante piccole e medie imprese la situazione rischia di avere un effetto esiziale se non arriveranno robusti aiuti economici e finanziari. Affronteremo un periodo durissimo, di cui pagheremo le conseguenze per molto tempo in termini economici, per la riduzione inevitabile del Pil e per lo stress che subirà nel profondo il nostro sistema produttivo. Ma mi piace essere ottimista. La mia speranza è che dopo ci sia un periodo estremamente positivo, qualcosa che somigli alla voglia di rivivere e di fare potente e positiva del dopoguerra. E che questo valga, oltre che per noi, anche per tutti gli altri Paesi che entreranno in questo incubo. Affrontiamola come è giusto affrontarla, con razionalità e forza. Ma intanto vediamo quanta grandine viene giù”.

    Matteo Cardani, general manager marketing di Publitalia: “i media sono oggi più centrali che mai”

    Mediaset ha presentato  agli analisti i risultati di bilancio 2019 da cui è emerso che nei primi due mesi del 2020 Mediaset in Italia ha registrato un positivo andamento dei ricavi pubblicitari (+2,1%), tuttavia nelle ultime settimane la visibilità sull’esercizio in corso è “significativamente diminuita a causa dell’emergenza Covid-19”. “Le forti incertezze e i timori per le ripercussioni sociali ed economiche dell’allarme sanitario dipenderanno anche dalla tempestività con cui saranno definite misure monetarie e fiscali a sostegno dei settori e degli operatori più esposti – sottolinea Mediaset – e allo stato attuale non è dunque possibile formulare previsioni attendibili circa la durata e gli impatti dell’emergenza sulla gestione e i risultati di gruppo”.

    In tale contesto, Mediaset sta operando su due fronti complementari: “da un lato, implementando con determinazione lo sviluppo internazionale e gli altri progetti strutturali di medio periodo, dall’altro approntando tutte le misure necessarie finalizzate a contenere eventuali impatti negativi sul mercato pubblicitario al fine di salvaguardare i risultati economici e la generazione di cassa”.

    Matteo Cardani

     

    Mediaset “è una società forte, affronteremo qualsiasi scenario”,  ha detto il cfo del gruppo, Marco Giordani, facendo riferimento all’emergenza per il coronavirus e all’impatto della crisi sui risultati.

    Con il diffondersi del coronavirus, ha sottolineato Matteo Cardani, general manager marketing di Publitalia, “i media sono oggi più centrali che mai e alla fine di questa emergenza i livelli di ascolti della tv e degli altri sistemi di comunicazione saranno i più alti di sempre. La continuità del business è garantita”. Per la pubblicità “il mese di gennaio e quello di febbraio sono stati positivi. Abbiamo avuto un inizio di anno molto buono. Poi c’è stato il Coronavirus, ma il mio motto è ‘Keep Calm’. Ci siamo mossi molto velocemente, già alla fine di febbraio, in modo da garantire la continuità del business”.Il trend della raccolta pubblicitaria di marzo è invece stato negativo, ha proseguito Cardani.

    Girelli, OMG: “Siamo un test che il mondo osserva per capire come affrontare una crisi mai vista”. 

    Il primo giorno in smart working è andato bene. Già prima del decreto governativo di sabato, del resto, a Milano in Omnicom Media Group avevano approntato “una strategia adattativa, elaborata dal board del gruppo affiancato da un comitato di crisi”. Racconta così il momento vissuto dalla parent company media del gruppo Omnicom, il ceo e chairman di OMG, Marco Girelli. Che spiega: “Avevamo già lasciato alle persone la massima flessibilità e la libertà di decidere se lavorare da casa o in ufficio, ma fermo restando il principio – continua il manager – che in sede si rimanesse a distanza di sicurezza e non si potesse mai superare un certo numero di persone per ambiente”. Poi è arrivato il decreto di Conte e ieri (lunedì 9 marzo) le regole sono state estese a tutto il Paese. “Prima avevamo chiuso e previsto lo smart working per le 450 persone della sede, ora ci stiamo accingendo a decidere anche su Verona e Roma”.

    Quando lo sentiamo, Girelli ha appena finito di parlare a telefono con il ceo Apac ed Emea, Mike Cooper. “Il gruppo ci sta supportando per tutte le cose pratiche, che ci servono per affrontare con la maggiore tranquillità possibile questa fase delicata, a partire dal potenziamento dell’IT. La verità è pure – continua Girelli – che i nostri capi mondiali sono molto curiosi di capire come ci stiamo attrezzando, che soluzioni stiamo approntando, con che metodi organizzativi e logiche ci muoviamo. Funzioniamo – alla fine – come importante esperienza pilota di gestione di questa situazione così critica” racconta Girelli. Che ha approntato il ‘comitato di crisi’ che affianca il board del gruppo italiano secondo una precisa ratio: “La task force chiama in causa anche i nostri specialisti dell’IT, delle risorse umane, nonché delle problematiche legate alla privacy, che sono molto sensibili in vicende come questa”.

    Marco Girelli

     

    Il ceo è soddisfatto di come stiano procedendo le cose: “Sta funzionando tutto, finora. I clienti e tutti gli interlocutori di mercato sono decisamente collaborativi, anche perché hanno tutti le stesse difficoltà da superare.” La cosa più difficile da fare? “Nel nostro lavoro, oramai, l’aspetto consulenziale, il problem solving, è quasi sempre il frutto di un lavoro di team, di contaminazione delle esperienze e condivisione dei saperi, e così è diventato sempre più importante poter articolare gruppi di lavoro complessi. Riuscire a mantenere viva, effettiva, anche questa parte del nostro servizio ‘in remoto’ ha richiesto uno sforzo creativo ed organizzativo supplementare”.
    Secondo Girelli, un aspetto essenziale, nei prossimi giorni, sarà quello di “mantenere una gerarchia sempre chiara delle priorità e capire cosa è più rilevante e cosa lo è meno”.
    Il mercato? “Sono fiducioso. Spero che tutto si risolva prima dell’estate. Con il contributo di tutti, personale e collettivo, riusciremo a fermare il contagio. E ho la sensazione che in quel caso l’uscita dalla crisi potrebbe essere repentina e veloce come la maniera in cui ci siamo caduti dentro. Siamo stati tra i primi ad entrare in questo incubo, potremmo essere tra i primi a venirne fuori. Conto in una grandissima reazione energica di tutti quando l’emergenza sarà passata, in una diffusa voglia di fare cose nuove…”

    Beduschi (GroupM): mille in smart working, le aziende devono agire oltre che investire

    9.3.2020 – “E’ impossibile fare delle previsioni di media-lunga scadenza che siano serie, non influenzate dalla drammatica percezione contingente.

    Anche se, per stare alla pura dimensione economica, non c’è dubbio che per molte tipologie di aziende, penso soprattutto a Turismo e Trasporti, il business che è andato in fumo in queste settimane non sarà comunque recuperabile in tempi brevi, anche se ci fosse il migliore dei secondo semestre possibile. Con quello che ne consegue per il mondo della comunicazione e della pubblicità… “. Massimo Beduschi, ceo e chairman di GroupM, spiega che in questa fase è d’obbligo la cautela: “Siamo in un momento molto delicato, in cui molto probabilmente il picco dei contagi non è stato raggiunto. Oggi poi arrivano in tempo reale le notizie destabilizzanti sulle rivolte nelle carceri e sulla Borsa che cala a precipizio. Ma è vero pure che questo è soltanto il primo giorno in cui veramente ci stiamo comportando secondo quelli che, Cina docet, sono gli unici metodi di contrasto seri alla propagazione ‘insostenibile’ del corona virus. E quando dico insostenibile- aggiunge Beduschi – intendo innanzitutto l’accezione umanitaria del termine, di salute pubblica, che viene prima di tutto ed è, direi, un aspetto ‘pre-conomico’, un presupposto necessario del business”.

    Massimo Beduschi (foto Primaonline)

     

    Come si stanno muovendo le aziende? “Finora è prevalsa una certa cautela: molto budget sono stati sospesi, c’è stato qualche taglio, ma ad essere in discussione ci sono, nella migliore delle ipotesi, almeno tre mesi di attività ‘normale’”. Oltretutto, secondo il capo della parent company media di WPP, si tratta di una situazione che sta andando a impattare anche sul nostro tessuto di piccole imprese e finirà per avere riflessi anche sul business di Google, Facebook, Amazon, che proprio dallo small business in questi anni hanno tratto una quota rilevante dei propri ricavi ‘pubblicitari’.

    Mille persone in organico, sede ad Assago, vicinissima a Milano, GroupM è già organizzata da giorni con lo smart working e rimane operativa a tutti gli effetti. “Assicuriamo a tutti i nostri clienti una assoluta continuità del servizio” racconta Beduschi. Che può fare riferimento ad una sorta di esperienza pregressa. “Avevamo fatto una sorta di test qualche anno fa, quando avevamo subito come gruppo un pesante attacco condotto con virus informatici ed avevamo dovuto organizzarci in maniera simile. Stavolta però – continua il manager – ci sono aspetti molto più critici e sensibili di cui tenere conto, ma tutto sta funzionando bene. Gli uffici sono chiusi, come del resto sono chiusi anche quelli di molti dei nostri clienti e di molte concessionarie, che come noi si sono organizzati per lavorare in remoto. Ma il servizio continua. Lo garantiamo con un supporto IT ed un supporto logistico autorizzato ad Assago, poche persone che fanno da riferimento per tutti nella sede fisica dell’azienda, ma in condizioni che sono evidentemente a bassissimo rischio e in linea con i dettami del provvedimento governativo”. Le aziende devono giocare un ruolo positivo in questa crisi? Secondo Beduschi “… certamente si, di più, devono essere protagoniste. E ci sono già tante realtà, qualcuna lo ha comunicato e altre comunque, a quanto mi risulta, stanno per farlo, che vogliono entrare in gioco fattivamente e fare la loro parte per aiutare la nostra comunità nazionale ad uscire prima possibile e meglio possibile da questa situazione drammatica.  Lo verifico dalle notizie ufficiali che circolano, dalle iniziative già prese da alcuni grandi aziende italiane, ma la stessa sensibilità la sento diffusa in tante chat private e molti manager stanno solo decidendo bene come e quando intervenire.”

    A cura di Emanuele Bruno

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