Portici, 20 giugno 2025 – La Sala Cinese dell’Università degli Studi di Napoli Federico II a Portici ha ospitato oggi la Giornata di Studi “Il Real Sito di Portici – Ricerche, restauri e prospettive”, un evento di grande rilevanza scientifica e culturale che ha acceso i riflettori su uno dei più significativi siti reali borbonici della Campania. L’iniziativa ha offerto un’occasione preziosa per fare il punto sui progressi nella ricerca, sui cantieri di restauro in corso e sulle future strategie di valorizzazione di questo inestimabile patrimonio.
L’incontro, che ha visto la partecipazione di istituzioni di primissimo piano nel panorama culturale nazionale, ha sottolineato l’importanza del Real Sito di Portici come eccezionale esempio dell’architettura reale settecentesca e sede del primo museo ercolanense.
Saluti istituzionali e un parterre d’eccezione
La giornata è stata inaugurata dai saluti istituzionali di figure di spicco del mondo accademico, culturale e amministrativo. Tra gli intervenuti, il Rettore dell’Università Federico II Matteo Lorito, il Sindaco della Città Metropolitana di Napoli Gaetano Manfredi, il Soprintendente per l’Area Metropolitana di Napoli Mariano Nuzzo, e il Sindaco di Portici Vincenzo Cuomo. La loro presenza ha evidenziato il forte impegno congiunto delle istituzioni nella tutela e valorizzazione del patrimonio culturale del territorio.
Un viaggio tra storia, architettura e innovazione
La giornata di studi si è articolata in quattro sessioni tematiche, offrendo un percorso approfondito che ha spaziato dalla storia dei siti reali borbonici alle più moderne tecniche di restauro. Particolare enfasi è stata posta sull’eredità di Luigi Vanvitelli e sulla sua influenza sull’architettura della Federico II, così come sul legame indissolubile tra la Reggia e l’antico museo ercolanense.
Interventi mirati hanno analizzato il ruolo del Real Sito come villa vesuviana del “miglio d’oro” e le strategie innovative per il restauro e la valorizzazione del patrimonio borbonico. Si è discusso del restauro del Fortino di Ferdinando IV e delle analisi sul Gabinetto dorato della Regina, testimonianze dello splendore del tardobarocco.
Una sessione specifica è stata dedicata ai cantieri di restauro in corso, con la presentazione degli interventi sui saloni dell’ala nord-est della Reggia, sullo scalone monumentale e sulla Galleria del piano nobile. Questi progetti sono stati presentati come esempi virtuosi di come l’innovazione tecnologica possa coniugarsi armoniosamente con il rispetto della tradizione storica.
Arte e convivialità per un dialogo costruttivo
A corollario delle presentazioni scientifiche, la giornata è stata arricchita dall’inaugurazione di una mostra fotografica di Giovanni Genova, che ha offerto una prospettiva artistica contemporanea sul patrimonio storico della Reggia. Un momento conviviale con un light lunch ha favorito il dialogo e lo scambio tra studiosi, istituzioni e operatori del settore, creando un ambiente propizio per future collaborazioni.
Il Real Sito di Portici, prima residenza reale voluta da Carlo di Borbone nel 1738 e cuore pulsante della corte borbonica, continua a essere oggetto di importanti interventi di restauro e valorizzazione. Questa Giornata di Studi ha rappresentato un’occasione cruciale per delineare le strategie future per la conservazione di questo straordinario patrimonio, coinvolgendo tutti gli attori istituzionali e scientifici impegnati nella sua tutela. L’evento ha ribadito il valore inestimabile del Real Sito di Portici, un unicum nel panorama dei beni culturali campani, e il costante impegno per restituirgli l’antico splendore.
PROGRAMMA
Saluti istituzionali
Matteo Lorito
Rettore Università degli Studi di Napoli Federico II
Gaetano Manfredi
Sindaco Città Metropolitana di Napoli
Danilo Ercolini
Direttore Dipartimento di Agraria
Luigi La Rocca
Capo Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale
Mariano Nuzzo
Soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli
Stefano Mazzoleni
Direttore Museo delle Scienze Agrarie
Paola Costa
Dirigente Città Metropolitana di Napoli
Vincenzo Cuomo
Sindaco di Portici
Gennaro Miranda
Presidente Fondazione Ente Ville Vesuviane
Lorenzo Capobianco
Presidente OAPPC Napoli
Sessione 1 – I siti Reali
chair Serena Borea
Renata Picone
Presidente Sira – Università degli Studi di Napoli Federico II
Siti reali borbonici. Nuove strategie per il restauro e la valorizzazione
Alessandro Castagnaro
Università degli Studi di Napoli Federico II
Luigi Vanvitelli dalla Reggia di Portici alle sedi della Federico II
Fabio Mangone
Università degli Studi di Napoli Federico II
Fuga a Portici
Massimo Visone
Università degli Studi di Napoli Federico II
La fortuna iconografica del Palazzo Reale di Portici
Sessione 2 – Il Real Sito di Portici, villa vesuviana del miglio d’oro
chair Mariano Nuzzo
Serena Borea
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli
Conservare per continuare a conoscere. L’impegno della Soprintendenza per il restauro, la tutela e la valorizzazione del Real Sito
Marco De Napoli
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli
“Conoscere pe tutelare”. La vestizione del vincolo culturale per strategie di tutela e valorizzazione del Real Sito di Portici
Valentina Russo
Università degli Studi di Napoli Federico II
“In oppugnandis propugnandisque opidis tirocinio”: riflessioni per il restauro del Fortino di Ferdinando IV nella Reggia di Portici
Andrea Pane – Damiana Treccozzi
Università degli Studi di Napoli Federico II- Scuola Superiore Meridionale / Museo Archeologico Nazionale di Napoli
La Reggia di Portici tra apogeo del tardobarocco e istanze di rinnovamento stilistico: il caso del Gabinetto dorato della Regina tra conoscenza e conservazione
Light Lunch
Inaugurazione mostra fotografica di Giovanni Genova
presentazione di Francesca Stopper
Sessione 3 – La Reggia e il museo ercolanense
chair Stefano Mazzoleni
Francesco Sirano
Direttore Parco Archeologico di Ercolano
Ercolano 1738 dallo scavo alla musealizzazione
Elena Manzo
Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli
Genesi di una residenza reale tra Storia, Architettura e Archeologia
Luca di Franco
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli
Prima e dopo l’Herculanense Museum. La Reggia di Portici e l’antico
Domenico Camardo, Mario Notomista
Packard Humanities Istitute / Istitute Packard per i Beni Culturali
La villa romana delle scuderie del Palazzo Reale di Portici e le ville del territorio ercolanese
Sessione 4 – I cantieri in corso e prospettive future
chair Luigi Veronese
Brunella Como
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli
Il restauro dei saloni dell’ala nord est della Reggia di Portici, già appartenenti alla Villa del Conte di Palena
Palma Maria Recchia
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli
Tracce ritrovate: interventi di restauro nell’ultimo quinquennio
Valeria Fusco
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli
Il restauro dello scalone della Reggia. Interventi di conservazione e innesti contemporanei per un nuovo ingresso all’area museale
Giuseppe Napolitano, Gerardo Puca, Clea Martone
Città Metropolitana di Napoli
Interventi di restauro alla Reggia curati dalla Città Metropolitana di Napoli. Dalla Galleria del piano nobile alle scuderie
Il discorso del Presidente dell’Ente Ville Vesuviane, nel quale si evidenzia la sua visione strategica per la valorizzazione del Real Sito di Portici e del patrimonio delle Ville Vesuviane.
Nel suo intervento, il Presidente ha sottolineato diversi punti chiave:
In sintesi, il discorso del Presidente dell’Ente Ville Vesuviane è un appello a una collaborazione sinergica e strategica, con un forte focus sul coinvolgimento della comunità locale, in particolare dei giovani, e sulla valorizzazione del patrimonio non solo materiale ma anche immateriale delle Ville Vesuviane, riconosciute come l’identità profonda di questo territorio straordinario.
Portici, 20 giugno 2025 – Nel contesto della Giornata di Studi “Il Real Sito di Portici – Ricerche, restauri e prospettive”, la relazione presentata da Andrea Pane e Tagliacozzi ha gettato nuova luce su uno degli ambienti più intimi e meno conosciuti della Reggia: il Gabinetto Dorato della Regina. Questa ricerca dettagliata, frutto di un lavoro approfondito all’interno dello stesso dipartimento, ha permesso di riscoprire un “piccolo ambiente” dell’originario Palazzo Caramanico, inglobato e poi nobilitato dalla Reggia borbonica, rivelando aspetti di grande interesse architettonico e decorativo.
La ricerca si concentra su un salotto a pianta quadrata con volta a vela, completamente stuccato e dorato, che rappresenta un singolare esempio di stile tardo-barocco all’interno di un complesso edilizio che, nella sua veste generale, si caratterizza per l’austera impronta romana degli architetti borbonici. Come sottolineato dai relatori, le maestranze locali impiegate nella Reggia hanno lasciato un’impronta distintiva negli apparati decorativi, ben visibile in questo ambiente.
Situato al piano nobile, nell’area dell’ex Villa Caramanico, il Gabinetto Dorato è stato oggetto di attente indagini documentarie, che hanno rivelato come per la sua realizzazione siano stati persino “sfondati i soffitti” preesistenti per creare il piano nobile che avrebbe raccordato le varie parti del palazzo.
Nonostante la sua straordinaria importanza storica e artistica, il Gabinetto Dorato versa in condizioni conservative critiche. Le immagini presentate, pur non aggiornatissime, mostrano un degrado accelerato negli ultimi 50 anni. Il confronto con le foto pubblicate da De Seta negli anni ’80 evidenzia la scomparsa di alcuni apparati decorativi, soprattutto nella volta, un danno irreversibile avvenuto in pochi decenni, a fronte di una storia ben più remota.
Questo degrado non è un fenomeno recente. Il salotto, come altri ambienti della Reggia, fu addirittura dato in affitto a privati, frazionando la proprietà e compromettendone la conservazione. La richiesta del Soprintendente di sottrarre l’ambiente ai privati e l’arrivo dell’Università hanno contribuito a una maggiore tutela, sebbene il restauro non sia stato immediato.
Il Gabinetto Dorato fu realizzato tra il 1752 e il 1753, con la stuccatura e la successiva doratura. Tuttavia, come emerso dalla ricerca, l’aspetto attuale non è quello originario: l’ambiente ha subito rimaneggiamenti nel decennio francese e, successivamente, con l’Unità d’Italia, soprattutto nelle parti pittoriche figurate. Gli stucchi, invece, sono stati restaurati e conservati, a testimonianza del loro intrinseco valore.
La relazione ha rivelato un dettaglio significativo: l’artista incaricato di dorare gli stucchi fu Vito Caglianza, il quale aveva precedentemente lavorato a Lugo per Tagliacozzi. Questa informazione contribuisce a un quadro più completo del contesto artistico dell’epoca.
Un’analisi dimensionale approfondita ha escluso l’uso di stampi per la realizzazione degli stucchi, nonostante la ripetizione di alcune forme. Le misurazioni hanno rivelato una non perfetta sovrapponibilità degli elementi decorativi, denotando una realizzazione assolutamente artigianale. Questo aspetto è cruciale anche per comprendere le tecniche utilizzate, come la modulazione dei tempi di asciugatura dello stucco, bilanciando una presa non troppo rapida (che renderebbe la pasta poco lavorabile) con una non troppo lenta (che causerebbe il cedimento del corpo per il proprio peso).
Per quanto riguarda la doratura, le ricostruzioni e i confronti hanno evidenziato che quella originaria era una doratura a mordente, con l’utilizzo di strati di minio e ematite su cui veniva stesa la foglia d’oro. Questa tecnica è stata poi replicata in successivi interventi.
La ricerca sul Gabinetto Dorato della Regina non solo arricchisce la conoscenza di un ambiente finora poco esplorato, ma fornisce anche basi scientifiche fondamentali per il prossimo restauro, offrendo ai restauratori informazioni preziose per un intervento rispettoso della storia e della tecnica originaria. Questo studio rappresenta un ulteriore passo verso la piena comprensione e valorizzazione del patrimonio unico custodito nella Reggia di Portici.
Certo, ecco una relazione che riassume gli elementi salienti del discorso di Notomista e Camardo, incentrato sulle ricerche archeologiche nel territorio ercolanese e, in particolare, sulla “reggia sotto la reggia” di Portici.
Portici, 20 giugno 2025 – La presentazione di Notomista e Camardo alla Giornata di Studi “Il Real Sito di Portici – Ricerche, restauri e prospettive” ha offerto una affascinante immersione nel territorio dell’Ercolanese antico, svelando un paesaggio archeologico ben più complesso di quanto l’immaginario collettivo, spesso limitato alla celebre Villa dei Papiri, possa suggerire. I ricercatori hanno messo in luce l’esistenza di una vera e propria “reggia sotto la reggia”, ovvero una villa romana di eccezionale pregio, scoperta e indagata nel XVIII secolo proprio sotto le scuderie del Palazzo Reale di Portici.
La relazione ha preso avvio dalla celebre citazione di Strabone, che descriveva il golfo di Napoli come un’unica, grande città vista dal mare, un concetto che, come sottolineato, conserva una sua attualità anche oggi. Questa continuità urbana è stata ben documentata dalla pianta realizzata da Belloc nell’Ottocento, che visualizza il territorio servito da una strada costiera che collegava Napoli a Pompei e oltre, verso l’area nocerina.
Il cuore della presentazione si è concentrato sul lavoro pionieristico condotto nel Settecento, in particolare da Pietro e Francesco La Vega, figure chiave dell’esplorazione archeologica borbonica. Attraverso un’intensa attività di scavo condotta con pozzi e cunicoli, i La Vega non solo documentarono reperti e strutture, ma realizzarono anche una straordinaria ricostruzione morfologica del paesaggio antico. Con circa un centinaio di pozzi tra San Giorgio e Torre Annunziata, essi studiarono la stratigrafia e mappavano le “vestigia antiche” – ville e altre strutture – individuando sia quelle visibili che quelle ipotizzate nel sottosuolo. Questo lavoro ha rivelato che, oltre a Ercolano e alla Villa dei Papiri, il territorio era costellato di numerose altre residenze, alcune lungo l’attuale “Miglio d’Oro” e altre direttamente sulla costa, suggerendo l’esistenza di due strade parallele, una interna e una litoranea.
Il focus principale è stato dedicato alla villa individuata al numero 4 della mappa dei La Vega: la villa sotto le scuderie della Reggia di Portici. Lo scavo di questa villa iniziò il 13 luglio 1755 e si concluse a ottobre del 1756, durando circa un anno. L’indagine di questo sito avvenne proprio mentre si ingrandivano le scuderie reali (su progetto del Duca di Noia e poi di La Vega), e le fondazioni del nuovo edificio portarono al primo incontro con le strutture antiche.
Inizialmente, il direttore degli scavi, Alcubierre, fu quasi tentato di chiudere le operazioni per la scarsità di reperti mobili rispetto all’abbondanza di statue e oggetti rinvenuti contemporaneamente a Villa dei Papiri. Tuttavia, lo scavo proseguì grazie alla scoperta di numerose pitture e mosaici di altissima qualità. In particolare, il ritrovamento di soglie a mosaico durante lo scavo delle fondamenta suggerì la presenza di un peristilio, spingendo Alcubierre a estendere le indagini anche all’orto circostante.
Le pitture rinvenute in questa villa, ben studiate dal collega Domenico Esposito, sono di qualità elevatissima e si inquadrano nel passaggio tra il Secondo e il Terzo Stile pompeiano. Presentano candelabri elaborati, figure di Amorini e pinakes con scene mitologiche (come Polifemo). Le grandi pareti mostrano schemi decorativi che anticipano il Terzo Stile, con rappresentazioni di santuari (forse dedicati ad Apollo, con Diana e un cane).
La qualità artistica di queste decorazioni è paragonabile a quella della Villa dei Papiri, indicando una committenza d’élite che si affidava a officine con modelli provenienti da Roma. Sono stati presentati confronti diretti con pitture dello studiolo di Augusto sul Palatino e della Villa della Farnesina, elementi che non si ritrovano né a Ercolano città né a Pompei, suggerendo che si trattava di botteghe specializzate in grandi residenze e palazzi.
La ricerca si sta ora concentrando sulla ricostruzione del contesto di queste pitture e mosaici, molti dei quali sono stati trasferiti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli con generiche attribuzioni a “Ercolano”. Attraverso la rilettura delle “Antichità di Ercolano” e dei diari di scavo, si è riusciti a collegare, ad esempio, un affresco raffigurante una donna davanti a una statua (pubblicato in uno dei volumi e attestato a Portici nel 1755) con un’annotazione nei diari del 20 luglio 1755. Questo permette di ricollegare le opere al loro contesto originario nella villa sotto le scuderie.
Analogamente, alcuni mosaici oggi alla Reggia o al MANN, precedentemente attribuiti alla Villa dei Papiri da Mario Pagano, potrebbero in realtà provenire da questa villa nascosta, come suggerito dalle descrizioni dei diari di scavo e dai confronti con soglie simili presenti in altre residenze.
Il futuro della ricerca, pur complesso a causa dello strato di 10-12 metri di materiale vulcanico che ancora ricopre la villa sotto le fondazioni delle scuderie, si prospetta affascinante. L’auspicio è di poter affrontare futuri scavi che permettano di svelare appieno i segreti di questa “reggia sotto la reggia”, un tesoro archeologico che promette di arricchire ulteriormente la conoscenza del territorio vesuviano.
Portici, 20 giugno 2025 – Il Direttore del Parco Archeologico di Ercolano ha offerto oggi, nell’ambito della Giornata di Studi “Il Real Sito di Portici – Ricerche, restauri e prospettive”, una profonda riflessione sul ruolo pionieristico e la genesi del Museo Ercolanese, un’istituzione nata all’interno della Reggia di Portici e intrinsecamente legata alle prime fasi delle scoperte archeologiche nel territorio vesuviano. Il suo intervento ha sottolineato come la Reggia, pur concepita inizialmente come casino reale per la caccia, abbia dovuto presto confrontarsi con la presenza e l’importanza di questo straordinario contenitore culturale.
Il Direttore ha evidenziato come il Museo Ercolanese sia nel DNA della Reggia di Portici fin dalle sue origini, in una fase storica che ha visto l’inizio degli scavi sistematici sotto il controllo della Corona Borbonica e la scoperta della Villa dei Papiri. Il nascente museo si è confrontato con la necessità di gestire un flusso crescente di materiali e di comunicare al pubblico i risultati delle scoperte, in un contesto in cui la fruizione era soggetta a stringenti controlli.
Il Direttore ha identificato quattro elementi fondamentali che, fin dall’inizio, hanno caratterizzato il Museo Ercolanese e che ancora oggi definiscono un’istituzione museale:
Gli scavi, iniziati nel 1738, portarono alla scoperta dell’antica Ercolano. Il Museo Ercolanese, la cui museografia è stata rivalutata da studi recenti (da Agnes Allroggen-Bedel a Renata Cantilena), rappresenta un esempio straordinario di come la ricerca archeologica abbia influenzato la costituzione di una collezione museale.
Nonostante gli scavi borbonici avessero finalità diverse da quelle archeologiche moderne (spesso miravano al recupero di tesori per la corte), il Direttore ha sottolineato la loro forte strutturazione mentale e organizzativa. Esempi includono le dimensioni standardizzate dei cunicoli, le regole di sicurezza (come l’uso di ventole per l’aria, derivate dalle tecniche minerarie) e le precise modalità di rilevamento e documentazione. La celebre pianta del 1794, pubblicata dai fratelli La Vega, resta ancora oggi la più completa della città antica, a testimonianza di un approccio sempre più sistematico. L’apice di questa metodologia fu raggiunto con gli scavi della Villa dei Papiri, dove l’architetto Weber concepì una grande galleria longitudinale (la “grotta di regia”) con cunicoli perpendicolari e saggi di controllo.
Inizialmente, vi fu una “latenza” tra l’inizio degli scavi e la fase di musealizzazione. Sebbene in parte dovuta a ragioni logistiche (restauro dei reperti), essa rifletteva soprattutto un’evoluzione concettuale. In una prima fase, i ritrovamenti venivano utilizzati per decorare gli appartamenti reali, seguendo la tradizione delle corti rinascimentali. Solo in un secondo momento, con l’aumento esponenziale dei materiali (non solo da Ercolano, ma anche da Pompei e Stabiae a partire dal 1748), si avvertì la necessità di un’istituzione dedicata. Il Museo Ercolanese fu ufficialmente aperto nel 1758, e l’iscrizione all’ingresso riproduceva un papiro, un chiaro riferimento all’attualità delle scoperte del 1756.
La conoscenza del Museo Ercolanese deriva dai resoconti dei viaggiatori e dai dati di inventario. Le visite erano strettamente sorvegliate, come testimonia una caricatura che mostra un controllore durante la visita. Le collezioni erano dislocate in diverse aree del palazzo superiore e inferiore, con una sistemazione che si perfezionò nel tempo. La pianta pubblicata da Francesco Vanvitelli, basata sui disegni del padre, è la fonte più dettagliata dell’ultima fase del museo.
Un aspetto innovativo per l’epoca era il criterio seriale di esposizione, con una distinzione per materiali (ad esempio, diversi tipi di vasellame). L’unico momento in cui si teneva conto del contesto era nella Sala 7, dove era stata allestita una cucina con reperti da Ercolano, una scelta museografica all’epoca molto avanzata.
Il Direttore ha sottolineato la grande percentuale di instrumenta domestica, oggetti della vita quotidiana, esposti nel museo, a riprova di un interesse per la vita comune che si rifletteva anche nelle pubblicazioni delle Antichità di Ercolano, il cui primo volume uscì nel 1757, in parallelo con l’apertura del museo. Un volume era interamente dedicato ai bronzi, con ampio spazio agli oggetti d’uso quotidiano.
Infine, sono stati evidenziati altri elementi distintivi dell’allestimento: la standardizzazione degli armadi espositivi e la presenza di basi modellate per specifiche esigenze, dimostrando una cura e una razionalizzazione degli spazi espositivi. Tra le parti più preziose della collezione vi erano senza dubbio i materiali organici (tessuti, alimenti) e i papiri, considerati di enorme importanza.
Il Museo Ercolanese, dunque, si configura come un laboratorio di ricerca, conservazione e comunicazione che ha segnato un’epoca, ponendo le basi per l’archeologia moderna e la museologia, e consolidando il ruolo della Reggia di Portici come centro propulsore della conoscenza del mondo antico.
Portici, 20 giugno 2025 – La presentazione di Castagnaro ha offerto una panoramica sull’opera di Luigi Vanvitelli all’interno della Reggia di Portici, inserendola in un contesto storico e urbanistico complesso. L’intervento ha evidenziato come la Reggia, pur essendo un punto di riferimento significativo, sia stata influenzata da diverse trasformazioni nel corso del tempo.
Castagnaro ha sottolineato come l’arrivo di Vanvitelli a Portici, quasi in contemporanea con l’inizio dei lavori alla Reggia di Caserta nel 1752, avvenne in un contesto già definito. Fu chiamato in parziale sostituzione di Giovanni Antonio Medrano, incaricato inizialmente della cappella palatina e del teatrino.
Per comprendere appieno l’intervento di Vanvitelli, è essenziale considerare la sua formazione poliedrica: architetto, disegnatore e ingegnere, formatosi a Roma sotto la guida di Filippo Juvarra e influenzato dalle arti classiche e dai trattati del Cinquecento.
Nonostante un rapporto di collaborazione iniziale con Canvari, non è del tutto chiaro quali parti della Reggia siano attribuibili con certezza a Vanvitelli. Tra le opere più significative si ipotizza la sua mano nel livellamento del parco e nella realizzazione dell’emiciclo con le due logge. Cesare De Seta gli attribuisce il progetto del giardino a monte del parco superiore.
Un contributo fondamentale di Vanvitelli fu la progettazione dell’acquedotto per il parco superiore. Partendo da un progetto iniziale di Giovan Battista Sicardi, Vanvitelli ne comprese i limiti e lo modificò aggiungendo cisterne e serbatoi per garantire un flusso idrico adeguato alle esigenze della corte. L’acquedotto, che si originava a Somma Vesuviana e riceveva acque anche da Sant’Anastasia, rappresentò un’opera ingegneristica di rilievo, contemporanea al più ambizioso acquedotto Carolino per la Reggia di Caserta.
A partire dal 1839, la Reggia di Portici subì un lento processo di parcellizzazione, che ne alterò l’originaria unitarietà, estesa dal mare alle pendici del Vesuvio. La costruzione della stazione ferroviaria del Granatello (1839) e della prima autostrada privata (Napoli-Pompei, 1929) segnarono tagli significativi. Altre trasformazioni includono la vendita della rete viaria alla provincia e l’acquisizione di un’area per la villa comunale di Portici.
Dal 1872, la Reggia ospita la Scuola Superiore di Agricoltura, oggi Dipartimento di Agraria. Tra il 1880 e il 1992, lo studio Picaciamarra realizzò un progetto di restauro e ristrutturazione di Palazzo Mascarano, mentre interventi del CNR modificarono la fascia costiera.
In conclusione, l’intervento di Castagnaro, pur non esaustivo, ha aperto nuove linee di ricerca sull’opera di Vanvitelli a Portici, evidenziando la complessità storica e urbanistica di un sito di grande importanza.
Portici, 20 giugno 2025 – Abbiamo avuto il piacere di incontrare il Professor Stefano Mazzoleni, Direttore dei Musei dell’Università Federico II, qui al Real Sito di Portici. L’intervista ha toccato temi cruciali per il futuro dell’agricoltura, in particolare nel contesto del Mezzogiorno, con un focus sulle straordinarie collezioni dei Musei Agrari e sulla visione che guida il loro sviluppo.
Il Professor Mazzoleni ha innanzitutto chiarito che la parte dei Musei Agrari è in corso di allestimento e sarà completata entro la fine dell’anno. L’obiettivo è duplice: da un lato, rappresentare la storia dell’agricoltura e le collezioni storiche della scuola agraria di Portici fin dal 1872, illustrando l’evoluzione del settore; dall’altro, divulgare le più recenti ricerche scientifiche del Dipartimento.
Alla domanda su come attrarre visitatori da aree con tradizioni agricole peculiari, come la Costiera Amalfitana e Sorrentina, il Direttore ha evidenziato come la Reggia di Portici offra un ponte tra la tradizione e l’innovazione. Se da un lato si parla di agricoltura di precisione e nuove tecnologie (droni, rilievi satellitari), dall’altro si promuove la conservazione dei paesaggi e degli usi tradizionali del suolo.
“La nostra è un’agricoltura intensiva di precisione che si integra con le tecniche tradizionali,” ha spiegato il Professor Mazzoleni. “C’è da un lato il tema della conservazione dei paesaggi tradizionali, quindi gli usi tradizionali del suolo, e poi dall’altro l’evoluzione delle tecnologie e i nuovi strumenti disponibili.”
Un punto focale della discussione è stato il tema dell’agricoltura biologica e della sostenibilità. Il Direttore ha sottolineato l’importanza di veicolare un messaggio che arrivi anche al “piccolo agricoltore”, aiutandolo a comprendere come i nuovi approcci possano ridurre l’uso di pesticidi e sostanze chimiche dannose per la salute.
“È chiaramente un messaggio che noi vogliamo veicolare per arrivare a livello capillare nel territorio, il tema di aprire ai visitatori sorrentini o così via. Sono i benvenuti come tutti, ma si possono anche fare convenzioni ad hoc per stipulare viaggi con visite guidate,” ha affermato Mazzoleni, invitando alla collaborazione con le realtà locali per promuovere la conoscenza e l’adozione di pratiche più sostenibili.
L’intervista ha toccato anche la peculiare agricoltura di nicchia della zona, come la coltivazione dei limoni su pergolati, una pratica nata per proteggere i frutti dalle intemperie. Il Direttore ha riconosciuto la varietà e la complessità delle situazioni agricole nel territorio, che rendono il paesaggio “molto particolare” e a tratti “drammatico”, come nel caso della “morte degli ulivi” o la trasformazione dei paesaggi agricoli tradizionali.
A chiusura dell’incontro, un aneddoto significativo ha sottolineato il legame tra l’istituzione e il territorio: un mandriano incontrato durante un servizio sulla transumanza, laureato proprio alla facoltà di agraria di Napoli, a riprova di come la formazione accademica si traduca in pratica sul campo, perpetuando tradizioni millenarie con una nuova consapevolezza.
L’impegno dei Musei Agrari della Federico II a Portici si configura quindi come un ponte tra la ricca storia agricola e le sfide del futuro, promuovendo ricerca, innovazione e sostenibilità per un territorio che continua a stupire per la sua bellezza e complessità.
Assolutamente, ecco un resoconto dell’intervista al Soprintendente all’Area Metropolitana Luca De Franco:
Portici, 20 giugno 2025 – Abbiamo intercettato il Dott. Luca Di Franco, Soprintendente all’Area Metropolitana, a margine della Giornata di Studi al Real Sito di Portici, per chiedergli lumi su eventuali connessioni tra l’evento odierno e il territorio della Penisola Sorrentina.
Il Soprintendente ha subito precisato: “Purtroppo questa volta vi devo deludere, oggi parleremo soltanto di Ercolano, al massimo vedrete qualcosa sulla collezione reale e su casa di Borbone.” Tuttavia, l’intervista ha fornito importanti aggiornamenti sulle recenti attività della Soprintendenza che riguardano da vicino la Penisola Sorrentina.
Il Dott. De Franco ha annunciato la pubblicazione di due nuovi volumi, la cui presentazione è già fissata per il 25 giugno al Palazzo Reale. Il primo libro, curato da Francesca Longobardo, è dedicato ai marmi di Villa Astor. “È un libro curato da Francesca Longobardo,” ha ribadito il Soprintendente, sottolineando l’importanza di questa ricerca specialistica su un sito così emblematico.
Il secondo volume è frutto di una collaborazione con l’Università della Terza Età, di cui il Dott. De Franco è Rettore. “È uscito anche il libro sull’isola di Ischia, in collaborazione con l’Università della Terza Età,” ha spiegato, riferendosi al lavoro svolto sul cippo funerario di Enoa e alla sua lettura comparata con la parte mancante all’Hotel delle Sirene di Sorrento. “È meraviglioso, è in collegamento con Villa Astor, perché quello arrivò a Sorrento sulla scorta del gusto di Lord Astor, Villa Belle Vue e l’Hotel delle Sirene.”
Entrambi i volumi, disponibili sia in italiano che in inglese, sono editi da Artem e consultabili sulla loro pagina web.
Alla domanda sulla possibilità di presentare questi lavori anche nella Penisola Sorrentina, il Soprintendente ha espresso piena disponibilità, pur con le necessarie considerazioni logistiche dovute al periodo estivo. “C’è un po’ di difficoltà logistica in questo periodo,” ha ammesso De Franco, “però quando il turismo si affievolisce un po’, ad ottobre magari facciamo una bella presentazione, più con più calma.”
L’impegno della Soprintendenza si conferma dunque attivo e proiettato sulla valorizzazione di tutto il patrimonio dell’area metropolitana, con un’attenzione specifica ai tesori della Penisola Sorrentina, che presto saranno oggetto di nuove importanti iniziative pubbliche.