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Imparare l’inglese in età matura: l’importanza dell’esperienza quotidiana

La convinzione che lo studio delle lingue straniere, ad esempio l’inglese, rappresenti per gli adulti, le persone di mezza età o di età più avanzate uno scoglio praticamente insormontabile, è un luogo comune difficile da rimuovere. Ancora oggi, infatti, sopravvive la credenza che se non si prende dimestichezza con un idioma diverso dal nostro quando la mente è ancora giovane ed elastica, le speranze di recuperare terreno più avanti sono praticamente nulle. In pratica, secondo tali teorie, un adulto, mettiamo un 50-60enne, non impara l’inglese seguendo un normale percorso didattico, se non in maniera epidermica e lacunosa e a costo di sforzi disumani, in grado spesso di scoraggiare anche l’allievo più motivato.

È evidente – almeno a coloro che hanno un minimo di familiarità con lo studio delle lingue – che le cose stanno in maniera radicalmente diversa. Da un lato, infatti, è vero che una mente giovane (o giovanissima, non a caso si consiglia di iniziare a studiare le lingue sin da bambini) possiede un’elasticità e una duttilità che l’adulto ha ormai da tempo rimosso dal proprio orizzonte. Dall’altro, però, l’adulto può opporre l’esperienza quotidiana, la capacità di assorbire e mettere in pratica un metodo didattico e l’abitudine – spesso inconscia – di traslare un discorso astratto sul piano concreto e fattivo. Tutte qualità che possono fare la differenza nello studio dell’inglese o di qualsiasi altra lingua straniera.

Insomma, per sintetizzare: di norma un bambino impara l’inglese in maniera più intuitiva e (forse) rapida, mentre un adulto impara l’inglese in maniera più cadenzata ma sistematica, con una proprietà di linguaggio e un livello evolutivo del vocabolario decisamente più spiccati.

 

Un patrimonio da non disperdere

Esiste poi un altro elemento differenziale da prendere in considerazione. Nella società contemporanea, un individuo adulto è quotidianamente esposto a un utilizzo indotto o involontario di piccole porzioni di lessico anglosassone. Spesso ciò avviene anche sul posto di lavoro, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo di una certa terminologia tecnica. In alcuni casi, si può arrivare a fenomeni paradossali di apprendimento indotto e inconsapevole: in pratica un individuo impara l’inglese (o meglio, una parte specifica della lingua inglese) senza quasi accorgersene.

Anche i mass media tradizionali (giornali, radio, TV), la pubblicità, la comunicazione multimediale, la cartellonistica o le produzioni testuali attinenti alla vita quotidiana (si pensi alle istruzioni di un elettrodomestico o di un dispositivo elettronico) contribuiscono a intensificare il grado di presenza della lingua inglese nella vita di tutti i giorni. Ciò fa sì che tale lingua non sia per noi una perfetta sconosciuta, ma anzi intrattenga con la nostra esperienza quotidiana un rapporto molto più stretto di quanto siamo inclini a ritenere; e da tale rapporto non può che scaturire una sorta di familiarità di primo livello, magari ferma solo al piano del riconoscimento fonetico ma comunque molto importante ai fini dell’avvio di un percorso didattico.

Si tratta di un patrimonio di informazioni che l’allievo non deve dissipare. Al contrario, egli deve cercare in tutti i modi di utilizzarlo come volano per rendere il percorso di apprendimento più rapido e meno accidentato.

 

Trovare un terreno comune e iniziare ad ampliarlo

Per cominciare, una mossa lungimirante potrebbe essere quella di reperire un insegnante di inglese che conosca quella famiglia di termini specifici – o specificamente afferenti a un determinato orizzonte referenziale – di scaturigine anglosassone con cui l’allievo ha familiarità.

Ad esempio, se l’allievo ripara componenti elettronici, un insegnante che conosca la vasta terminologia tecnica anglosassone utilizzata in tale ambito può agevolmente trovare con lui un terreno comune dal punto di vista lessicale e degli interessi. Oppure, se l’allievo è appassionato di videogiochi si può fare leva su questo suo interesse specifico – che a sua volta non lesina l’utilizzo di parole inglesi – per pianificare un percorso didattico. In questo modo, si fa leva su grumi di interesse preesistenti, e si impara l’inglese in maniera più agile: l’allievo ha l’impressione di ricevere informazioni utili alla sua attività o ai suoi interessi, e il livello di coinvolgimento ne risente in positivo.

Lo schema è quello dei cerchi concentrici: si parte da un nucleo di nozioni sparse ma relativamente familiari all’allievo, e su queste si fondano le prime lezioni di grammatica e sintassi. Poco a poco si allarga il campo di azione, esondando sempre più frequentemente dal nucleo tematico iniziale fino ad abbandonarlo completamente quando l’allievo sarà in grado di muoversi agilmente anche in altri contesti discorsivi. In questo modo, il progresso nella conoscenza delle regole grammaticali andrà di pari passo con l’ampliamento del vocabolario.

Seguendo questo modello, registrare dei progressi nell’apprendimento della lingua risulterà relativamente facile e aumenterà le motivazioni dell’allievo. A prescindere dal dato anagrafico e dai pregiudizi che sovente si abbattono sulle persone che iniziano a studiare l’inglese o un’altra lingua straniera in età avanzata.

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