Portici. Salesiani pronti al trasloco. Rosario di protesta dei fedeli. L’ispettore incontra i parrocchiani: tensione e insulti

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Portici. Incontri di preghiera, Rosari di gruppo, richieste di incontro al successore di San Giovanni Bosco, il rettor maggiore della congregazione: una comunità di migliaia di persone si sta muovendo per provare a scongiurare l’abbandono, dopo oltre cento anni, dei sacerdoti salesiani della popolosa parrocchia dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, al confine con San Giorgio a Cremano. Tutto, però, sembra inutile, in quanto la decisione è stata già presa. Per il prossimo mese di settembre, dunque, i sacerdoti, tra cui don Tonino Palmese, presidente della Fondazione Polis e baluardo di legalità in Campania, dovrebbero lasciare la chiesa in cui i loro confratelli cominciarono ad operare nell’ormai lontano 1913. Al loro posto arriverà un sacerdote diocesano nominato dall’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, mentre il palazzo annesso alla parrocchia e i campi sportivi dovrebbero essere chiusi e una consegnati al Pio Monte della Misericordia, proprietario delle strutture. Lo stesso cardinale ha provato a dissuadere i salesiani dall’abbandonare Portici in tre diversi colloqui, senza raggiungere il risultato sperato. C’è, però, chi ancora non si dà per vinto. Don Angelo Santorsola, ispettore per i salesiani nell’Italia Meridionale, figura che corrisponde ad una sorta di coordinatore interregionale, che ha anche competenza su Albania e Kosovo, ha incontrato martedì sera il consiglio parrocchiale. Con un certo imbarazzo ha dovuto confermare la notizia, che pure si era cercato di tenere nascosta ai fedeli per quanto più tempo possibile. La riunione è stata tumultuosa, molti fedeli hanno perso la pazienza, che pure è una virtù cristiana. Un ragazzo di 17 anni ha addirittura apostrofato in malo modo l’ispettore quando questi ha detto: «Chiudiamo Portici perché noi salesiani dobbiamo operare in luoghi dove ci sono giovani bisognosi». Il calo di vocazioni non consente più ai salesiani di tenere aperte così tante strutture nel Sud Italia ed alcune devono essere necessariamente chiuse per rafforzare le altre: sono cinque i sacerdoti che lasceranno Portici per essere trasferiti in altre case, dove il clero è scarso ed anziano. Per decenni migliaia di giovani sono stati educati ed hanno potuto trascorrere ore liete presso l’oratorio salesiano di via Dalbono: andrà, così, a finire una delle più importanti esperienze religiose ed aggregative della storia della città. «Come delegato delle associazioni della Famiglia Salesiana presenti nell’opera di Portici, ho chiesto al direttore la possibilità di incontrarci per una riflessione congiunta sulla paventata chiusura – spiega un fedele, Ciro Maucione – lo scopo che intendiamo raggiungere è duplice. Vogliamo creare un momento assembleare e comunitario in cui invocare insieme lo Spirito Santo, memori delle tante perizie attraversate da don Bosco durante il suo apostolato. Vogliamo un confronto concreto e operoso tra tutte le forze operanti nell’opera, per valutare e verificare se è possibile aiutare i superiori della congregazione ad assumere scelte diverse dalla chiusura definitiva, mettendo in gioco la fattiva corresponsabilità dei laici, in un progetto pilota di nuova condivisione della missione giovanile e salesiana tra consacrati e laici che possa essere varato per la casa di Portici». Sabato pomeriggio alle 17 si terrà nel teatro parrocchiale una assemblea pubblica e da venerdì a domenica prossimi la chiesa ospiterà una adorazione permanente al Santissimo Sacramento. Obiettivo della mobilitazione è ottenere un incontro con il rettor maggiore Angel Fernandez Artime. Tuttavia è proprio l’ispettore a spegnere ogni speranza. «La decisione è presa e non ci sono margini per tornare indietro – spiega don Santorsola – non intendiamo, però, abbandonare la comunità da un giorno all’altro. Siamo disponibili a promuovere un percorso condiviso con i laici per affiancare il nuovo parroco che sarà scelto dal cardinale Sepe. I salesiani, per essere utili alla comunità, devono avere le forze per portare avanti le proprie attività e noi abbiamo un problema generale di invecchiamento nel clero. Ci sono realtà nel Sud Italia dove non possiamo chiudere gli oratori perché i giovani rimarrebbero completamente soli: non è così nell’Arcidiocesi di Napoli, dove le reti sociali sono meglio strutturate». (Michele M. Ippolito – Il Mattino)

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