Alla ricerca di Spinoza (2). Il corpo, il cervello, la mente … e l’anima?

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    Yakov, il protagonista di ‘The Fixer’ di Bernard Malamud, così descrive il suo incontro con Spinoza  “Non l’ho capito parola per parola, ve l’ho detto, ma quando si ha a che fare con pensieri come quelli pare di volare a cavallo di una scopa”. Dopo aver svolazzato a cavallo della scopa alla scoperta del Dio impersonale di Spinoza, vedi il mio precedente articolo, mi preparo a cavalcare la scopa magica per un altro volo strabiliante, quello nella mente umana.

    Spinoza scriveva della mente umana nel seicento quando i voli sulla scopa erano molto pericolosi. Si correva il rischio di finire arrosti come Giordano Bruno o sotto processo come Galileo. Nella sua corrispondenza, Spinoza usava il motto ‘Caute!’, che significa ‘stai attento!’, impresso sotto il disegno di una rosa. Egli pubblicò, nel 1670, il suo ‘Tractatus theologico-politicus’ senza nome e con indicazioni false sull’editore. Com’era prevedibile, il Santo Uffizio vide nell’opera un attacco insopportabile al potere religioso e politico e mise l’opera nell’Indice dei libri pericolosi. Da quel momento in poi Spinoza evitò accuratamente di pubblicare altri lavori. Il giorno della sua morte, il 21 febbraio 1677, i suoi scritti, fra cui l’Etica, furono trovati nel cassetto del suo scrittoio e pubblicati, con mille precauzioni e sempre in forma anonima, dai suoi amici. Per fortuna Spinoza visse nelle Provincie Unite dell’Olanda che all’epoca erano un’isola felice, rifugio della libertà individuale. Figuriamoci se fosse vissuto in Italia e fosse stato un sorvegliato speciale dei servizi segreti dell’Inquisizione! 

    Ancora oggi, la teoria della mente di Spinoza è avanti anni luce rispetto al concetto di anima della teologia cristiana basata sul dualismo Cartesiano. Le idee di Cartesio sulla mente e sul corpo hanno avuto la meglio fino ad oggi sul pensiero di Spinoza proprio perché il potere teologico è rimasto disperatamente aggrappato, per secoli, al dualismo cartesiano. E non poteva essere diversamente se, ancora oggi, la dottrina cattolica, spiega: "La Chiesa insegna che ogni anima spirituale è creata direttamente da Dio – non è «prodotta» dai genitori – ed è immortale: essa non perisce al momento della sua separazione dal corpo nella morte, e di nuovo si unirà al corpo al momento della risurrezione finale." (Catechismo, par. 366).

    Il dualismo anima-corpo è radicato nella teologia cristiana da millenni. Al termine del suo discorso nella sinagoga di Cafarnao, Gesù aveva detto: ‘È lo spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla’ (Giovanni 6,63). Paolo conferma questa fondamentale prospettiva di contrapposizione tra carne e spirito: ‘La carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio’ (1 Corinzi 15,50). E’ solo grazie alla dottrina del dualismo che la teologia cristiana può sostenere, ancora oggi, il mantenimento della dimensione personale dopo la morte. 

    Anche Cartesio considerava la mente e il corpo due cose nettamente distinte. Egli non vedeva alcuna relazione tra la materia del corpo, dotata di ‘estensione’, cioè di dimensioni, mossa meccanicamente e infinitamente divisibile e la ‘stoffa’ del pensare, non misurabile, priva di dimensioni, non influenzabile meccanicamente e indivisibile. Immaginando il pensare come un’attività autonoma assolutamente indipendente dal corpo, Cartesio afferma la separazione della mente, la ‘cosa pensante’ (res cogitans) dal corpo non pensante (res extensa). Su questo punto egli è molto chiaro: l’anima … per esistere non ha bisogno di alcun luogo, né dipende da alcuna cosa materiale. Di guisa che l’anima è interamente distinta dal corpo … e anche se questo non fosse affatto, essa non cesserebbe di essere tutto quello che è”. (Discorso sul metodo, Cartesio). Si vede chiaramente la derivazione del concetto di anima di Cartesio dalla teologia cristiana. 

    Cartesio è l’autore dell’enunciato forse più famoso della storia della filosofia. Apparso per la prima volta nel “Discours de la méthode” del 1637, il “Je pense donc je suis”, in latino “Cogito ergo sum”, in italiano “Io penso, dunque sono”, preso alla lettera, esprime l’esatto contrario di quello che le moderne neuroscienze hanno scoperto in merito alle origini della mente e alla relazione tra mente e corpo. Preso alla lettera, l’enunciato suggerisce che il pensare e la consapevolezza di pensare siano i veri substrati dell’essere. Cartesio gioisce della sua proposizione e la ritiene irrefutabilmente vera: “E notando che questa verità “io penso, dunque sono” era così solida e sicura che tutte le più stravaganti supposizioni degli scettici non erano capaci di scuoterla, giudicai di poterla accogliere senza scrupolo come il principio della filosofia che cercavo” (Discorso sul metodo, Cartesio).

    Sarà a causa della pochezza dei miei studi filosofici, ma io quest’accertata solidità dell’enunciato cartesiano non riesco proprio a vederla. Al negativo, la proposizione si leggerebbe così: “Io non penso, dunque non sono”. Che vuol dire? Che una cosa che non pensa non esiste? Assurdo. Un mollusco, un moscerino o un semplice organismo unicellulare non pensa dunque non esiste?  Io credo, invece, che si possa affermare che il mollusco, il moscerino e il semplice organismo unicellulare ‘sono anche se non pensano.  Ma, a parte i miei contorcimenti logici per cercare di capirla, la proposizione di Cartesio celebra inequivocabilmente la supremazia della mente sul corpo. Eppure, basta riflettere un attimo sull’evoluzione per capire che viene prima il corpo e poi la mente. Assai prima della comparsa del genere umano sul pianeta Terra, gli esseri erano esseri, i dinosauri erano dinosauri. Solo a un certo punto dell’evoluzione, a partire da corpi sempre più complessi, cominciò a manifestarsi una coscienza elementare. Andando avanti nell’evoluzione aumentò la complessità del corpo (e del cervello), sopravvenne la possibilità di pensare e, ancora più tardi, di usare il linguaggio per comunicare e per organizzare meglio il pensiero. Ancora oggi, quando veniamo al mondo e ci sviluppiamo con la crescita, prima siamo e solo in seguito pensiamo.

    Allora, secondo me, è più corretto dire “Sum ergo cogito” cioè “Sono, dunque penso” perché noi “pensiamo solo nella misura in cui siamo, dal momento che il pensare è causato dalle strutture e dalle attività dell’essere” (Antonio Damasio).

    Non solo la teologia cristiana, ma anche la cultura e la scienza occidentali sono ancora oggi influenzate dalle idee di Cartesio. La concezione dualistica, per la quale Cartesio scinde la mente dal cervello, è oggi superata nella sua versione più estrema ma è presentata in forme più subdole e moderne. Per esempio, si dice, vedi Vito Mancuso, che mente e cervello sono sì in relazione, ma solo nel senso che la mente è una forma di energia generata dal cervello. Tale energia, dotata di propria autonomia e individualità, sarebbe poi in grado di staccarsi dal corpo ed esistere dopo la morte come individualità personale. Oppure che la mente e il cervello sono sì in relazione, ma solo nel senso che la mente è il software che gira sull’hardware di un computer chiamato cervello. Anche questo è dualismo, perché software e hardware sono due cose diverse e autonome tanto che il software può essere copiato e trasferito su un altro computer. 

    Le moderne neuroscienze invece attestano che mente, cervello e corpo agiscono all’unisono, intimamente interconnessi in un unico organismo integrato.

    Il cervello umano e il resto del corpo costituiscono, insomma, un organismo non dissociabile e altamente integrato che sostiene il peculiare  processo di creazione di immagini che noi chiamiamo mente

    Ci sono due concetti in questo enunciato: il primo dice che il cervello e il corpo costituiscono un unico organismo integrato; il secondo afferma che la mente affiora da quest’organismo integrato.

    L’analogia che mi è venuta in mente a questo proposito è quella dell’orchestra sinfonica. Archi, legni, ottoni, percussioni e tastiere che agiscono in modo coordinato e sincrono sono una buona rappresentazione dell’unico organismo integrato; il suono della sinfonia che emerge dall’attività dell’organismo integrato rappresenta invece la mente. 

    Ma andiamo passo dopo passo. Innanzitutto perché si deve ammettere che cervello e corpo sono un unico organismo integrato? 

    Vediamo un po’.  Innanzitutto, ogni regione del corpo è dotata di terminazioni nervose in grado di inviare al cervello segnali che si riferiscono allo stato dei miliardi di cellule che la compongono. Non si tratta di segnali binari del tipo ON, OFF ma di segnali analogici che possono essere estremamente sfumati. Le terminazioni nervose possono indicare, per esempio, la misura della concentrazione di ossigeno o anidride carbonica nelle immediate vicinanze di una cellula. Possono segnalare la presenza di composti tossici all’interno o al suo esterno. Possono rilevare e segnalare la presenza di particolari molecole che indicano uno stato di sofferenza della cellula a causa di un processo patologico. Le terminazioni nervose indicano anche lo stato di contrazione delle fibre muscolari, dalle fibre muscolari striate dei grandi muscoli degli arti, del torace e della faccia fino alle cellule muscolari lisce presenti sulle pareti di tutte le arterie. Le terminazioni nervose indicano quindi al cervello che cosa stiano facendo, in ogni momento, organi come lo stomaco, la cute, l’intestino, ecc. Ma non basta. Oltre alle informazioni che gli arrivano dalle terminazioni nervose, al cervello arrivano anche le informazioni contenute nel flusso sanguigno come la concentrazione nel sangue di particolari sostanze chimiche. Nella parte del cervello nota come ipotalamo, per esempio, vi sono neuroni che leggono direttamente la concentrazione di glucosio nel sangue. Allo stesso modo, altri neuroni, facendo una specie di esame del sangue, rilevano la presenza di molecole come quelle dopanti, vedi ecstasy, cocaina, marijuana, eroina. Questi sono tutti segnali che nascono all’interno del corpo e sono chiamati segnali sensoriali enterocettivi o ‘segnali provenienti dalla carne’. 

    Ma anche l’ambiente circostante fornisce il suo contributo al flusso d’informazioni dal corpo al cervello (segnali sensoriali esterocettivi). Per esempio, l’ambiente può stimolare l’attività neuronale nell’occhio (dentro il quale si trova la retina), nell’orecchio (dove c’è la chiocciola per la percezione dei suoni, e l’apparato vestibolare per la percezione dell’equilibrio), in un’infinità di terminazioni nervose presenti su tutta la pelle, nelle papille gustative e nella mucosa nasale. Le terminazioni nervose inviano segnali a determinati e ben circoscritti punti di accesso del cervello. Questi porti sicuri per i segnali sensoriali esterocettivi sono le cosiddette cortecce sensitive di ordine inferiore della visione, dell’udito, del tatto, del gusto e dell’olfatto. Ognuna di queste regioni interessa svariate aree del cervello e, in ognuna di esse, si ha un fitto incrociarsi di segnali fra le varie aree. Qui apro una parentesi per dire che non è esatto affermare che i segnali sensoriali esterocettivi provengono direttamente dall’ambiente esterno. Più correttamente si deve dire che i segnali provengono sempre dal corpo e, più precisamente, dalle sue ‘sonde sensoriali speciali’, cioè l’occhio, l’orecchio, le papille gustative ecc. L’anima respira attraverso il corpo. Chiusa parentesi.

    Quindi, in ogni istante, un’infinità d’informazioni, sia enterocettive sia esterocettive, si muovono dal corpo al cervello. Cosa se ne fa il cervello di tutte queste informazioni? Gli servono essenzialmente per disegnare un quadro complesso, e in continuo mutamento, della vita colta al volo nel suo svolgimento. Il quadro viene descritto configurando particolari gruppi di neuroni (mappe neuronali) ciascuno dei quali corrisponde allo stato del corpo. Insomma, lo ‘stato’ del corpo in un preciso momento è dinamicamente rappresentato in mappe neuronali costituite da neuroni eccitati dai segnali provenienti dal corpo stesso. 

    La quantità impressionante d’informazioni, sfumature e dettagli rappresentata nelle mappe neuronali definiscono uno ‘stato emozionale’ che può manifestarsi sotto forma di un certo ‘milieu’ interno (stato d’animo generale di sottofondo), ma anche di emozioni forti come la paura, il dolore, la gioia, la rabbia.

    L’estate scorsa ero in montagna in cerca di funghi. In un punto esposto al sole avevo trovato una famiglia di finferli sistemati tutt’intorno a un sasso. Avevo già raccolto un bel po’ di finferli quando ho allungato la mano per raccoglierne un paio proprio vicino al sasso. Ero con la mano a una decina di centimetri dai funghi quando sono balzato indietro di qualche metro, come una molla, quasi scivolando lungo il pendio, con il cuore a mille per la paura. Che cosa era successo? Di fianco al sasso, arrotolata fra i finferli, c’era una grassa vipera che si scaldava al sole. Perché ho raccontato quest’episodio? Per descrivere la catena di eventi che creano le emozioni, in questo caso, l’emozione della paura. 

    La comparsa di un’emozione, come la paura che io ho provato vedendo la vipera, dipende da una complicata catena di eventi. La catena comincia con uno stimolo emozionalmente adeguato. Nel mio caso un segnale esterocettivo proveniente dalla retina degli occhi giunge alle cortecce sensitive della visione ed è valutato nelle aree del cervello predisposte all’elaborazione sensoriale. Nel mio caso, l’elaborazione sensoriale dell’immagine della vipera individua un rischio per la sopravvivenza e, di conseguenza, attiva la catena emozionale della paura. 

    Siamo nello ‘stadio di presentazione’ dell’emozione. Indipendentemente da quanto fugace sia la presentazione, i segnali associati allo stimolo sono resi disponibili ad altri siti cerebrali, localizzati in zone diverse del cervello, chiamati ‘siti d’induzione’.

    Il sito d’induzione, per quanto riguarda l’emozione della paura, è localizzato nell’amigdala, un gruppo di nuclei, a forma di mandorla, localizzato nel profondo del lobo temporale. Ed è qui, nell’amigdala, che avviene l’innesco e scatenamento dell’emozione della paura. L’amigdala non è una struttura rigida che fornisce sempre la stessa risposta stereotipata: numerose sono, infatti, le influenze in grado di modularne l’attività. In alcuni casi, per esempio, l’amigdala esercita le sue funzioni di scatenamento dell’emozione a velocità impressionanti senza coinvolgere la coscienza e il processo cognitivo/decisionale. 

    Per esempio, nel mio caso, la pericolosità della vipera, registrata nella memoria ancestrale ereditata geneticamente, è stata subito rilevata dall’amigdala che, senza perdere tempo, senza se e senza ma, ha scatenato nel mio corpo un subitaneo e vero e proprio terremoto fisico. Ma non è tutto così semplice: l’amigdala, come gli altri siti di induzione, innesca lo scatenamento ma non produce un’emozione di per sé. Affinché si manifesti un’emozione, l’attività esistente a livello del sito d’induzione deve propagarsi, attraverso connessioni neuronali, ai ‘siti di esecuzione’. Alcuni siti di esecuzione sono, per esempio, l’ipotalamo, nuclei del tegumento mesencefalico, del tronco encefalico e del prosencefalo basale. Se ti elenco questi paroloni scientifici non è per impressionarti con il mio scibile, ma solo per rimarcare che non sto formulando ipotesi, ma descrivendo processi scientificamente provati. 

    L’ipotalamo è il principale esecutore di molte risposte chimiche che sono parte integrante delle emozioni. Direttamente, o attraverso l’ipofisi, l’ipotalamo libera nel sangue molecole che alterano il milieu interno, la funzione degli organi viscerali, come il cuore e i polmoni, e quella dello stesso sistema nervoso centrale. Numerosi comportamenti emozionali, come la sudorazione e il respiro affannoso, dipendono dal tempestivo rilascio di queste molecole che presiedono all’esecuzione dei comportamenti. 

    Ma non è finita. Nel mio incontro con la vipera, a seguito della stimolazione da parte del sistema nervoso simpatico, le cellule del surrene secernono adrenalina nel circolo sanguigno determinando numerosi comportamenti emozionali propri della paura. A livello sistemico gli effetti dell’adrenalina comprendono: rilassamento gastrointestinale (te la puoi, letteralmente, … fare addosso), dilatazione dei bronchi, aumento della frequenza cardiaca e del volume sistolico (e di conseguenza della gittata cardiaca), deviazione del flusso sanguigno verso i muscoli, il fegato, il miocardio e il cervello e aumento della glicemia. 

    Oltre all’ipotalamo, altri siti di esecuzione controllano il movimento dei muscoli del viso, della lingua, della faringe, della laringe, del sistema muscolo scheletrico. Questi sono gli esecutori ultimi di numerosi comportamenti che possono essere semplici o complessi, come particolari espressioni facciali, il balzo all’indietro per la paura, il riso, il pianto, l’urlo, le vocalizzazioni, la corsa, ecc.

    Quanto tempo è passato dal rilevamento dello stimolo sensoriale esterocettivo sulla retina del mio occhio e lo sconvolgimento emozionale di tutto il mio corpo? Intorno a un decimo di secondo. In questo brevissimo lasso di tempo sono accadute nel corpo un’infinità di cose: (1) segnali neurali sono confluiti dal corpo al cervello; (2) una ragnatela inestricabile di segnali ha collegato milioni di neuroni del cervello; (3) da qui, scariche di segnali chimici e neurali hanno inondato il corpo, (4) le conseguenti modifiche del corpo sono state registrate nelle mappe neuronali del cervello. 

    Questo sofisticato e complesso repertorio di eventi è il risultato di una squisita sequenza di attività ben concertate una con l’altra che si traduce nella manifestazione di un’emozione.  Insomma la comparsa di un’emozione è il risultato di una raffinatissima sinfonia eseguita dal corpo nel suo insieme in un decimo di secondo! Che meraviglia è il nostro corpo! Come appare ingenua la visione cartesiana ereditata dal cristianesimo secondo la quale ‘la carne non giova a nulla’ (Giovanni 6,63)!

    Insieme, il corpo e il cervello interagiscono in modo completo e reciproco attraverso vie chimiche e neurali e costituiscono, di fatto, un unico organismo integrato in grado di produrre emozioni. Dovrebbe essere chiaro a questo punto quello che intendevo dire prima e cioè che “il cervello umano e il resto del corpo costituiscono un organismo non dissociabile e altamente integrato“. 

    Ma è anche vero che quest’organismosostiene il peculiare processo di creazione di immagini che noi chiamiamo mente”? 

    A questa domanda risponderò proponendo, parallelamente, le intuizioni di Spinoza come esplicitate nella Parte Seconda dell’Etica, Natura e origine della mente e le tesi più avanzate della neurobiologia con specifico riferimento agli studi pubblicati da Antonio Damasio (famoso neurobiologo direttore del ‘Brain and Creativity Institute’ presso l’University of Southern California).

    Nella Parte Prima dell’Etica, Spinoza dice che pensiero ed estensione, o Mente e Corpo, sebbene distinguibili, sono nondimeno attributi della stessa sostanza, sono, cioè, due facce della stessa medaglia. “la Mente e il Corpo sono una sola e medesima cosa che viene concepita ora sotto l’attributo del Pensiero ora sotto quello dell’Estensione”. Il pensiero e l’estensione non sono per Spinoza due sostanze (come invece sosteneva Cartesio), ma, in gergo scolastico, due attributi, ovvero due nomi, due qualità o proprietà per definire la stessa cosa, l’infinita sostanza, cioè Dio. Ora, essendo noi esseri umani manifestazioni dell’infinita sostanza, non possiamo non costatare l’indissolubile unitarietà di mente e corpo. 

    Insomma, mente e corpo sono ‘una cosa sola’ assolutamente indivisibile: la mente è sempre la mente di un corpo umano e il corpo umano è sempre il corpo pensato da una mente. La mente e il corpo essendo la stessa cosa, ora vista sotto l’aspetto del pensiero, ora sotto l’aspetto dell’estensione, non fanno altro che mimarsi completamente e reciprocamente nelle loro diverse manifestazioni. Se c’è una modificazione del Corpo deve necessariamente esserci una parallela e simultanea modifica della Mente e viceversa. 

    Spinoza, unificando Mente e Corpo in un’unica sostanza, supera il dilemma che Cartesio non era riuscito a risolvere, cioè come fa una cosa immateriale come il pensiero a modificare e muovere una cosa materiale come il corpo. L’intuizione di Spinoza sulla natura della Mente, considerato che siamo nel seicento, è assolutamente rivoluzionaria e avrebbe potuto cambiare il corso della storia della filosofia e della scienza. Non fu così: l’esigenza di tenere il volgo ben irreggimentato come un gregge di pecore imponeva di illuderlo con la visione della vita beata in paradiso e/o di spaventarlo con la paura dell’inferno. Per questo motivo, il potere teologico-politico soffocò la geniale intuizione spinoziana proprio sul nascere. 

    Peccato! Un albero cadde nella foresta, senza che nessuno fosse presente per darne testimonianza. 

    Per dare un’immagine della mente e del corpo costituiti in un’unica sostanza, propongo una mia analogia. Ho un sottile foglio di alluminio e lo coloro di verde da un lato e di giallo dall’altro. Prendo un martello e colpisco leggermente il foglio di alluminio sul lato verde procurando una piccola ammaccatura nel metallo. Se giro ora il foglio di alluminio dal lato giallo vedrò che ci sarà una protuberanza in corrispondenza dell’avvallamento sul lato verde. Chiaro fin qui?  Bene, allora diamo una decina di leggeri colpi di martello, in maniera casuale, sul lato verde e un’altra decina sul lato giallo. Osserviamo ora il foglio di alluminio con le sue protuberanze e ammaccature. Nell’analogia, il foglio di alluminio è la sostanza unica, il lato giallo è la mente, il lato verde è il corpo. A ogni modifica della superficie del lato verde (il Corpo), corrisponde una modifica della superficie del lato giallo (la Mente) e viceversa. Le ammaccature e protuberanze sul lato verde possono essere immaginate come i segnali enterocettivi-esterocettivi e le scariche neurali-chimiche che scorrono nel corpo. Le ammaccature e protuberanze sul lato giallo sono invece sono le emozioni, i sentimenti, i pensieri, il processo cognitivo-decisionale, la coscienza di sé. Ammaccature e protuberanze sono un’unica cosa ora vista dal lato verde, ora vista dal lato giallo; segnali del corpo e pensieri della mente sono un un’unica cosa ora vista sotto l’attributo dell’estensione, ora vista sotto l’attributo del pensiero.

    Entriamo nei dettagli della concezione spinoziana della Mente riportando le precise parole di Spinoza. 

    Partiamo dalle proposizioni sul Corpo umano: 

    1. Il Corpo umano si compone di moltissimi individui di diversa natura, ognuno dei quali è estremamente complesso.
    2. Alcuni degli individui di cui si compone il Corpo umano sono fluidi, alcuni sono teneri, alcuni,infine, sono duri.
    3. Gli individui che compongono il Corpo umano, e di conseguenza il Corpo umano stesso, sono interessati (o toccati, o sollecitati, o stimolati, o modificati), in moltissime maniere, dai corpi esterni a loro.
    4. Il Corpo umano ha bisogno, per conservarsi, di moltissimi altri corpi, dai quali esso continuamente viene, per così dire, rigenerato.
    5. Quando una parte fluida del Corpo umano è determinata da un corpo esterno a urtare spesso una parte tenera ne modifica la superficie, e v’imprime, in un certo senso, qualche vestigio del corpo esterno che la spinge.
    6. Il Corpo umano può muovere in moltissimi modi i corpi esterni e disporli in moltissime maniere. (Etica, Parte Seconda, Proposizione 13, Postulati)

    Secondo Damasio, le proposizioni contenute nell’Etica, fanno pensare che Spinoza avesse intuito “la generale disposizione morfofunzionale che il corpo deve assumere acciocché la mente emerga insieme ad esso, con esso e all’interno di esso”. 

    Ricordiamoci che Spinoza scriveva a metà del seicento quando l’anatomia muoveva i primi passi. In Olanda, a quei tempi, una dissezione anatomica attirava la curiosità della gente ed era eseguita, come in un teatro, dinanzi ad un pubblico pagante. Nonostante le scarse conoscenze anatomiche del tempo, l’immagine dinamica del corpo qui trasmessa da Spinoza è molto sofisticata.  In quest’organismo complesso che è il Corpo umano egli riconosce moltissime parti (individui), a loro volta formate da altre parti più piccole. Con la terminologia di oggi si potrebbe dire che ogni parte dell’organismo chiamato corpo umano è fatta di tessuti biologici, a loro volta fatti di cellule. Ogni cellula è costituita da numerose molecole che formano svariati nuclei e organelli cellulari. La complessità di strutture e funzioni è scoraggiante quando si guarda a una di tali cellule in azione. Sono le cellule gli ‘individui’ di cui parla Spinoza?  Certo, oggi sappiamo che le cellule sono fatte di molecole formate di atomi, a loro volta composti di elettroni, protoni e neutroni … e … fermiamoci qui.

    Ma rileggiamo insieme i postulati 3 e 5. A prima vista, alla luce delle nostre conoscenze, possono sembrare due enunciati ingenui, ma non è così. Spinoza dice, in pratica, che alcune parti fluide del corpo possono essere deformate a seguito del contatto con altri corpi. E’ ovvio che se ricevo un pugno in faccia, il mio viso, o meglio, alcuni degli individui che lo compongono saranno deformati. Ma generalizzando il concetto, sono deformazioni anche quelle causate dagli stimoli trasmessi dai nervi al cervello. Damasio, commentando questo postulato, scrive ‘Spinoza non disse mai che quelle deformazioni potevano essere trasmesse dai nervi al cervello; ciò non di meno, io non credo che questo pensiero fosse al di fuori della sua portata’. Nei postulati 3 e 5 trova posto il concetto di configurazioni di neuroni e sinapsi che sono eccitate da stimoli neurali provenienti dal corpo e che la moderna neurobiologia chiama ‘mappe neurali’. 

    Ma è il concetto di Mente umana la cosa veramente rivoluzionaria del pensiero spinoziano. Leggiamo insieme le precise parole di Spinoza: “L’oggetto dell’idea costituente la Mente umana è il Corpo, ossia un certo modo dell’Estensione, esistente in atto, e nient’altro”. (Prop. 13, Parte Seconda, Etica)

    Ma cos’è un’idea? 

    Per idea intendo un concetto della Mente che la Mente forma […]” (Def. 3, Parte Seconda, Etica) 

    Spinoza usa la parola ‘idea’ come sinonimo di immagine, o rappresentazione mentale, formata dalla mente. Parafrasando, si potrebbe dire che l’idea è un’immagine formata dalla mente. 

    Le idee sono fondamentalmente ‘immagini’? Prova a rispondere facendo un po’ d’introspezione. Damasio in proposito non ha dubbi.

    Egli scrive ‘Dal  mio punto di vista, il cervello produce due tipi di immagini. Le prime sono quello che io chiamo immagini provenienti dalla carne, per esempio, il dolore e la nausea […] le seconde sono le immagini provenienti da sonde sensoriali speciali quali la retina dell’occhio e la coclea dell’orecchio. L’esecuzione di risposte richiede l’esistenza di immagini. Infine, le immagini sono necessarie anche per anticipare e pianificare future risposte’. Insomma secondo Spinoza e Damasio, la mente in funzione è come la proiezione di un vero e proprio ‘film nella testa’. 

    Ma perché l’oggetto dell’idea costituente la Mente umana è il Corpo? Che vuol dire? Vediamo se Spinoza si spiega meglio in altri passaggi: 

    La Mente non conosce se stessa, se non in quanto percepisce le idee delle affezioni del Corpo’. (Prop. 23, Parte Seconda, Etica) 

    La Mente umana non percepisce alcun corpo esterno come esistente in atto se non mediante le idee delle affezioni del suo Corpo’. (Prop. 27, Parte Seconda, Etica). 

    La Mente umana è atta a percepire moltissime cose, e tanto più è adatta quanto più il suo Corpo può essere disposto in molti modi’. (Prop. 14, Parte Seconda, Etica). 

    Qui è decretata una precisa dipendenza funzionale e, nello stesso tempo, una perfetta proporzionalità quantitativa e qualitativa fra Mente e Corpo (come nella mia analogia del foglio di alluminio). Spinoza sta dicendo, innanzitutto, che l’idea, o immagine di un oggetto esterno non può manifestarsi in una data Mente senza il verificarsi di determinate modificazioni del Corpo causate dall’oggetto stesso. Ma cosa è una modificazione del corpo causata da un oggetto esterno? Molto semplice: una modificazione della retina dell’occhio (modificazione del corpo) avviene ogni qual volta che io guardo qualcosa; come pure una modificazione del corpo a livello delle papille gustative avviene quando mangio o bevo qualcosa; e così, di seguito, per tutto quello che i nostri sensi riescono a percepire.

    Ora, prova a riflettere, senza stimoli sensoriali cos’è la mente? Potresti obiettare che non tutta l’attività mentale dipende dalle sonde sensoriali esterne (occhio, orecchio, ecc. ). Vero, ma quando si parla di Corpo devi considerare che anche il cervello, con le sue mappe e configurazioni neurali, fa parte del Corpo. 

    Un esempio: se evoco un unicorno, tu ed io vediamo con la mente l’immagine di un cavallo alato con un corno sulla fronte. Eppure noi non abbiamo mai visto un unicorno perché l’unicorno non esiste. Come mai possiamo avere allora l’immagine mentale dell’unicorno se non lo abbiamo mai visto? Semplice: perché tu ed io abbiamo visto da qualche parte, in un libro o in un film, l’immagine dell’unicorno; di conseguenza, da qualche parte, nel cervello, è stata registrata una mappa neurale in grado di riprodurre l’immagine di un unicorno. Per curiosità, invece, prova descrivermi la tua immagine mentale dello zarpacone? Hai mai visto uno zarpacone? Non credo, è un animale che mi sono inventato in questo momento. L’unica immagine mentale dello zarpacone che tu puoi avere è una particolare sequenza di nove lettere. Alla luce di questi semplici esempi è facile ora capire quello vuol dire Spinoza: senza il Corpo, la Mente sarebbe vuota, senza immagini, sarebbe un foglio bianco o una lavagna pulita. Insomma niente corpo, niente mente.

    Damasio, analizzando le precedenti proposizioni spinoziane, scrive: Spinoza non sta semplicemente dicendo che la mente scaturisce dal corpo, ma ipotizza un meccanismo mediante il quale realizzare una parità di statuto. Il meccanismo ha una sua strategia: gli eventi che hanno luogo nel corpo sono rappresentati come idee nella mente. Vi sono, dunque, “corrispondenze” rappresentative che vanno in unica direzione, e cioè dal corpo alla mente. […] Particolarmente interessanti sono le affermazioni in cui Spinoza parla di una proporzionalità, in termini sia di quantità sia d’intensità, fra idee e  “modificazioni del corpo”. Il concetto di proporzione evoca, infatti, quelli di “corrispondenza” e perfino di “mappa neurali” come intese dalla moderna neurobiologia’.

    Tutto chiaro fin qui: parità di statuto e corrispondenza fra mente e corpo. Ma c’è un ma: a noi sembra che la Mente sia popolata da immagini, pensieri di oggetti, azioni, relazioni astratte, volizioni e decisioni che sembrano non avere relazione alcuna con il Corpo. Come la mettiamo? C’è forse un omuncolo nella testa che, in virtù di una sua profonda saggezza, costruisce ipotesi, relazioni e decisioni osservando, dall’alto, il rapporto del corpo con l’ambiente? Cartesio avrebbe accettato con entusiasmo questa ipotesi e avrebbe affermato che l’omuncolo si chiama ‘anima’. 

    Come puoi immaginare Spinoza non la pensa in questa maniera. Nella proposizione 22, egli ci propone la sua soluzione che, come vedremo, coincide con quello che le neuroscienze sono riuscite ultimamente a scoprire: 

    La Mente umana non solo percepisce le affezioni del Corpo ma anche le idee di queste affezioni’. (Prop. 22, Parte Seconda, Etica). 

    Questo, in realtà, significa che una volta che si è fatta un’idea di un oggetto esterno, la mente può formarsi un’idea dell’idea,  un’idea dell’idea dell’idea, …  e così via. Nella terminologia dell’Information Technology si potrebbe parlare di proliferazione di meta idee.

    Provo a fare un esempio ricordando che per ‘oggetto esterno’ deve intendersi qualsiasi cosa in grado di modificare uno o più dei nostri sensi. Nell’esempio che propongo, l’oggetto esterno è un’onda acustica che modifica la coclea dell’orecchio. L’onda acustica è prodotta dal tuo medico curante che ti dice che devi rifare una radiografia per un ulteriore controllo. L’onda acustica nell’orecchio viene trasformata in un segnale neurale che arriva alle tue cortecce cerebrali e alle aree associative per l’elaborazione sensoriale. Immediatamente nella tua mente si forma l’idea, o l’immagine, della possibilità di una grave malattia. 

    Questo è il primo livello di ordine, quello cioè della corrispondenza della modificazione del corpo (coclea dell’orecchio) e la modificazione della mente (presentazione dell’immagine di una generica malattia). La rappresentazione di primo livello attiva le emozioni e i pensieri del secondo livello. Qui si scatena, come in un gioco di specchi, la proliferazione d’immagini, cioè di idee dell’idea. Nel secondo livello di ordine sono generate relazioni fra input provenienti dalle aree più disparate del cervello dove la tua memoria, le tue conoscenze, le tue esperienze emozionali si sono accumulate nel corso degli anni durante tutta la tua vita. Queste relazioni, valutate e confrontate con i marcatori somatici (mappe neurali dove sono registrati gli esiti, positivi o negativi, di esperienze similari), formano nella tua mente le immagini dei possibili esiti futuri della potenziale malattia. La preoccupazione, l’ansia, le ipotesi più disparate sul motivo della richiesta del dottore si affollano nella tua mente togliendoti la tranquillità. Se sei una persona ansiosa, a questo punto puoi vederti già in sala operatoria mentre ti operano da qualche parte.

    Generalizzando il concetto, sentimenti come amore, odio e angoscia, qualità come gentilezza e crudeltà, la soluzione di un problema matematico, la creazione di una sinfonia o di una poesia si basano tutti su eventi neuronali all’interno di un cervello in interazione con il corpo a cui appartiene, a sua volta in interazione con l’ambiente circostante.

    Vediamo come Damasio commenta la proposizione 22. 

    Il concetto di “idee delle idee” è importante sotto molti aspetti. Per esempio, esso apre la strada alle rappresentazioni di relazioni e alla creazione di simboli. Esso è ugualmente importante perché spiana la via alla creazione dell’idea del sé. Io ho ipotizzato che il tipo più elementare del sé sia un’idea, precisamente un’idea del secondo ordine. Perché del secondo ordine? Perché essa si fonda su due idee di primo ordine: quello dell’oggetto che stiamo percependo e quella del nostro corpo, modificato dalla percezione dell’oggetto”. 

    Essenzialmente, l’idea del sé è un’idea di secondo ordine, che osserva l’idea della relazione fra altre due idee (di primo livello): l’oggetto percepito e il corpo modificato dalla percezione dell’oggetto. Il sé nasce, secondo Damasio, dalla presa di coscienza, come terza persona, del fatto che il nostro corpo è impegnato nell’interazione con un altro oggetto. La base neurale del sé è nient’altro che uno stato biologico continuamente ricostruito e ridefinito. La coscienza di sé non è l’omuncolo che sta nel nostro cervello in qualità di ente centrale di conoscenza incaricato di ispezionare e gestire tutto ciò che accade nella mente. E’ uno ‘stato’ particolare di un organismo, nel suo complesso, in un preciso momento.

     

    Per Damasio, ‘La base neurale del sé sta in una continua riattivazione degli elementi chiave dell’autobiografia di un individuo, sulla base dei quali si può ricostruire ripetutamente una nozione di identità, mediante parziale attivazione in mappe sensitive topograficamente organizzate. L’insieme delle rappresentazioni disposizionali che descrivono una qualsiasi delle nostre autobiografie riguarda un gran numero di fatti categorizzati che definiscono la nostra persona: che cosa facciamo, chi e che cosa ci piace, quali tipi di oggetti usiamo, quali luoghi frequentiamo e quali azioni compiamo più spesso. Questo insieme di rappresentazioni è contenuto nelle cortecce di associazione di molti siti cerebrali’.

    Una cosa è certa: esiste un legame strettissimo fra una serie di aree cerebrali e i processi di ragionamento. Sistemi neurali sono stati empiricamente individuati come responsabili delle emozioni (vale a questo proposito quando detto dell'amigdala come sito d'induzione dell'emozione della paura), della memoria, della razionalità, della pianificazione e decisione.

    Finisco con Damasio: ‘La mente intrisa nel corpo, per come la vedo io, non abbandona i livelli più raffinati di attività, quelli che sono ritenuti propri dell’anima e dello spirito. Ma anima e spirito, nella mia prospettiva,  sono ‘stati’, complessi e unici, di un organismo. Forse la cosa davvero indispensabile che noi, come esseri umani possiamo fare, è ricordare a noi stessi e agli altri la nostra complessità, fragilità, finitezza e unicità.  E qui sta il difficile: non tanto nel togliere l’anima dal suo piedistallo sul nulla, ma nel riconoscerne la vulnerabilità, le umili origini e tuttavia continuare a fare appello alla sua guida’. 

    Da parte mia, io penso che l’estrema complessità dell’organismo umano sia qualcosa di meraviglioso e strabiliante che replica la complessità dell’universo. Si può ripetere qui quello che Einstein dice a proposito della natura: […] nell’ammirazione estasiata delle leggi della natura si rivela una mente così superiore che tutta l’intelligenza messa dagli uomini nei loro pensieri non è al cospetto di essa che un riflesso assolutamente nullo’. E’ altresì evidente che l’organismo umano è delicato, vulnerabile, deperibile e mortale. Ciò nonostante non si può negare la sua centralità rispetto ad una fantomatica anima assisa sul piedistallo del nulla.

     

    Luigi Di Bianco

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