Che c’azzecca la Comunità dei Monti Lattari nel Piano di Gestione del Sito Unesco della Costa d’ Amalfi che non ne fa parte?

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    Che c’azzecca la Comunità dei Monti Lattari nel Piano di Gestione del Sito Unesco della Costa d’ Amalfi che non ne fa parte? Padre, Figliolo e Spirito Santo. Scopriamo che i sindaci della Costiera amalfitana affidano il Piano di Gestione del Sito Unesco , che oramai si avvia verso il ventennale dalla redazione, alla Comunità Montana dei Monti Lattari che comprende comuni della provincia di Napoli e Salerno montani. Da li Casola , Lettere , Agerola, qui Scala, Tramonti etc .

    Vorremmo capire come mai un ente , che dovrebbe scomparire, e che ha il dieci per cento dell’area compresa nel territorio UNESCO, debba portare avanti questo piano di gestione. Sia chiaro non abbiamo un’avversione verso la Comunità Montana che per certi versi, vedi la manutenzione del patrimonio montano ed arboreo, davvero manca, come pure manca un ente rappresentativo di tutto il territorio, come era prima. Ora però non rappresenta un bel niente , se non un paio di comuni. Non me ne voglia il presidente Luigi Mansi, che ha ereditato l’ente che era di Raffaele Ferraioli, che però quando c’era rappresentava tutto il territorio, ma è la legge che ne ha previsto il taglio , anzi si prevedeva addirittura la scomparsa, senza contare che noi abbiamo già il Parco dei Monti Lattari che dovrebbe sostituirlo.

    L’iscrizione di un sito nella lista dei beni patrimonio dell’umanità dell’UNESCO comporta non soltanto il riconoscimento del suo valore universale ma, soprattutto, una forte assunzione di responsabilità nel proteggerlo. Come si è già avuto modo di specificare, sebbene già in documenti precedenti l’UNESCO avesse sollecitato, in particolare per i siti naturali, la presenza di un piano di gestione e l’avesse già reso obbligatorio per tutte le nuove candidature alla World Heritage List, è nel 2005 che entra nello specifico della sua definizione, richiedendolo esplicitamente per ogni sito. In particolare, si richiede un “appropriato piano di gestione o un altro documentato sistema di gestione che dovrebbe specificare come il valore universale eccezionale del sito sarà mantenuto, possibilmente attraverso processi partecipativi” (UNESCO 2005, p 26).

    Le interpretazioni teoriche che hanno orientato i primi approcci al tema del piano di gestione sono state tra loro diverse e a volte anche contrastanti. Le disposizioni dell’UNESCO non forniscono un formato preciso per la redazione del piano stesso, riconoscendo un discreto margine di libertà, nel rispetto della diversità tra i diversi stati, delle caratteristiche dei singoli luoghi e dell’eventualità di non adottare uno specifico documento (il “piano”), ma di utilizzare anche un appropriato “sistema” di gestione del sito iscritto.

    Tutto ciò non si traduce in una totale discrezionalità: secondo le linee guida dell’UNESCO, infatti, il contenuto del piano di gestione o, alternativamente, gli elementi chiave del sistema di gestione di ogni sito, dovrebbero essere (ibidem):
    a) “un’approfondita conoscenza del sito condivisa da tutti i soggetti portatori d’interesse”; con questo primo punto viene dunque sottolineata la necessità che i valori, materiali ed immateriali, che hanno portato all’iscrizione del sito nella lista dell’UNESCO, siano conosciuti e condivisi da tutti i soggetti che, a vario titolo, sono legati al territorio su cui il sito stesso insiste;
    b) “un ciclo di pianificazione, implementazione, monitoraggio, valutazione ed azioni correttive”; in questo secondo requisito sono riassunti tutti gli elementi che costituiscono le fasi fondamentali di un processo di pianificazione, programmazione e controllo, in linea coerente con quanto stabilito ormai da decenni anche dalla teoria economico-aziendale sia nordamericana che europea (Anthony 1965, Brunetti 1979);
    c) “il coinvolgimento di tutti i soggetti responsabili del sito e dei portatori di interesse”; tale requisito apparentemente scontato, appare invece fondamentale e deve essere esplicitato soprattutto in quei casi in cui il patrimonio culturale iscritto sia sotto la tutela e la responsabilità di diversi soggetti, o nelle situazioni in cui la sua gestione non possa essere portata avanti in maniera efficace senza il coinvolgimento di soggetti esterni rilevanti; appare inoltre difficile immaginare casi in cui fra questi “stakeholder” esterni rilevanti non sia compresa direttamente la comunità territoriale di riferimento;
    d) “lo stanziamento delle risorse necessarie”; elemento fondamentale di un piano o di un sistema di gestione efficace è che agli obiettivi che si sono configurati corrispondano effettivi stanziamenti di risorse (non solo di natura finanziaria) che ne rendano possibile il raggiungimento; di questo elemento è dunque fatta richiesta di esplicitazione;
    e) “costruzione e formazione di risorse e competenze per lo sviluppo del sito”; questo punto è la traduzione dell’espressione inglese “capacity building”, che dovrebbe esprimere proprio l’idea di riuscire a sviluppare sul territorio di riferimento, con opportuni processi di formazione, le risorse, soprattutto di natura immateriale, in grado di consentire il mantenimento dei valori universali dichiarati ed uno sviluppo sostenibile del territorio orientato al futuro;
    f) “una descrizione trasparente e responsabile verso i soggetti esterni di come funziona il sistema di gestione”; l’ultimo elemento richiama dunque la necessità di “accountability” (Gray, Owen and Adams 1996), ovvero sia di trasparenza della gestione, sia di rendicontazione responsabile nei confronti dei soggetti esterni sui risultati effettivamente raggiunti.

    Un piano di gestione bene interpretato, nel suo processo di redazione e nella sua fase di implementazione, potrebbe dunque costituire quel documento “guida” per la gestione, in grado di fungere da strumento di governo delle politiche di tutela e conservazione, valorizzazione, conoscenza e promozione del sito UNESCO.

    Il nostro piano di gestione del sito Unesco Costa d’Amalfi è stato redatto dal Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali di Ravello, a Praiano il professor Ferruccio Ferrigni, lo ha illustrato, ma tutt’ora vi è poca partecipazione allo stesso e il fatto che ora a far tutto sia un ente che non rappresenta il territorio non sappiamo che senso abbia.

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