Gheddafi: tra noi e Italia è guerra aperta l´amico Berlusconi ha commesso crimine

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    Il raìs alla Nato: «E’ ora di negoziare, ma non lascio la Libia». L’Alleanza: fatti e non parole, nostre operazioni proseguono

    ROMA – Muammar Gheddafi ha lanciato un nuovo guanto di sfida alla comunità internazionale, aprendo la porta al negoziato e smussando i toni della propaganda contro i ribelli di Bengasi. «La porta della pace è aperta, i libici non possono combattersi l’un l’altro» ha detto tra l’altro il rais in un discorso trasmesso in diretta dalla tv di Stato. «La Libia è pronta già da ora ad un cessate il fuoco, ma che non sia unilaterale – ha detto il colonnello rivolgendosi all’Alleanza atlantica – Siamo stati i primi ad accogliere un cessate il fuoco, ma l’attacco dei crociati Nato non si è fermato». «Tra noi e l’Italia è guerra aperta – ha poi detto il colonnello alla tv – Il governo italiano oggi attua la stessa politica fascista e coloniale dei tempi dell’occupazione. L’Italia ha ucciso i nostri figli nel 1911, all’epoca della colonizzazione, e ora lo fa di nuovo nel 2011. Nel 2008 l’Italia ha fatto le sue scuse e ha detto che (il colonialismo, ndr) è stato un errore che non si sarebbe ripetuto, ma ora sta facendo lo stesso errore». Un riferimento ai raid aerei che l’Italia ha cominciato a condurre sulla Libia nell’ambito dell’operazione Nato. «Con rammarico prendiamo atto che l’amicizia tra i due popoli è persa – ha concluso Gheddafi – e che i rapporti economici e finanziari sono stati distrutti». «Il mio amico Silvio Berlusconi ha commesso un crimine» autorizzando i bombardamenti italiani, è l’accusa lanciata da Gheddafi. «Avete commesso un crimine – dice il rais rivolgendosi all’Italia celebrando il 96/o anniversario della battaglia di Gardabiya contro gli italiani – l’ha commesso il mio amico Berlusconi, l’ha commesso il Parlamento italiano. Ma ci rendiamo conto che non esiste un Parlamento in Italia, nè tanto meno la democrazia. Solo l’amico popolo italiano vuole la pace». «Mi sono rattristato quando ho sentito oggi i figli del popolo libico nei loro discorsi minacciare di trasferire la guerra in Italia – ha proseguito Gheddafi – Hanno detto che orami è una guerra tra noi e l’Italia perchè l’Italia ammazza i nostri figli adesso nel 2011 come ha fatto nel 1911. Quindi i libici hanno ragione in quel che dicono e io non posso porre un veto sulle decisione dei libici che vogliono difendere la loro vita e la loro terra e trasferire la battaglia nei territori nemici»- «Non ci arrenderemo, io non lascerò il Paese». «Noi non li abbiamo attaccati – ha detto Gheddafi riferendosi ai Paesi Nato – né abbiamo oltrepassato i loro confini: perché allora ci stanno attaccando? Paesi che ci attaccate, fateci negoziare con voi. Il cancello della pace è aperto». Gheddafi ha sfidato la comunità internazionale a «trovare mille morti in questo conflitto, negando attacchi contro la popolazione civile. E se non ci sarà la pace «il popolo libico non si arrenderà: libertà o morte. Nessuna resa, nessuna paura, nessuna partenza» ha avvertito il rais ribadendo la propria intenzione di non lasciare il Paese: «Nessuno può obbligarmi a farlo o dirmi che non devo combattere per la Libia». «Non possiamo combatterci l’un l’altro». Rivolto ai ribelli, settimane fa definiti «ratti», il colonnello ha sottolineato che «non possiamo combatterci l’un l’altro, siamo una sola famiglia», ribadendo che le forze di Tripoli stanno dando battaglia ai «terroristi arrivati da Algeria, Tunisia, Egitto e Afghanistan». Bombe Nato vicino al luogo dell’intervista di Gheddafi. La Tv di Stato libica ha annunciato che, mentre il rais parlava, un edificio adiacente era stato bombardato dalla Nato, un segno che l’emittente ha interpretato come un tentativo di eliminare «il leader della rivoluzione». Gli insorti libici non si fidano della disponibilità al cessate il fuoco manifestata da Gheddafi. «Non crediamo che Gheddafi possa veramente rispettare un cessate il fuoco – ha detto Abdel Hafiz Ghoga, portavoce dei ribelli, in collegamento telefonico con l’emittente satellitare al Jazeera – Non lo ha fatto finora, violando tutte le risoluziioni Onu e continuando a bombardare città come Misurata». «Servono fatti, non parole»: così la Nato risponde alla richiesta di Gheddafi di avviare negoziati. Le operazioni «proseguiranno fino a quando gli attacchi e le minacce contro i civili non finiranno». Il regime di Gheddafi, osservano al quartier generale di Bruxelles, ha annunciato più volte un cessate il fuoco, ma continua ad attaccare le città ed i civili. «Appena poche ore prima della richiesta di tregua avanzata dal colonnello Gheddafi – ricorda un alto funzionario dell’Alleanza – le sue forze hanno bombardato indiscriminatamente Misurata uccidendo molte persone, tra cui anche bambini». Inoltre, il regime ha tentato di minare il porto di Misurata per bloccarne l’accesso ai convogli umanitari. «Tutto ciò deve finire – sottolineano alla Nato – e deve finire adesso». Ogni cessate il fuoco o tentativo di cercare una soluzione pacifica «deve essere credibile e verificabile» e deve aprire la strada a una soluzione che risponda alla legittima domanda di riforme politiche proveniente dalla popolazione libica. La risoluzione Onu 1973, si ricorda al quartier generale Nato di Bruxelles, chiede esplicitamente la fine degli attacchi e di ogni abuso contro i civili.

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