Inaugurazione del Nuovo Presepe Napoletano al Museo Correale di Sorrento

25 novembre 2024 | 09:36
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di lucio esposito

articolo aggiornato dagli inviati di Positanonews con video e interviste

Il Presepe del Museo Correale: La Miniaturizzazione Barocca e l’Eccellenza Artigianale del Settecento

Al Museo Correale di Sorrento, la presentazione del presepe settecentesco rappresenta un’immersione nella vera essenza dell’arte barocca napoletana, dove la miniaturizzazione scenografica raggiunge livelli di eccellenza senza pari. Il presepe, inteso non solo come rappresentazione sacra ma come documento storico e artistico, incarna la volontà barocca di riprodurre il reale con precisione estrema, usando materiali che restituiscono texture e proporzioni anatomicamente perfette.

La Perfezione Tecnica dei Pastori

Uno degli aspetti più straordinari è il livello di dettaglio raggiunto nella creazione dei pastori. Questi, realizzati in botteghe specializzate attraverso una vera e propria catena artigianale, si distinguono per l’estrema fedeltà anatomica. Ad esempio, le teste dei pastori, spesso di pochi centimetri, mostrano occhi costruiti partendo dalla pupilla per poi aggiungere strati successivi, dalla sclera ai dettagli più minuti.

Le botteghe si dividevano il lavoro: l’artista principale modellava una figura base, da cui si ricavavano calchi riadattati e arricchiti da altre mani. Questo spiega perché molte opere non siano firmate, ma possano essere attribuite a specifiche scuole o maestri grazie all’analisi dei dettagli stilistici.

Vestiti e Documentazione Storica

Uno degli elementi distintivi del presepe napoletano è la rappresentazione dei costumi dell’epoca. Contrariamente all’attesa che i pastori indossassero abiti orientali, coerenti con l’ambientazione della Natività, i personaggi del presepe napoletano sono abbigliati con gli stessi vestiti che si vedevano per strada nel XVIII secolo.

Questi costumi non sono solo decorativi, ma veri documenti storici. Ogni abito riflette la classe sociale e l’origine geografica del personaggio: dalla borghese di Procida alla popolana napoletana, ogni dettaglio racconta un’intera società stratificata. Per esempio, i tessuti venivano creati con telai in miniatura per riprodurre fedelmente le trame e i motivi floreali in voga nel Settecento, evitando sproporzioni.

Il Fascino dell’Oriente nei Presepi

Un altro aspetto affascinante è la rappresentazione degli orientali, ispirata all’arrivo dell’ambasciatore turco a Napoli nel 1742. Questo evento segnò un punto di svolta culturale: i turchi, inizialmente temuti come nemici, divennero simboli di eleganza e lusso. I Magi e il loro seguito nel presepe napoletano sono raffigurati in abiti alla turca, con sete pregiate, gioielli e armi ornate, riflettendo l’entusiasmo per l’Oriente che aveva pervaso la cultura europea dell’epoca.

Un’Arte Enciclopedica e Universale

Il presepe napoletano non è solo un’opera d’arte, ma una testimonianza enciclopedica. Ogni elemento, dagli abiti ai dettagli architettonici, è frutto di un ragionamento complesso e di una ricerca approfondita. Esso rappresenta una società codificata, in cui ogni personaggio ha un ruolo preciso e riconoscibile, rendendo il presepe non solo una celebrazione della Natività, ma anche un ritratto vivente del Regno di Napoli del Settecento.

Con il suo intreccio di arte, storia e scienza, il presepe esposto al Museo Correale diventa una finestra su un mondo passato, capace di stupire e incantare ancora oggi con la sua perfezione tecnica e il suo profondo significato culturale.

Il Presepe Napoletano: Capolavoro Artistico e Scrigno di Cultura Settecentesca

Il presepe napoletano è una delle massime espressioni artistiche e culturali del Settecento italiano, un microcosmo che combina arte, tradizione e teatro in una rappresentazione minuziosa e simbolica della Natività. Le figure, le scenografie e i dettagli del presepe non sono semplici elementi decorativi, ma veri e propri documenti di un’epoca, capaci di raccontare una storia che va oltre il sacro, immergendosi nel quotidiano e nell’universo teatrale partenopeo.

La Moda e il Realismo nei Pastori

Un aspetto affascinante del presepe napoletano è la fedeltà con cui riflette la moda e i costumi del tempo. Le figure dei pastori, spesso commissionate a grandi artisti come Giuseppe Sanmartino o Francesco Celebrano, riproducono con precisione maniacale i dettagli degli abiti settecenteschi. Persino i pizzi delle camicie, come quelli “alla spagnola”, sono realizzati in miniatura con una fedeltà che stupisce. Questo realismo non è casuale, ma il frutto di un’attenzione al dettaglio che trasforma il presepe in una testimonianza storica.

Il confronto con opere pittoriche dell’epoca, come quelle di Caravaggio o Traversi, evidenzia ulteriormente la cura nella trasposizione della realtà quotidiana: dalla contadina con la camicia alla spagnola al pastore con i pantaloni ricamati, ogni figura rappresenta un frammento vivo del Settecento.

Scultura Monumentale in Miniatura

Un altro elemento che rende unico il presepe napoletano è la monumentalità delle figure, che, nonostante le dimensioni ridotte, mantengono una presenza artistica pari a quella di grandi sculture. Le proporzioni, i dettagli anatomici e l’imponenza delle pose conferiscono ai pastori un valore che trascende la loro scala, rendendoli autentiche opere d’arte.

La Scenografia: Un Teatro in Miniatura

Accanto ai pastori, la scenografia del presepe ricopre un ruolo fondamentale. Nel Settecento, i presepi occupavano spazi immensi, talvolta fino a 400 metri quadrati, con montagne, città e paesaggi ricostruiti in modo spettacolare. Non mancavano anacronismi, come la riproduzione di monumenti di Napoli, che inserivano elementi del contemporaneo in un contesto sacro.

Questa teatralità è parte integrante del presepe, che si sviluppa come un’opera buffa napoletana, con ruoli codificati e scene simboliche. Dalla Natività, con le tre adorazioni degli angeli, dei pastori e dei Magi, alla taverna, luogo di peccato e abbondanza, ogni elemento è carico di significati culturali e religiosi.

I Grandi Presepi Storici

I grandi presepi storici, come quello di Cuciniello o la collezione del Principe di Schit, oggi custodita in parte a Maiorca, testimoniano l’importanza di questa tradizione. Anche musei prestigiosi come il Metropolitan Museum di New York e il Prado di Madrid conservano presepi napoletani nelle loro collezioni, riconoscendone il valore artistico e storico.

Un’Opera Totale

Il presepe napoletano è molto più di una rappresentazione religiosa. È un’opera d’arte totale, un condensato di scultura, pittura, moda e teatro che offre una visione unica della cultura settecentesca. Oggi, ogni presepe rappresenta non solo un atto di celebrazione natalizia, ma anche un contributo alla preservazione e alla comprensione di un’epoca straordinaria.

In questo senso, allestire un presepe napoletano in un museo o in una casa significa non solo onorare una tradizione, ma anche partecipare a un dialogo culturale e storico che continua a vivere e affascinare il mondo.

La Pastorale di Laura Cuomo: Una Melodia di Speranza e Condivisione

La pastorale composta da Laura Cuomo e interpretata con intensità da Gabriele Iaconis, su musiche del Maestro Luigi Di Maio, è un inno alla condivisione e all’amore universale. La melodia, intrisa di emozioni, si intreccia con un testo che celebra i valori fondamentali dell’umanità: la solidarietà, la generosità e la ricerca della felicità attraverso il dono reciproco.

Un Messaggio di Amore e Rinascita

Le parole della pastorale toccano corde profonde, invitando l’ascoltatore a riflettere sul significato autentico della ricchezza. Non si parla di beni materiali, ma di tesori spirituali: l’amore, l’empatia e la capacità di condividere anche quel poco che si possiede.

La canzone ripete un messaggio chiaro: “L’unica salvezza è l’amore”. Questo amore, descritto come una luce che illumina la notte, è l’elemento che può trasformare la povertà in ricchezza, un gesto in una carezza, e un cuore chiuso in un tesoro inestimabile.

Una Performance Intensa

La voce di Gabriele Iaconis, calda e avvolgente, porta in vita le parole di Laura Cuomo, amplificandone l’impatto emotivo. L’interpretazione è stata capace di trasmettere non solo il significato letterale delle parole, ma anche il loro profondo contenuto spirituale, creando un’atmosfera di intima connessione con il pubblico.

Un Inno alla Solidarietà Natalizia

La pastorale si inserisce perfettamente nel contesto del Natale, periodo simbolico di rinascita e condivisione. La melodia, semplice e accattivante, è accompagnata da un ritmo che invita alla riflessione e, allo stesso tempo, trasmette speranza.

“Condividere quello che hai è l’unica strada alla felicità”: questa frase si ripete come un mantra, ricordando che l’amore per l’umanità è la chiave per una vera rinascita personale e collettiva.

Un Messaggio Universale

L’opera di Laura Cuomo non si limita a essere una pastorale natalizia, ma assume un significato universale. È un invito ad abbracciare l’altro, a superare le paure e a vivere con il cuore aperto, riconoscendo che nella generosità si trova la vera ricchezza.

Questa pastorale è più di una canzone: è un messaggio di speranza e un invito all’umanità a riscoprire se stessa attraverso l’amore.

https://www.youtube.com/watch?v=ezFZVw-v9jM


Il Presepe del Museo Correale: Una Serata di Tradizione e Innovazione con il Vicedirettore Andrea Fienga

Una serata magica al Museo Correale di Sorrento, dove il presepe storico della collezione si è svelato al pubblico in una nuova e spettacolare veste. Il vicedirettore del museo, Andrea Fienga, ha condiviso emozioni e dettagli di questo progetto che ha riportato in vita i pastori, trasformandoli in protagonisti di un’opera d’arte unica.

Un Nuovo Allestimento per una Tradizione Antica

“Abbiamo curato un presepe che è veramente un’opera d’arte,” ha dichiarato Fienga, visibilmente soddisfatto. Il presepe, esposto in modo permanente nella sua nuova configurazione, rappresenta una sintesi di storia, arte e tradizione. “Prima i pastori erano esposti in maniera più semplice, ma ora, grazie a un accurato lavoro di allestimento, hanno preso vita su uno scoglio,” ha spiegato, utilizzando il termine che evoca la tradizione napoletana del presepe ambientato su paesaggi naturalistici.

Donazioni e Generosità che Arricchiscono il Museo

Il presepe esposto deve molto alla generosità delle famiglie che, nel corso degli anni, hanno donato pezzi straordinari. “I pastori appartengono prevalentemente alla donazione di Pompeo Correale, con ulteriori contributi del cognato Cavaselice e della Marchesa Carignani,” ha ricordato Fienga.

Tra le donazioni più recenti spicca la natività offerta dalla famiglia Ferrara, un elemento essenziale per completare l’allestimento odierno. Fienga ha sottolineato anche la bellezza di un’altra donazione importante: i pastori in corallo di Donna Paola Giancar Montuori, esposti separatamente per il loro valore unico e distintivo.

Un Lavoro di Recupero Storico

Dietro le quinte, il museo è impegnato in un attento lavoro di recupero e catalogazione. “Stiamo facendo una revisione degli inventari e recuperando informazioni che, con il passare degli anni e il cambiare delle persone, si erano un po’ perse,” ha raccontato Fienga, definendosi scherzosamente un “piccolo grande topo d’archivio.”

Un Presepe che Si Completerà

Se il presepe attuale già incanta, Andrea Fienga sogna un ulteriore arricchimento. “Ci manca una cosa: gli angeli. Speriamo che qualche benefattore voglia donarci figure angeliche che possano scendere dal cielo e coronare la capanna,” ha detto con un sorriso.

Un Successo di Pubblico

La serata si è conclusa con un successo di partecipazione. Visitatori in fila per le tradizionali zeppoline e tanta curiosità per un’esposizione che rinnova il fascino del presepe napoletano.

“È stata una bellissima serata,” ha concluso Fienga, grato per la partecipazione e l’affetto dimostrati dai presenti. Questo nuovo allestimento, che unisce tradizione e modernità, è destinato a diventare uno dei punti di forza del Museo Correale, celebrando l’arte e la cultura che il presepe rappresenta.


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Sorrento, 24 novembre 2024 – Si accendono i riflettori sul Museo Correale di Sorrento, che si prepara a inaugurare il nuovo allestimento del suo celebre Presepe Napoletano. L’evento, previsto per il 24 novembre alle ore 17:30 nella suggestiva Sala degli Specchi, si inserisce all’interno del ciclo “Conversazioni d’arte al Correale”, una rassegna culturale dedicata alla celebrazione del patrimonio artistico locale.

Il protagonista dell’appuntamento sarà Carmine Romano, Curatore e Consulente del MIC, che presenterà il nuovo allestimento del presepe, simbolo della tradizione artistica e spirituale napoletana.

Saluti istituzionali e interventi di rilievo

L’evento sarà inaugurato dai saluti del Sindaco di Sorrento, Massimo Coppola, e del Presidente del Museo Correale, Gaetano Mauro, che sottolineeranno l’importanza del progetto per la promozione del patrimonio culturale del territorio.

Tra i protagonisti della serata, interverranno:

  • Giuliana Pegge, Presidente dell’Associazione “Le Amiche del Museo Correale”, sponsor del nuovo allestimento e sostenitrice della valorizzazione del presepe.
  • Giuseppe Ercolano, curatore del nuovo allestimento, che illustrerà le scelte artistiche e narrative che hanno guidato il progetto.

A fare da moderatrice sarà Costanza Martina Vitale, che accompagnerà il pubblico alla scoperta delle novità legate all’opera presepiale.

Musica e tradizione

La serata culminerà con l’esibizione di Gabriele Iaconis, che canterà l’inedita Pastorale per il Museo Correale, composta dal Maestro Luigi De Maio con testo in collaborazione con Laura Cuomo. Un momento musicale esclusivo, che intreccia tradizione e innovazione.

Al termine dell’incontro, sarà offerta una zeppolata augurale, per celebrare insieme l’inizio delle festività natalizie, con ingresso gratuito su prenotazione fino ad esaurimento posti.

Un evento tra arte e comunità

Questo appuntamento rappresenta un’opportunità per la cittadinanza e i visitatori di immergersi nella storia e nell’arte del presepe napoletano, un elemento centrale della cultura locale. Grazie al sostegno della Regione Campania e al lavoro delle istituzioni coinvolte, il Museo Correale riafferma il suo ruolo di punto di riferimento per la valorizzazione delle tradizioni artistiche di Sorrento.

Per maggiori informazioni sull’evento, è possibile visitare il sito ufficiale del Museo Correale: www.museocorreale.it.


Nota: Prenotazione consigliata per garantire l’accesso alla sala. Non perdete l’occasione di vivere un momento di grande cultura, arte e tradizione!

FOTO DI SALVATORE DE STEFANO

Il Presepe del Museo Correale: I Pastori del Settecento sullo Scoglio della Tradizione

Nel cuore del Museo Correale di Sorrento, ritorna con una nuova installazione il Presepe Napoletano, capolavoro dell’arte presepiale del Settecento. Questa straordinaria collezione di pastori, finalmente sistemata su uno “scoglio” scenografico, racconta una storia di fede, tradizione e maestria artigianale che ha attraversato i secoli.

La Collezione: Testimonianza della Grande Arte Napoletana

La collezione di pastori del Museo Correale vanta opere dei più celebri maestri napoletani del XVIII secolo, tra cui Matteo Bottiglieri, Francesco Celebrano, Lorenzo Mosca e il leggendario Giuseppe Sammartino, autore del Cristo Velato della Cappella Sansevero. I pastori, realizzati con materiali come terracotta policroma, legno scolpito e stoffe pregiate, incarnano il gusto barocco e l’attenzione al dettaglio che contraddistinguono la scuola presepiale napoletana.

Ogni figura è un microcosmo di realismo e simbolismo: dai rustici adoranti ai portatori orientali, dagli zampognari agli animali policromi, ogni dettaglio è curato per raccontare la Natività in tutta la sua profondità spirituale e culturale.

Tra le opere più significative:

  • Ciaramellaro e Rustico adorante di Giuseppe Sammartino, capolavori che catturano l’intensità emotiva della scena.
  • Cani policromi e altri animali di Nicola Vassallo, che aggiungono un tocco di realismo al presepe.
  • Zampognaro soffiante di Matteo Bottiglieri e le affascinanti figure zingaresche di Francesco Cappiello, che testimoniano la varietà dei personaggi presenti nella rappresentazione.

Il Presepe degli Artigiani Sorrentini: Tradizione e Innovazione

Un Patrimonio da Scoprire

Il Presepe del Museo Correale non è solo una rappresentazione della Natività, ma un viaggio nella cultura e nell’arte di un’epoca. Grazie a donazioni e acquisizioni, come la Natività in scarabattola offerta nel 2006 dalla famiglia Ferraro, la collezione è cresciuta nel tempo, consolidando il suo prestigio nel panorama dell’arte presepiale.

Gaetano Mauro, presidente del Museo, ha espresso grande soddisfazione per il ritorno del presepe: «Quest’anno abbiamo dedicato uno spazio maggiore a quest’opera straordinaria, rendendola ancor più suggestiva e coinvolgente per i visitatori.»

Un Simbolo di Identità e Tradizione

Il presepe napoletano non è solo una tradizione natalizia, ma un patrimonio culturale che racconta storie di artigiani, di fede e di creatività. Ogni pastore, con il suo sguardo, il suo gesto e il suo abito, è una finestra su un mondo che vive di emozioni, valori e memorie.

Il Museo Correale invita tutti, sorrentini e visitatori, a immergersi in questa atmosfera unica, celebrando insieme la bellezza senza tempo del Presepe Napoletano. Una visita al Museo è un’occasione per scoprire un tesoro nascosto, dove l’arte diventa un ponte tra passato e presente, tra tradizione e innovazione.

Le foto dei singoli pastori tratte dal libro “I pastori napoletani del settecento nelle collezioni sorrentine” – Franco Di Mauro 1993, sono di Gianfranco Capodilupo.

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GIUSEPPE ERCOLANO dal libro I MAESTRI DEL PRESEPE   LA REPUBBLICA  GUIDA EDITORI

pescatori sui gozzi Mariella Parmendola Un pastore dallo sguardo sofferto di chi lavora dura- mente e dorme poco. Le guance leggermente scavate e il co- lorito rossastro per le molte ore al sole. Inconsapevole prota- gonista della storia della cristianità e del presepe firmato da Giuseppe Ercolano. Indossa abiti semplici, dalle antiche la- vorazioni, che riprendono le tecniche di cui erano esperte madri e mogli nel Settecento, con i bottoni d’argento. Cuciti a mano dalle sarte della penisola sorrentina scelte dal prese- pista per vestire i protagonisti delle sue opere. In modo da ottenere l’effetto originale. Con la cura di ogni particolare ri- servata allo stesso modo ai vestiti pregiati dei Re Magi, i cui mantelli in seta sono realizzati con stoffe arrivate da Como. II giallo paglierino, il blu notte e un rosso verso l’amarena ri- chiamano l’eleganza delle Corti dei Sultani. Nella trama i di- segni tipici di quelle importate nel medioevo dall’Oriente. Perché, spiega l’artista, il presepe napoletano è come “un grande spettacolo teatrale dove accanto alla Natività trovia- mo episodi della nostra storia”. Guardare da questo punto di vista ad ogni scena rappresentata equivale a muoversi in un archivio spinti dalla curiosità di aprire un volume alla volta. Ecco che, capitolo per capitolo, ogni gruppo di figure raccon- ta un episodio della Napoli dalle mille storie. Gli esempi so- no tanti. “La banda del corteo orientale è un omaggio ad un evento del 1741 che colpi molto la fantasia del popolo”. Una citazione dell’età dell’oro del Presepe, quando Carlo III di Borbone cominciò a commissionare pastori ai più impor- tanti artisti del tempo e le famiglie aristocratiche lo segui- rono.

metà dedicati unicamente alla sua arte, avanza viaggiando nel tempo e in luoghi diversi mentre si resta seduti su uno sgabello del suo laboratorio. Un po’ nascosto, in una stradina fuori dal tempo a Meta di Sorrento, nel cuore della penisola sorrentina. Potrebbe raccontare per giorni, passando da un secolo all’altro. Soffermandosi su ogni sua opera che abbrac cia i protagonisti più diversi. “Forse divago troppo”, si ferma, preoccupato quando, attraversando il tempo, si arriva a Don Abbondio e ai due bravi, a cui ha lavorato per un’esposizione sui Promessi Sposi nella villa Museo del Manzoni. Le statuet- te dei tre, il cui incontro scandisce i destini di Renzo e Lucia, sono alle sue spalle. < “Ci sto nuovamente lavorando, a Don Abbondio man- ca ancora il breviario” quasi si scusa. In compenso il prete più pavido della storia della letteratura ha negli occhi la paura motore del romanzo. “Torniamo al corteo musicale” dice poi, girando la clessidra del lungo racconto. Dalle sue parole trova una spiegazione naturale la presenza nel pre- sepe dei musicisti di una banda mether, dai tratti orientali e vestiti sgargianti, in cui a prevalere è l’oro. Con i caratteri- stici strumenti antichi sono la trasposizione artistica del gruppo al seguito del pascià Hagi Hussein, che sfilo nel centro di Napoli accompagnato da ricchi turchi, georgiani, circassi con i loro costumi sfarzosi e la colonna sonora ese- guita dalla banda, la più antica al mondo secondo la tradi- zione orientale. “Per ritornare in modo fedele a quell’epoca scelgo io i disegni delle stoffe, uno alla volta. In ogni aspetto delle mie figure c’è una ricerca”, dice. Come per le mani del pastore sul suo tavolo da lavoro. A cui manca solo qualche dettaglio per essere finito. Realizzate con tale capacità che sembrano pote- re gesticolare da un momento all’altro. Magari per indicare la strada verso Gesú bambino, In una mantiene un bastone a cui appoggiarsi i e l’altra mostra i i segni de della durezza della vita con il gregge. “Le lavoro in legno come i piedi, mentre il resto a partire dai volti è in creta. Cosi non sono mai uguali a quel-

percorso artistico cominciato da giovanissimo. Le mostre e le esposizioni in giro per l’Italia. Giuseppe Ercolano ha scelto la sua strada quando aveva 17 anni. Da solo. In famiglia nessuno è presepista. Iscriven- dosi ad un istituto tecnico di Castellammare di Stabia non immaginava così il suo futuro, non si sarebbe mai visto su uno sgabello intento a regalare l’espressione giusta a San Giuseppe o al bambino impegnato a giocare davanti alla sua umile casa tra le dimore dei pescatori. “Sono sempre stato affascinato dalla materia e il presepe mi è apparso come un mondo in tre dimensioni. Reale. Un panettone appoggiato su un tavolo ti fa sembrare di essere li. Non come un quadro che guardi ammirato. Così è scattata la scintilla. Ho scoperto di avere una buona manualità. Anche se penso sia lo spirito di inventiva la dote essenziale”. Se si guarda alle spalle Ercolano ritrova le difficoltà su- perate per arrivare al prestigio di oggi: “All’inizio non è stato facile. Non avevo soldi e partivo da zero. Adesso partendo dalla mia esperienza vorrei che il messaggio affidato ad ogni mia creatura arrivi soprattutto ai giovani. I valori delle mie opere vanno tramandati ai ragazzi che vivono in una società egoista. A loro voglio dire che debbono avere maggiormente fiducia nelle loro potenzialità. E che la capacità e versatilità nei campi dell’arte possono diventare motivo di sostenta- mento della propria vita e famiglia”. Come Ercolano dimostra. Sperimenta ogni giorno come sia la prima volta, lasciando anche alla contemporaneità di irrompere nel presepe, a patto che conservi la sacralità rega- lata dalla storia. Come quando ha realizzato Mario Merola per un regalo al figlio Francesco in occasione del suo matri- monio. O una coppia di gemelli che il padre quest’anno vuole inserire nel presepe. “Spesso mi vengono commissionati questo tipo di lavori. Un medico ha voluto rappresentare l’in- tera sua famiglia”. Un innesto del presente sulla storia che per Ercolano non lo porta fuori dal tracciato della tradizione, sui cui binari intende restare. “Se si guarda con occhio attento si

le del personaggio precedente. Seguo le indicazioni arrivate dal passato, racconta il maestro svelando con semplicità i segreti della sua arte. “L’alternanza legno e creta deriva da esigenze pratiche. I piedi e le mani sono più a rischio durante il trasporto o quando il presepe viene riposto in scatoli a ca- sa, perciò si preferisce il materiale più resistente”. In ognuna delle scelte dell’artista c’è anche la saggezza dell’esperienza dei maestri a cui si è avvicinato da autodidatta. “Mi sento un artigiano che si muove nel solco della tradizione, anche se poi mi accorgo che ad un certo punto della creazione è im- possibile non seguire la mia di strada. Realizzando ogni figu- ra con la mia sensibilità. Ogni opera parla di chi l’ha fatta, anche le mie”. E per- ció ogni suo pezzo è unico. Nel laboratorio è tutto come fermo nel tempo. La tecnologia ha trovato la porta chiusa. “lo sperimento con la materia. In questa fase sto lavorando il bronzo. Un pulcinella sta prendendo forma mentre seguo ogni passaggio, anche quanto avviene in fonderia. Le tecni- che sono quelle ereditate dagli artigiani che nel Settecento lavoravano per i Borbone. Certo il 3D oggi rende possibile quello che ieri era inimmaginabile, ho visto opere tridi- mensionali molte belle. Ma per me ogni pastore deve essere una creazione a sé. Ci rivedo le ore di lavoro che gli ho dedi- cato” spiega l’artista. “Sono un purista, mi piace il pastore antico. Se Goethe definiva un gioco le creazioni dei presepi- sti, penso si sbagliasse. lo non mi sento interprete di un’arte minore”. Erede di una tradizione che non gli arriva da genitori e nonni, bensi dalla passione scoperta quasi per caso. Giova- ne, esponente dell’ultima generazione di artigiani, amico di Peppe Barra e con la soddisfazione di avere incontrato Papa Francesco. Una sua foto con il Pontefice Bergoglio lo ritrae mentre sorride con timidezza, proprio allo stesso modo di quando a voce bassa si schernisce: “Dicono sia un esperto nel realizzare gli animali. Tocca, però, ad altri esprimere un giudizio su quello che faccio, non a me”. Parla, infatti, il suo

possono scorgere volti di personaggi in presepi storici che non sono pastori. Omaggi dell’artista al suo tempo”, spiega, svelando un segreto, di cui solo gli esperti si accorgono. E che attualizzano ogni presepe, rendendolo diverso dagli altri. Nei suoi, ad esempio, molte le aperture alla penisola sorren- tina. Nella casa di Peppe Barra ha realizzato un teatrino con la rappresentazione della Cantata dei pastori. Ci sono tutti. Razzullo, Sarchiapone, i diavoli, l’oste. Racconta Barra in una prefazione dedicata a Ercolano: “Nel 2003 gli ho commissio- nato un’opera che ricreasse la magia del quadro finale, La na- scita del Verbo Umanato. Da allora la espongo per la durata di ogni mia rappresentazione. Mi piace che il pubblico sco- pra in ogni viso, sguardo, movimento armonioso delle statu- ine, il suo Natale. Perché il mondo sospeso del presepe è l’in- canto della rinascita”. Nel laboratorio a Meta di Sorrento, senza nessuna vetri- na sulla strada, arrivano richieste da ogni parte del mondo e dagli scaffali impolverati, su cui si poggiano i residui dei vari materiali utilizzati, i suoi personaggi sembrano parlare di un pezzo della storia della penisola sorrentina. Richiamando le memorie, di cui difficilmente si trova traccia nelle grandi cit- tà come Napoli e che rivivono, invece, in piccoli borghi. “Nel mio presepe trova posto la Quaresima”. Aneddoti e rituali che prendono forma uscendo dall’ombra del passato per tor- nare alla luce dell’attualità, per decisione di chi li plasma con i suoi attrezzi fuori dal tempo. Cosi il personaggio rievoca la sua storia tramandata dai nonni ai nipoti nelle famiglie del posto. Eccolo il vecchio pu- pazzo dai tratti di una strega, fatto con i fili di paglia e vestito di stoffa nera, che si usava appendere fuori al balcone. Un calendario personificato, visto che attaccate ad una patata porta sei penne di gallina nere e una bianca. Da tirare una ogni domenica fino a quella di Pasqua, particolarmente atte- sa dalle ragazze che guardavano con simpatia al pupazzo perché, arrivate al termine della Quaresima, potevano ri- prendere a uscire di casa e soprattutto a cercare marito “So-

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