Il 1799 in Penisola Sorrentina. Conferenza del Prof Raia a cura dell’Istituto Tasso

Martedi 16 giugno alle ore 17.00, presso l’Hotel Continetal di Sorrento, il prof Ciro Raia, terrà conferenza storica sul 1799 in Penisola Sorrentina. Appuntamento da non perdere per tutti gli appassionati di storia, sorrentini e non . A moderare l’evento Aniello Clemente.

Generico giugno 2020

Nel 1799, nel Regno di Napoli, governano Ferdinando IV di Borbone e sua moglie Maria Carolina, l’uno con superficialità, l’altra con cattiveria. Non a caso si dirà che “il vero re è la regina”. Il popolo, specialmente nella città capitale del Regno, è morbosamente legato al re e accoglie, pertanto, con diffidenza le prime esperienze giacobine nate anche sull’onda della rivoluzione francese. Poi, con l’arrivo del generale francese Championnet prende forma l’idea della repubblica e si dà vita ad un governo, che dura in carica solo sei mesi. Presto, infatti, l’idea repubblicana affoga nel sangue della repressione e nell’odio covato dalla regina Maria Carolina contro ogni anelito di libertà. La Repubblica napoletana del 1799 è il racconto di uno spaccato di storia tra riformismo e utopia, tra passioni e speranze, tra cronaca e documentazione. E del racconto di sei mesi epici sono protagonisti lazzari ed intellettuali, preti e nobili, popolane e castellane. Insieme al Vesuvio, a San Gennaro e a Sant’Antonio, testimoni o protettori di tutti gli eventi. Fino al tragico epilogo di Piazza Mercato, luogo in cui Ferdinando IV, consuma la sua vendetta, mandando al patibolo Eleonora Pimentel Fonseca, Mario Pagano, Vincenzo Russo, Gennaro Serra di Cassano, Michele Marino insieme ad altri innumerevoli martiri, provocando “un’ecatombe, un macello di carne umana, che ha stupito il mondo civile e reso attonita e dolente tutta l’Italia”.

Ma perchè l’Istituto Tasso insiste su questo periodo storico? perchè esso ha lasciato una ferita indelebile, cioè a dire ,la perdita del ritratto  del Tasso dal vivo di Zuccaro, che l’arcivescovo Silvestro Pepe , in cambio della salvezza della città, offrì al generale. 

In merito , anche Nunziata Berrino ci ha regalato un bel saggio :JOURNAL ARTICLE La casa del Tasso a Sorrento: monumentalità e immaginario tra Decennio francese e Restaurazione borbonica – Annunziata Berrino- Meridiana No. 88 (2017), pp. 197-217 .

Generico giugno 2020

L’istituto di Cultura Tasso , presieduto da Luciano Russo, comunque pubblicò già un volume in merito, scritto da Vincenzo Russo , da cui traiamo alcune pagine:

ISTITUTO DI CULTURA TORQUATO TASSO   VINCENZO RUSSO

SORRENTO E LA SUA PENISOLA DALL’ETA’ PREELLENICA AL SECOLO XIX

Agli inizi del 17?8, le Università di Sorrento e Massa, che già due anni prima

avevano rispettivamente votato un donativo di 300 e 200 ducati al re “per

la difesa della Religione e dello Stato”, ricevettero l’ordine di contribuire

all’integrazione dell’esercito napoletano con una leva di otto uomini su mille.

La campagna contro i Francesi, che occupavano Roma, iniziata il 22 novembre,

si concluse, com’è noto, nel dicembre dello stesso anno, con la sconfitta

delle truppe borboniche e la fuga del re a Palermo.

Dopo l’ingresso dei Francesi a Napoli, nel gennaio del 1799, fu proclamata

la Repubblica Napoletana e formato un governo provvisorio del quale entrarono

a far parte il sorrentino Nicola Fasulo e il massese Luigi Bozzaotra.

Contemporaneamente, nei Comuni della penisola, veniva innalzato l’albero

della libertà e abolito il vecchio ordinamento amministrativo; mentre il vescovo

di Vico, monsignor Michele Natale, dava la propria adesione alla causa

repubblicana ed era eletto presidente di quella municipalità.

Ma le carenze di collegamento tra l’è lite intellettuale, impegnata nella direzione

pqlitica delle città della costa, e la popolazione locale, eccitata dal legit.

timismo borbonico, apparvero presto in tutta la loro evidenza. Verso la fine

di marzo Michele Natale fu costretto a fuggire a Napoli dal precipitare degli

eventi e dall’accresciuta pericolosità dei sanfedisti che, nel mese successivo,

assalirono e saccheggiarono la dimora episcopale di Vico. A Sorrento, nello

stesso periodo, fu compiuto un attentato contro Alessandro Parente, comandante

della Guardia Nazionale, e si sviluppò un moto reazionario sostenuto

da alcuni aristocratici napoletani e capeggiato da un certo Domenico

Fiorentino, detto Mercantiello. Tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, le

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violenze e i disordini avvenuti sul territorio, da Vico a Massa, indussero la

Repubblica a ristabilire la legalità con la forza, inviando, dalla vicina Castellammare,

un contingente di soldati francesi verso Sorrento. Preoccupati

dall’approssimarsi dei Francesi e minacciati contemporaneamente dal mare

dal generale Sarazin, che si era unito all’ammiraglio Caracciolo, i Sorrentini

si affrettarono a chiedere la capitolazione, che venne mediata dall’ arcivescovo

Silvestro Pepe.

Il ritorno della penisola sotto il controllo della Repubblica Partenopea durò

solo un mese. Il 17 maggio i Francesi lasciarono Napoli e i Giacobini napoletani

si apprestarono a difendere l’assetto repubblicàno contro l’esercito

sanfedista. Tra l’ 11 e il 13 giugno, dopo aspri combattimenti, la resistenza

giacobina fu sopraffatta dalle orde del Ruffo, che conquistarono la capitale.

Il 15 dello stesso mese, giunta la notizia della vittoria borbonica, i Sorrentini

“buttarono a terra l’albero dell’infame libertà” ed eressero, nella piazza

del castello, un piedistallo sormontato da una croce e recante le immagini dei

santi protettori. Fecero poi festeggiamenti per otto giorni, con spari d’artiglieria

e di cannoni dal castello e dal fortino e salutarono il “faustissimo ritorno”

di Ferdinando IV con una solenne processione, il 30 giugno, ed ulteriori

cerimonie religiose nella cattedrale, il 7 luglio, con l’intervento dell’arcivescovo

e del clero.

Queste celebrazioni furono tuttavia accompagnate da iniziative persecutorie

e da episodi di violenza contro i fautori del caduto regime repubblicano,

che rappresentarono, in un certo modo, una manifestazione periferica della

feroce reazione attuata a Napoli, nel corso della quale furono, tra gli altri,

mandati a morte il vescovo di Vico, mons. Michele Natale (20 agosto), il

massese Luigi ‘Bozzaotra (22 agosto) e il sorrentino Nicola Fasulo (29

agosto).

Dal libro  ENTRO LA CERCHIA DELLE ANTICHE MURA DI Antonino di Leva

SORRENTO NEL 1799
Il 21 gennaio 1799 venne proclamata la Repubblica Partenopea
e l’armata francese comandata dal generale Championnet
entrò in Napoli due giorni dopo.
.
Il re Ferdinando IV aveva lasciato la Capitale già dal 23
dicembre 1798, prendendo imbarco su legni inglesi che lo condussero
a Palermo.
Stabilita la repubblica, lo Championnet emanò il noto
proclama agli abitanti dell’ex regno : « Siete liberi finalmente
[ . . ) » 1 . Seguì la formazione del governo provvisorio e l’istituzione
della municipalità in « tutte le Città, che avranno una
popolazione di dieci mila anime » 2 .
. 􀀤enne poi istituita la guardia nazionale, « specialmente
1􀀢canc􀎒t a della polizia della Città, di mantenere l a tranquillita,
la sicurezza delle persone, e delle proprietà, di guardare
gli edificj pubblici, e le autorità costituite, alle dimande delle
quali per la esecuzione delle leggi , essa dovrà sempre ubbidire
» 3.
Il governo emanò anche ordini per democratizzare le
comunità della repubblica.
L’albero della libertà – « cioè un gran pino con tutte le
sue radici, e parte delle sue foglie, colla berretta della Libertà
sulla cima, e di fianco la bandiera nazionale legatavi colle
fasce tricolorate » 4. – venne eretto nelle nostre contrade da
Luigi Bozzaotra. I l fatto è confermato da una lapide dettata da G . Bovio
e posta sul muro esterno del municipio di Massa.
A LUIGI BOZZAOTRA
D I MASSALUBRENSE
DELLA REPUBBLICA PARTENOPEA
CANCELLIERE
NEL MDCCXCIX
MILITANTE AL PONTE DELLA MADDALENA
CONTRO LE ORDE DI RUFFO
E NELL’ANNO ISTESSO A’ 22 OTTOBRE
AD ONTA DELLA CAPITOLAZIONE
DATO ALLE FORCHE
REO
D’AVER PIANTATO El PRIMO
NELLA PENISOLA SORRENTINA
L’ALBERO DELLA LIBERTÀ
OH DA QUELL’ALBERO
QUANTA GLORIA QUANTO SANGUE
QUANTE SPERANZE!
I CITI ADINI POSERO 22 OTTOBRE 1899
Ma la repubblica fu assai presto osteggi ata dalle popolazioni
regnicole e le lotte tra le fazioni sconvolsero anche il
dipartimento del Vesuvio, uno degli undici nei quali era diviso
il territorio repubblicano.
Ai moti insurrezionali i Francesi reagirono con la repressione
armata, spesso seguita da saccheggi e contribuzioni. Le
lotte si conclusero con la definitiva restaurazione borbonica.
Anche Sorrento ebbe la sua reazione realista e cosi diede
il suo contributo alla storia del generale sommovimento del
dipartimento.
Gli avvenimenti che destano il nostro interesse avvennero tra il 1 6 aprile e il 3 maggio. L’antefatto è dato dalle insurrezioni,
che nel salernitano provocarono la temuta reazione
francese. Per ripristinare la legalità repubblicana il generale
Mac Donald, comandante dell’armata a Napoli, si servì del
subalterno generale Vatrin (o Watrin), che nell’azione di
repressione rimase famoso per i saccheggi di Cava, Vietri,
Salerno (27-29 aprile 1 799) , e per le pesanti contribuzioni
imposte alle città.
L’intervento del Vatrin era stato provocato dal pericoloso
blocco di Salerno, portato già dal 1 6 aprile da alcune navi
inglesi, che con la loro presenza avevano incoraggiato la
rivolta nei paesi della riviera di Amalfi e provocato gravi turbamenti
nella stessa città di Salerno. Inoltre navi inglesi e borboniche
sbarcarono, il 27-28 aprile, uomini a Castellammare
e, con l’appoggio degli insorti di Gragnano, conquistarono il
forte.
Contro di essi mosse da Napoli una colonna francese
comandata dallo stesso Mac Donald, che aveva ai suoi ordini
il generale Sarazin . Egli riusd a battere i realisti sul fiume

 

 

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