CASTELLO DI LETTERE. INAUGURAZIONE DELL’ALLESTIMENTO MUSEALE IN STILE REALIZZATO NEL TORRIONE DELLA ROCCA.

Articolo aggiornato dagli inviati di Positanonews con video, foto, impressioni,interviste e trasmissione in diretta dell’evento . In effetti la giornata ha ratificato l’effettivo importante passaggio della gestione del Castello al Parco Archeologico di Pompei. Presenti alla manifestazione il Sindaco , il Governatore De Luca e un rappresentante del Parco Archeologico di Pompei al posto di Osanna. Accanto a ciò, l’esposizione in stile nel torrione principale di armi ed oggetti del periodo dell’ultimo assalto al mastio , nel 1528.

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1528 ASSEDIO AL CASTELLO DI LETTERE

 INAUGURAZIONE DELL’ALLESTIMENTO MUSEALE IN STILE REALIZZATO NEL TORRIONE DELLA ROCCA.

16 settembre ore 10,00

Il giorno 16 settembre 2020 alle ore 10,00 avrà luogo presso il Parco Archeologico del Castello di Lettere l’inaugurazione delle nuove sale museali al Mastio.

L’evento si svolgerà alla presenza del Governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca e del Prof. Massimo Osanna, già Direttore Generale del Parco Archeologico di Pompei, ora Direttore Generale dei Musei Italiani, del sindaco del Comune di Lettere avv. Sebastiano Giordano e del Direttore del castelloarch. Paola Marzullo.

L’allestimento delle sale consistente nella ricostruzione storica del 1528 con reperti riprodotti di epoca cinquecentesca è stata realizzata dal Comune di Lettere, con la supervisione scientifica del Parco archeologico di Pompei,  a cura di Domenico Camardo e Mario Notomista.

L’iniziativa rafforza il progetto ambizioso del sindaco, grazie al supporto del Parco archeologico di Pompei, di inserire il Castello di Lettere in un percorso di valorizzazione e promozione del patrimonio storico-culturale locale in ambito regionale e nazionale.

Tale percorso è stato intrapreso già alla fine del 2018 con la sottoscrizione di un protocollo d’intesa tra il Comune di lettere ed il Parco Archeologico di Pompei che ha di fatto trasformato il Castello in luogo di interesse culturale e storico dell’intera Regione.

Generico settembre 2020

DAL VOLUME DI CAMARDO E NOTOMISTA

L’INSEDIAMENTO MEDIEVALE
NEL TERRITORIO DI LETTERE, GRAGNANO E PINO
I confini del ducato amalfitano nell’area stabiana
Il territorio controllato dallo stato amalfitano è stato sempre piuttosto modesto: confinava ad Ovest con il
ducato Sorrentino, a Nord-Est con il principato Salernitano ed a Sud con il mare. Nel momento di massima
espansione giunse a comprendere la costa che va da Cetara a Positano, con le isolette dei Galli e l’isola di
Capri (tav. I ).
Sul versante meridionale della catena dei Lattari, fecero parte dello Stato Amalfitano i paesi montani di
Scala, Agerola e Tramonti e su quello settentrionale, i centri fortificati di Lettere, Gragnano e Pino.
Il primo centro abitato verso Nord-Ovest, dipendente dallo Stato Amalfitano, era Positano (tav. I )’. Il
confine passava lungo le invalicabili rupi che dominano ad Ovest l’abitato, per poi ricollegarsi al massiccio
del Faito, alle cui estreme propaggini si trova il villaggio di Pimonte, che faceva parte del territorio
amalfitano e dalla metà del XIII sec. fu unito amministrativamente al castello di Pino’.
procedendo verso Est si entra nell’area stabiana Zona in cui e più difficile e dibattuta la ricostruzione
dell’andamento del confine. La zona litorali. non fu mai amalfitana, ed il centro costiero di Stabia, con il
suo castello, rimase sotto il controllo del ducato sorrentino,
Verso l’interno centri collinari di Gragnano. Lettere e Pino, che controllano il valico di Pino-Agerola e si
affacciano sulla Piana del Sarno, furono invece compresi. dalla fine del X sec., nell’area della massima
espansione verso Nord dello Stato Amalfitano.
La prima generici attestazione dell’esistenza castella stabiensia è collegata, nel 987, alla creazioni da
parte del’arcivescovato di Amalfi del vescovato suffraganeo di Lettere. d cui vescovo era appunto
definito episcopus in castelli stabiensibus..
I pochi documenti superstiti, risalenti alla seconda metà del X sec.. uno con chiarezza il diffondersi in
quest’area delle proprietà in possesso di privati amalfitani e soprattutto del l’arcivescovato e di enti
religiosi. Processo che continuerà anche nel secolo successivo.
Non sappiamo con certezza quali fossero le fortificazioni definite nel 987 castella stabiensia ma a
distanza di pochi anni abbiamo i primi documenti, provenienti da archivi amalfitani. riguardanti i castelli
di Pino, Lettere e Gragnano (1012, 1018 e 1077).
la strutturarsi di questi abitati fortificati, è chiaro indizio di un cambiamento nell’organizzazione
difensiva dell’area stabiana. legata al concetto che il controllo dei monti lattari. e quindi la prevenzione
di possibili attacchi via terra contro Amalfi. era possibile solo dominando entrambi i verganti dia questa
catena montuosa.
II versante settentrionale dei Lattari era infatti zona di confine e contatto con i territori longobardi e
per un lungo periodo, fra il VI ed il IX seco., le popolazioni locali furono esposte agli attacchi ed alle
scorrerie longobarde.
Gli amalfitani riuscirono a resistere grazie alla morfologia del territorio ed all’appoggio del ducato
napoletano. Gli assalitori si limitarono a devastare i villaggi ed i campi senza riuscire a conquistare la città’.
Solo nell’ 838 Sicardo riuscì a prendere Amalfi, probabilmente anche a causa del venir meno del
sostegno napoletano alla città e grazie all’appoggio interno di suoi partigiani.. L’attacco simultaneo dal
confine con Salerno e dalla piana del Sarno inaugurò una strategia che si rivelò vincente anche in altari
episodi della storia amalfitani’.
Il dominio di Sicardo su Amalfi fu breve, giacché nel luglio dell’839 fu assassinato dalla sua gente. Gli
amalfitani immediatamente si ribellarono riconquistando l’indipendenza..
Gli improvvisi attacchi e le razzie longobarde continuarono però a lungo: un documento del 1012 narra la
vicenda di Sillecta, abitante nel castello di Pino, che non può più coltivare delle terre in località Radicosa,
nelle pertinenza del castello di Pino, perché devastate dai longobardi”.
La funzione di presidio sul territorio svolta da questi castelli fu importante, anche in relazione al pericolo
rappresentato dalle scorrerie dei saraceni provenienti
ti dalla Sicilia, dall’Africa settentrionale e da siti costieri dell’Italia meridionale che a lungo furono in
mano ai musulmani. Scopo di queste incursioni era il bottino e la cattura degli abitanti, che venivano
poi venduti come schiavi.
Tutta la zona costiera del ducato amalfitano fu saccheggiata nel 991 e la stessa sorte sarebbe toccata
anche alla costiera sorrentina se non fosse intervenuto l’esercito del duca Sergio III di Napoli
Oltre all’aspetto puramente militare i castelli stabiani erano anche simbolo del controllo sull’area
conseguito dallo stato amalfitano e guranti dell’unità politico-amministrativa del suo territorio”.
Infatti l’estendersi del dominio ~abitano sul versante settentrionale della catena dei Lauri nel corso del X
sec., fa parte di un più generale processo di espansione del ducato amalfitano, che si concretizzò nel 980
con l’occupazione di Capri e nel 981, sotto il duca Massone 111, con la conquista di Salerno.
In un importante documento del 997 sono chiaramente indicate diverse terre detratta stabiana che
sono intra fines et peninentia de datato Amalphitanorum. Fra di esse compaiono Aurano, località
adiacente a quella in cui sorge il castello di Gragnano, e Pusillara, toponimo oggi caduto in disuso, ma
che doveva indicare una zona a Nord del moderno abitato di Gragnano.
L’importanza di quest’area è rivelata da due documenti del Codice diplomatico amalfitano, risalenti
uno al 1077 e l’altro al 1085. Nel primo, l’abbadessa del monastero di S. Maria di Atrani dà in pastinato
a due abitanti del castello di Gragnano una vigna in località Pusillara indicando: itaque ponitur fini
flumen….., de alio autem latere ponitur fini finem de ipsis Stavianis cum via sua.
Nel documento del 1085 un privato dona allo stesso monastero una terra posta in territorio
stabiano, in pertinentia de suprascripto castello de Graniano, loco nominato at Pusillara e confinante
per un lato con il fiume.
Dai due documenti si può quindi desumere che Pusillara era una parte del territorio stabiano
controllata dal castello di Gragnano che rientrava nello stato arrialfitano; infatti nella stessa zona passava
il confuta con Stabia, che era sotto il controllo del ducato sorrentino. In entrambi i documenti è ricordato
tra i confini il fiume che da Gragnano scende a Castellammare (tav. I ).
Nel primo documento è citato anche il finem de ipsis Stavianis cum via sua. Questa strada potrebbe
essere individuata con la Via Stabiana, che collega Stabia a Nocera e che, come recenti scoperte
archeologiche hanno mostrato., fin dall’età romana non ha mai cambiato il suo percorso, andando
incontro ad un progressivo accrescimento delle quote, ma restando in uso fino ai nostri giorni e
rivelandosi quindi un fondamentale elemento topografico per tutta la zona, tanto de poter essere
utilizzata come linea di confine.
la zona di Pusillara potrobbe essere quindi individuata all’incrocio fra íl fiume e la Via Stabiana (tav.
I ). Che il confine del ducato amalfitano seguisse questo andamento è confermato anche da un
documento de 1169, ma copia di atti precedenti, in cuì sono indicati i confini della diocesi di
Lettere. Purtroppo non tutte le località e le chiese citate sono individua bili, ma i riferimenti nel
territorio ancora ticonoscibili fanno pensare ch i limiti della dicesi combaciassero con quelli politici.
Infatti è chiara mente affermato che il vescovo di Lettere ha sotto il suo controllo i municipium,
Litterae, cum ecclesiis et appenditiis suis, castellum Graniani, cum appenditiis mia, castellum Pini,
cum appendine, locus qui Apud Montes dicitur cum pertinentiis suis.
La Via Stabiana fungeva probabilmente da confine anche più ad Est sotto la montagna di Lettere,
dove attraversava una zona pianeggiante paludosa, denominata Padule, che da un documento del
1081 è indicata come appartenente al territorio di Lettere.
Proseguendo verso Est il confine amalfitano passava all’altezza da paese di Corbara, centro che
controlla l’accesso al valico di Chiunzi, per poi risalire verso Sud costeggiando il territorio
montuoso di Tramonti chiudendo sul litorale all’altezza del paese di Cetara, avamposto amalfitano
sulla costiera verso Salerno (tav. I ).
Un ulteriore indizio dell’unità dell’area compresa nei confini sopra delineati, viene dal fatto che a
questa zona è limitato l’uso, in età medioevale, della scrittura curiale amalfitana, caratterizzata da
una particolare grafia dei segni e dei nessi..
L’aspetto orografico e le vie di comunicazione
La catena montuosa dei Lattari, che raggia unge la massima altezza con
il monte S. Angelo a tre pizzi ( 1443 m. s. I. m.) (tav. 1), costituisce da sempre
un compatto baluardo, povero di valichi, che rende difficili le comunicazioni fra la costiera
amalfitana e quella sorellina. La natura aspra dei luoghi ha impedito un forte sviluppo degli
insediamenti, ma ha allo stesso tempo garantito protezione ai piccoli centri che nell’alto medioevo
si svilupparono in questa zona.
Il problema della difficoltà di collegamento fra la costiera amalfitana ed i centri della valle del
Sarno è stato solo in parte risolto negli ultimi decenni con l’allargamento delle antiche vie e la
creazione di alcune gallerie.
In epoca medievale, non esistendo il moderno tracciato automobilistico che scavalca il monte
Faito, gli unici valichi praticabili nei Monti Lattari erano quello di Chiunzi, posto a Nord Est di
Amalfi, e quello di PinoAgerola, posto a Nord Ovest della città (tav. I ).
Entrambi furono probabilmente utilizzati fin dall’età romana. Il valico di Chiunzi, con un tracciato
ampliato e regolarizzato, costituisce ancor oggi l’unico collegamento fra la costiera amalfitana e
l’agro nocerinosarnese.
L’antico tracciato del valico di Pino-Agerola è invece caduto in disuso, ed è stato sostituito da una
via carrozzabile, realizzata nel 1884, che unisce Castellammare ad Agerola attraverso i comuni dí
Gragnano e Pimonte, sbucando ad Agerola grazie ad una galleria.
Sulla base di una serie dì ricognizioni topografiche si è potuto ricostituire il percorso della antica
via del valico di Pino-Agerola.
La strada, utilizzabile da quanti provenivano dalle valle del Sarno e dal litorale stabiano, risaliva
verso i monti Lattari seguendo il vallone del fiume Vernotico, nel comune di Gragnano (tav. I).
Questo vallone naturale, denominato nel tratto fra Gragnano e Pino Valle dei mulini, presenta
numerose analogie con la Valle dei mulini di Amalfi. Incassato nei fondo corre il fiume Vernotico
che, rifornito d’acqua dalla sorgente Forma, azionava, ancora nei XVII sec., una quindicina di
molini.
Le più antiche attestazioni dell’esistenza di molini lungo il corso del Vernotico sono in due
documenti del 1266 e del 1272, in cui veniva concesso a due privati il regio assenso per la
costruzione di molini in
flumine Graniani.
Risalendo lungo il Vernotico per una tortuosa strada si giunge al
piccolo abitato di Castello (280 m. s.l..), frazione del comune di Gragnano, ancora cinto da mura ed
oggi abitato da poche decine di famiglie (tav. I). L’abitato è attraversato dalla via del valico che
esce da una porta aperta verso Sud nella cinta muraria (tavola 5) e risale verso l’altura di Pino
(576m. s.l.m.), su cui si trovano ancora i ruderi di un abitato fortificato, abbandonato tra la fine del
XIV egli inizi del XV sec. (tav. 2), da dove si controllava agevolmente il transito sulla antica strada.
La via si inerpica poi valicando la montagna a quota 1092 m. s.l.m., e si ricongiunge, nell’abitato di
Agerola (650 m. s.l.m.), con la strada che, regolarizzata ed asfaltata, è ancor oggi utilizzata per
scendere con ampi tornanti verso Furore e quindi
Malti (tav. I ).
La mulattiera, nel percorso fra Pino ed Agerola, conserva per lunghi
tratti l’antica pavimentazione in schegge calcaree di piccole dimensioni con briglie in pietra
disposte perpendicolarmente. in modo evitare che il Nodo stradale si rovinasse durante la cattiva
stagione (foto I).
Nel corso di ricognizioni effettuate lungo questo antico tracciato, nei punti più protetti (dal
dilavamento, si sono rinvenuti frammenti di ceramica invetriata, che confermano l’utilizzazione
della strada già in età medioevale’.
La tipologia edilizia ed insediativa, i toponimi
Dalla fine del X sec. venne sensibilmente a modificarsi l’assetto economico e produttivo dell’area
stabiana.
I documenti superstiti mostrano chiaramente il moltiplicarsi dell’acquisto di terre ed immobili da
parte di privati e soprattutto di enti religiosi amalfitani. Di queste fonti ci siamo serviti nel
tentativo di ricostruire le caratteristiche del territorio stabiano in età medievale.
La base d’indagine è formata da oltre ottanta documenti, tutti aditi, in prevalenza provenienti da
archivi vescovili o di comunità religiose esistenti in età medievale nel territorio dello Stato
Amalfitano (tav. 7).
Anche m l’origine ecclesiastica della maggior parte delle Fonti può provocare una qualche
distorsione di prospettiva, è tuttavia indicativa della ampiezza delle proprietà che la chiesa
amalfitana aveva, fina dal X sec., nei centri del versante settentrionale della catena dei Lattari.
Dai documenti presi in esame e dall’analisi della struttura urbanistica di Gragnano e Lettere,
appare chiara la dinamica di sviluppo di questi centri, formati in origine da alcuni casali: Castello,
Orsano, Fuscoli, Cesoie, Comparatum per Lettere; Castello, Aurano, Sigliano, Casanoba per
Gragnano.
Ciascuno di questi agglomerati di case era organizzato come un piccolo villaggio, ma tutti
dipendevano dal casale difeso dal castello, che era sede dei rappresentanti del potere politico e
religioso.
I casali erano costituiti da una serie di strutture abitative e di servizio che sono spesso nominate
negli atti di compravendita. Il tipo di edificio più complesso sembra essere quello della donna,
termine con il quale si indicava una costruzione a più piani, fomita di deposito, camino e forno”.
È inoltre interessante notare che, a differenza delle altre strutture edilizie, la vendita delle domus
non pare collegata alla vendita di poderi. Nel terrtitorio stabiano sono attentate quattro domus:
due nella zona di Comparaao, casale di Lettere, una terza domus è ben descritta in un ano di
vendita del 1033e si trovava all’interno del castello A Lettere, mentre la quarta era nel territorio di
°regnano, nella zona di Bultiano” (tav. 7). All’interno dei casali sono probabilmente da collocarsi
anche le casalinae, termine che faceva riferimento ad abitazioni di piccole dimensioni, non isolate
me probabilmente inserite in un borgo.
Nel territorio di Letter e Gragnano sono segnalate quattro casalinae: una, nel 1061, si trovava a
Fuscolo, borgo sviluppatosi non lontano dal castello di Lettere. mentre le altre tre erano: due nel
castello di Lettere, nel 1031 e I 129, e l’altra ne/ castello di Gragnano, nel 1302. In documenti
riguardanti l’acquisto di poderi, è spesso citata la presenza di fabricae e cammerae, le prime sono
da interpretarsi come depositi, le seconde, forse, come piccole abitazione rurali (tav. 7). A
differenza delle domus le cammerae e le fabbricai non sono oggetto di transazione autonoma ma
sono sempre associate alla vendita di poderi. In un solo caso è conservato l’atto di vendita di una
curie fabrita cum furno che sembra riferirsi ad una struttura di maggiori dimensioni.
Uaa domar e alcune fabricae sono attestate anche nel territorio di Pino, nel 1012, in località
Panicale.
Invece in località Allestate è ricordata la presenza di un molino. Anche nel territorio controllato dal
castello di Gragnano troviamo citata le presenza di moli.: infatti in due documenti, del 1266 e I272,
è concesso il permesso regio per edificare molini azionati dall’acqua del fiume di Gragnano..
Per i Casali di Caccia e Comparatum, nel territorio di Lettere, e per il casale di Aurano, in quello di
Gragnano, si possono cercare di ricostruire, sulla base dei documenti, alcune caratteristiche.
Casola, piccolo centro ancora esistente fra i comuni Gragnano e Lettere, compare per le prima
volta in un documento del I 146″.
Risulta essere la località maggiormente presente nei documenti riguardanti Lettere (12
attestazioni su 52 documenti, pari al 23%).
Nel suo territorio doveva passare il confine tra Lettere e Gragnano. La zona di Gete, posta presso
Caso., è infatti attribuita quattro volte a Lettere ed una volta a Gragnano (tav. 7). Nelle fonti
riguardanti Carola, insieme M poderi, é attestata la presenza di fabricae e cammerae.
Qualcosa si può anticipare anche per le colture preaistenti a Casola, ben cinque documenti
menzionano l’esistenza di vigneti, uno oliveti (tav. 7). Anche per l’ideale situazione altimetrica la
vite sembra essere il tipo di coltura predominante, situazione del resto ancora invariata ai nostri
giorni.
A Casola si riferiscono i soli Tre documenti conservati, tra quelli riguardanti Lettere, concernenti la
vendita di terra incolta; sono concentrati tra il secondo ed il terzo quarto del XIII sec. e sono il
chiaro segno di uno sviluppo della zona in quel periodo (Tav. 7).
Un altro casale spesso citato nelle fonti e situato nel territorio di Lettere era Comparatum (8
attestazioni su 52, pari al 19%). Questo toponimo è oggi scomparso ma designava un abitato
collocato a Nord di Casola.
Dato interessante è quello riguardante i tipi di strutture abitative presenti a Comparatum. Infatti in
tutto il territorio di Lettere sono attestate solo tre domus e due proprio nella zona di Comparatum.
La presenza di due edifici di questo tipo induce e pensare che e Comparatum dovessero risiedere
almeno due famiglie di una certa importanza. Una potrebbe essere individuata nella nobile
famiglia dei de Comparato attestata in zona fin dal IX sec.”. Nella zona di Comparatum la coltura
dominante sembra essere l’olivo, attestato quattro volte, mentre una sola volta sono ricordati un
vigneto ed un frutteto (tav. 7).
Per Gragnano, tra il X ed il XIV sec., sono ricordati 17 toponimi (tav. 7). Il casale che più
frequentemente compare è Aurano (6 attestazioni su 29 documenti, pari al 21%). Questo piccolo
centro è situato ad Est del Castello di Gragnano ed è tuttora esistente, Il tipo di coltura qui
predominante fra XI ed il XIII sec. pare essere la vigna che è ricordata in quat. documenti (tav. 7)
ed è ancor oggi il tipo di coltura più diffuso.
Nei documenti presi in esame, oltre agli antichi casali sono menzionati nel territorio di Lettere,
Gragnano e Pino, più di altri quaranta toponimi, che in alcuni casi si sono conservati fino in età
moderna, mentre in altri appaiono caduti in disuso e sono malora individuabili solo attraverso la
tradizione orale (tav. 6).
Le località sono citate, nella quasi totalità dei casi, in atti di compravendita che presentano il
vantaggio di descrivere anche i confini del bene fondiario oggetto della transazione, permettendo,
talvolta, l’ esatta individuazione del sito in questione; dato che può essere di notevole importanza
per determinare i confini Fra i vali centri del ducato amalfitano.
I toponimi sono relativi a zone messe a coltura come Agerola” Campora, Oliveto., S. Salvatore de
pioppeto, altri sono collegati a caratteristiche naturali dei luoghi come Pizzigota (Pizzo acuto, zona
rocciosa a Nord Est del castello di Lettere.); Pimonte: località ai piedi del massiccio del Faito.
Padule: vasta area paludosa ai piedi della collina di Lettere., completamente bonificata solo nella
metà del XIX secolo
Altri toponimi indicano la presenza di evidenze archeologiche risalenti all’età romana, collegate
alla città di Stabiae, situata fra i moderni comuni di Castellammare di Stabia e Gragnano, ed alle
ville del suo territorio, sepolte sotto una coltre di lapilli e cenere dall’eruzione vesuviana del 79
d.C..
Bisogna ricordare Petrurulum, oggi Petardo, frazione del comune di. Gragnano, zona per nulla
pietrosa, ma in cui sono state individuate numerose ville e necropoli d’età romana, e il toponimo,
oggi perduto, Ad quattuor ville, attestato in antico per la zona di Lettere, nella quale sono state
segnalate negli ultimi anni numerose ville romane.
Le colture ed i contratti agrari
Ila gruppo di documenti pervenuto, formato prevalentemente da contratti di vendita ed affitto di
poderi, si presta bene ad un’analisi delle colture esistenti in età medioevale nell’area in esame e ad
individuare le differenze fra i vari centri, che sono disposti a diverse quote sul livello del mare:
Gragnano a 280m., Lettere a 347 m., Pimonte a 415 m. e Vino a 576m. (tac. I).
Gli oltre ottanta documenti riguardanti questi abitati si presentano variamente distribuiti: 52
riguardano il territorio di Lettere; 29 il territorio di Gragnano; 3 il territorio di Pino (tav. 7); nessun
documento si ha per il territorio di Pimonte, che forse non era autonomo, ma diviso fra quelli di
Pino e Gragnano. Essendo il campione sufficientemente vasto solo per Lettere e Gragnano, ci si è
limitati ad utilizzare i documenti relativi a questi due centri. I tre documenti di Pino non
consentono infatti di individuare un regime colmale ed agrario dominante, ma attestano solo la
presenza di vigneti, castagneti e boschi.
Dall’analisi dei documenti riguardanti Lettere e Sognano si può rilevare che ci si trova sempre di
fronte ad appezzamenti di terreno di modeste dimensioni. Le caratteristiche orografiche ed
economiche della penisola sorrentino-amaltitana non hanno infatti mai permesso lo svilupparsi
del latifondo. L’acquisto di terra sembra essere stato uno dei principali investimenti dei capitali
provenienti dal commercio marittimo«. Anche la menzione di molti confinanti per ogni podere, fa
credere

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