Fabio Russo incanta il pubblico parlando di tartarughe e biologia marina

27 aprile 2025 | 11:09
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 Sorrento, 26 aprile 2025

Una platea attenta e curiosa ha accolto il dottor Fabio Russo per il primo incontro del ciclo dedicato alla biologia marina, organizzato da Punta Campanella Diving Sorrento. Con il suo stile diretto e appassionato, Russo ha intrattenuto il pubblico svelando sin dall’inizio una “trappola” simpatica: il suo intervento non si sarebbe limitato al racconto della salvataggio di una tartaruga marina, come annunciato, ma sarebbe stato un vero e proprio viaggio nella storia evolutiva di questi straordinari animali.

Russo ha cominciato illustrando come, milioni di anni fa, le tartarughe siano emerse da antichi rettili terrestri, presentando il fossile dell’Odontochelys semitestacea, una “tartaruga con i denti e mezzo guscio” risalente a circa 220 milioni di anni fa. Attraverso immagini e fossili fotografati personalmente nei musei italiani, il biologo ha spiegato la lenta evoluzione delle tartarughe, soffermandosi sulla trasformazione delle costole in strutture protettive come il carapace.

Un momento centrale è stato dedicato alla distinzione, spesso sottovalutata, tra tartarughe terrestri, d’acqua dolce e marine: «In Italia – ha sottolineato Russo con un sorriso – chiamiamo tutto “tartaruga”, ma in inglese esistono tre termini diversi». Mostrando foto dettagliate, ha evidenziato come le zampe delle testuggini siano robuste e adatte alla terraferma, mentre quelle delle tartarughe d’acqua dolce sono più palmate, e quelle delle tartarughe marine si siano evolute in vere e proprie pinne, prive di artigli, perfette per il nuoto.

Con il supporto di studi recentissimi sulla filogenesi, Russo ha raccontato come le tartarughe marine, come i cetacei, abbiano intrapreso un “ritorno al mare” adattandosi perfettamente alla vita acquatica. Una riflessione importante è stata dedicata anche alla protezione di questi animali: «Troppo spesso si confondono tartarughe terrestri per marine – ha spiegato – e liberarle in mare equivale a condannarle a morte».

Il tono informale, intervallato da battute e aneddoti, ha reso la lezione particolarmente coinvolgente, mantenendo alta l’attenzione dei presenti. «Non è una lezione magistrale – ha detto Russo – se avete domande, interrompetemi!». E così è stato: un dialogo continuo tra il relatore e il pubblico ha caratterizzato il pomeriggio, trasformando la conferenza in un vero momento di crescita condivisa.

La storia del salvataggio della tartaruga “Campanella”, promessa inizialmente, è stata solo accennata: per chi vorrà conoscerla nei dettagli, il dottor Russo ha invitato a leggere il racconto completo pubblicato sulla sua pagina “ScubaBiologi”.

Tartarughe marine: specie, caratteristiche e conservazione

Oggi nel mondo esistono sette specie di tartarughe marine superstiti.
Se confrontiamo questo numero con quello delle specie di coleotteri, capiamo quanto il numero di specie di tartarughe sia molto basso, e non solo: anche il numero di individui è drammaticamente ridotto.

Tutte le specie di tartarughe marine sono considerate minacciate, tranne la Flatback, per la quale mancano dati certi.

Per capire meglio le loro dimensioni:

  • La più piccola è la Lepidochelys kempii, lunga fino a 60 cm e con un peso massimo di 45 kg.

  • La più grande è la Dermochelys coriacea (Tartaruga liuto), che può raggiungere 2,5 metri di lunghezza e 500 kg di peso!

In Mediterraneo abbiamo:

  • Due specie occasionali: la Tartaruga verde (Chelonia mydas) e la Tartaruga liuto (Dermochelys coriacea).

  • Una specie nidificante: la Caretta caretta, chiamata anche tartaruga comune o capocchione.

Curiosità sulla Dermochelys coriacea:
È una delle pochissime tartarughe che si nutre esclusivamente di animali gelatinosi come le meduse. La sua bocca (detta “buco dell’inferno”) è specializzata per trattenere questi cibi scivolosi.

Falso mito:
Le tartarughe marine non bevono acqua dolce come si dice. Bevono acqua di mare, ed espellono l’eccesso di sale grazie a specifiche ghiandole.


Anatomia interna delle tartarughe marine:

  • Le costole si sono fuse per formare il carapace (guscio superiore) e il piastrone (guscio inferiore).

  • La spina dorsale passa vicino al carapace, quindi un trauma può lesionarla gravemente.

  • I polmoni sono posizionati posteriormente per favorire l’equilibrio in immersione.

  • Sono animali difficili da operare chirurgicamente perché la loro struttura è “inscatolata” nel guscio.

Importante:
Le tartarughe marine non possono ritrarre la testa all’interno del guscio come le tartarughe terrestri.

Piccolo mito da sfatare:
Le tartarughe non possono togliersi il guscio. Il guscio è parte del loro scheletro!


Rapporto personale con le tartarughe marine:

L’autore racconta:

  • Non si considera un “esperto” di tartarughe, ma riconosce la loro importanza nella sensibilizzazione del pubblico.

  • In passato, le tartarughe venivano mangiate, persino in Italia, dove esistevano ricette tradizionali come la zuppa di tartaruga marina.

Esperienze personali:

  • Prima tartaruga vista: emozione ancora viva.

  • Fotografie fatte in Indonesia e alle Maldive:

    • Tartaruga verde (Chelonia mydas), dal guscio liscio e colorato.

    • Tartaruga becco di falco (Eretmochelys imbricata), con guscio sovrapposto come tegole (embricato).

Durante snorkeling:

  • Le tartarughe respirano brevemente in superficie, usando principalmente le pinne anteriori per il nuoto, e quelle posteriori per la direzione.

Nota tecnica:
Il montaggio video non è perfetto, ma le immagini rendono l’idea della bellezza di questi animali.

Il salvataggio della tartaruga a Massa

Non era la prima tartaruga marina salvata da noi: già nel 2015 Gianluigi, io e altri avevamo fatto dei recuperi. Ogni volta che possiamo intervenire per aiutare, lo facciamo senza pensarci troppo.

Nel 2023, con il nostro kayak di Alfa, eravamo entrati a Baia di Ieranto per fare snorkeling. A bordo c’erano Andrea e Roberta. Appena entrati in acqua, abbiamo avvistato una tartaruga spinta dalle onde: sembrava viva, ma quando mi sono avvicinato ho visto che purtroppo era morta. Ho subito avvisato di non far buttare nessun altro in acqua, per evitare rischi di infezioni da batteri della decomposizione.

Chiamammo Mimì che arrivò con il kayak di Ieranto, e insieme la recuperammo, legandola a una boa fino all’arrivo della barca dell’Area Marina Protetta. Era già in avanzato stato di decomposizione e mancava una pinna anteriore sinistra.


Poi arriviamo a Campanella, all’ultima tartaruga salvata:
era il 23 giugno 2024, una domenica.

Il giorno prima avevamo ballato parecchio su a Mitigliano e, anche se era avanzata stagione, avevamo solo due sbarcatori. Decisi di far riposare l’equipaggio e organizzare una giornata più tranquilla: snorkelling alla Regina Giovanna, poi un giro lungo la costa di Piano, Sant’Agnello e Sorrento, raccontando leggende e curiosità locali.

Alla Regina Giovanna il mare era sporco e mosso, quindi proseguimmo. Arrivati sotto la scogliera del Cocumella (zona Riviera Massa), ci fermammo in una bella prateria di posidonia. Lì iniziai la solita spiegazione sulle meraviglie del mare quando, all’improvviso, vidi una tartaruga.

Tirai la testa fuori dall’acqua e gridai ad Andrea:
“Prendi la maschera e buttati subito!”

Poi vidi che la tartaruga aveva una pinna incastrata in una lunga cima di plastica nera. Mi immersi preparandomi un coltello. La tartaruga era visibilmente stressata ma non scappò troppo: riuscii ad afferrarla, cominciando una piccola lotta. 40 kg di tartaruga non sono uno scherzo!

Andrea chiamò Gianluigi e Mimì: “Abbiamo preso la tartaruga, fate foto!”, ci dissero. Noi eravamo talmente presi che di scattare foto non ci era nemmeno passato per la mente.

Per imbarcarla a bordo, provammo più volte senza successo. Alla fine, con una cima passata sotto il carapace, riuscimmo a issarla. Nel tentativo, la tartaruga aveva anche morso un supporto d’acciaio del motore: il morso delle tartarughe marine è così forte che rischiano di fratturarsi da sole.

Una volta a bordo, la tartaruga cercava in tutti i modi di gettarsi di nuovo in acqua. Per calmarla, mi venne l’idea di coprirle la testa con una maglietta: trucco imparato dagli uccellini selvatici.

La tartaruga era lunga circa 70 cm solo di carapace, coperta di alghe verdi e crostacei (caprelle e balani) ovunque. Le caprelle me le ritrovai perfino nei capelli e nella barba!

Consegnammo la tartaruga a Mimì, che l’adagiò nella tinozza imbottita preparata sul furgone e la portò al Centro Tartanet di Portici, un’eccellenza nazionale nella cura delle tartarughe marine.

Purtroppo, la pinna era gravemente lesionata: la situazione non era delle migliori. L’Area Marina Protetta chiese di non diffondere subito la notizia per preparare un comunicato ufficiale. Così, il giorno dopo, sui giornali si parlava della tartaruga salvata… ma il mio nome non compariva da nessuna parte!
(Ormai ero diventato “il supereroe mascherato in tutina”, come mi presero in giro gli amici.)

Eppure, quel giorno non fu solo una vittoria: venne recuperata anche una tartaruga morta a Nerano. Era stata una giornata nera per le tartarughe in Penisola Sorrentina.


PS:
A proposito: quando trovate una tartaruga marina in difficoltà, ricordate che in zona Sorrento-Salerno bisogna chiamare subito l’Area Marina Protetta o il Tartanet: loro sanno come intervenire!

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