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Positano inedita: Quando la Perla della Costiera era un Cuore Pulsante dell’Economia del Regno

10 maggio 2025 | 12:50
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Positano inedita: Quando la Perla della Costiera era un Cuore Pulsante dell’Economia del Regno

Un nuovo libro dell’avvocato Francesco Saverio Esposito svela il ruolo centrale di Positano nei traffici marittimi e finanziari del XVIII secolo, un’indagine storica che riscrive pagine inattese sul passato della Costiera Amalfitana.

Positano inedita: Quando la Perla della Costiera era un Cuore Pulsante dell’Economia del Regno

Un nuovo libro dell’avvocato Francesco Saverio Esposito svela il ruolo centrale di Positano nei traffici marittimi e finanziari del XVIII secolo, un’indagine storica che riscrive pagine inattese sul passato della Costiera Amalfitana.

Non solo paesaggi mozzafiato e icone del turismo. La storia della Costiera Amalfitana, e in particolare di Positano, rivela pagine inattese di potenza economica e marittima. A riportarle alla luce, con la consueta meticolosità che lo contraddistingue, è l’avvocato Francesco Saverio Esposito, già autore di importanti volumi sulla storia locale di Piano di Sorrento e Meta. Cinque anni dopo aver pubblicato “Vicende del Piano di Sorrento dal XVI al XIX secolo“, Esposito ha concluso una nuova, straordinaria ricerca, accendendo i riflettori sulla Positano del XVIII secolo e sul suo ruolo centrale nei traffici e nella finanza del Regno di Napoli e oltre.

Un lavoro che promette di colmare un vuoto nella narrazione storica di un territorio apparentemente già ampiamente studiato, svelando connessioni, rotte commerciali e figure di spicco che testimoniano una vitalità economica ben diversa da quella turistica per cui Positano è oggi universalmente nota.

In una recente intervista a mezzogiorno e dintorni, l’avvocato Esposito ha condiviso i dettagli della sua indagine e le sorprendenti scoperte emerse dagli archivi:

Ho appena terminato una ricerca sulla Positano del XVIII secolo che mi ha portato a conoscerne a fondo l’organizzazione economica e sociale nel periodo considerato. Sarà opportuna una premessa. Mi sono già occupato di storia locale e sul tema ho pubblicato due testi: “Un romanzo lungo tre secoli” nel 2016 e “Vicende del Piano di Sorrento dal XVI al XIX secolo” nel 2021”.

Avvocato Esposito eccoci di nuovo a parlare di storia locale grazie al nuovo libro prossimo alla pubblicazione cui ha dedicato, come nei due precedenti, anni di studi e di ricerche…

Negli anni ho avuto l’opportunità di attingere a numerose e variegate fonti archivistiche e mi è capitato di imbattermi in atti concernenti i rapporti commerciali e d’affari tra operatori delle due costiere, Sorrentina e Amalfitana. Il che mi aveva lasciato intuire che, sull’altro versante della penisola, in special modo a Positano, potesse essersi sviluppata, nei medesimi periodi presi in esame per il Piano di Sorrento, una notevole attività marittima. E’ chiaro che fosse necessaria un’indagine accurata cui mi sono dedicato in questi ultimi anni”.

Vogliamo ripercorrere la storia di questa ricerca focalizzando l’attenzione sugli aspetti salienti di tematiche che solo lei ha approfondito e trattato nonostante esistano tante pubblicazioni sulla storia della Penisola Sorrentina?

Nell’esplorazione storica sulla marineria del Piano di Sorrento ero partito dalle vicende di quelle famiglie marinare che ne avevano reso possibile lo sviluppo ed erano emerse varie decisive figure. Tra le tante quella del capitano Michele Maresca (1728-1803) figlio del capitano Pietro Antonio (1687-1744) a sua volta figlio di un padrone di bastimenti vissuto nel 600, Giovan Camillo (1639-1700 !?). Negli ultimi 15 anni circa del secolo Michele, però, dismessi gli abiti dell’uomo di mare, si era dedicato ad attività di tipo finanziario finendo per ricoprire, nel breve periodo della Repubblica Partenopea del 1799, l’incarico di tesoriere generale del Banco San Giacomo e Vittoria, di gran lunga, tra gli antichi banchi presenti nella capitale, il più importante. Fondamentale per la centralità che aveva nel sistema bancario regnicolo tanto da essere autorizzato a batter moneta. Pur nella minuziosità delle ricerche mi erano sfuggiti i collegamenti, anche di tipo personale, del Maresca con considerevoli uomini d’affari dell’altra costiera e, in special modo, di Positano. L’incarico al Banco S. Giacomo era venuto al Maresca dal conte Antonio Piatti un triestino che, a Napoli fin dal 1788, ricoprì nel governo repubblicano del 1799 quello di capo commissario della Tesoreria Nazionale. Quali ragioni avessero indotto il Piatti ad affidare una funzione così delicata per la gestione finanziaria della Repubblica a un navigante con esperienze maturate maggiormente, come ovvio, nel settore marittimo non è facile da stabilire. Le recenti ricerche mi hanno convinto che forse risultarono decisivi anche i rapporti personali che il Maresca aveva stretto con importantissimi uomini d’affari di Positano particolarmente attivi a Napoli e altrove nel Regno e fuori del Regno: in special modo a Genova, a Livorno e in Sicilia a Palermo o, ancora, in Puglia a Gallipoli. Ebbene si trattava di padroni marittimi e mercanti che, originari di Positano, ormai da decenni dimoravano in modo fisso nella capitale o, anche, in città come Palermo, Catania, Messina o Gallipoli in Puglia.

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Stemma dei Romito

All’epoca questa città era il più considerevole centro oleario del Salento e da li partivano grandi quantitativi di olio (soprattutto lampante) verso l’Europa settentrionale con tappa a Londra e fino a San Pietroburgo. Anche di questa tipologia di traffici (ma non solo), peraltro, si occupavano i positanesi, maggiormente quelli di loro che erano andati a vivere nel centro salentino: i Rossi, i Talamo, i De Pace, gli Staiano, i Montuoro, i Romito (a fianco lo stemma dei Romito su Palazzo Senape/De Pace a Gallipoli) ecc.…….

Immaginate che nel 700 ben due sindaci di Gallipoli, Giovanni De Pace e Costantino Rossi, erano nativi di Positano, che palazzi maestosi del centro storico appartenevano ai Rossi, ai Romito, ai De Pace, ai Talamo, agli Staiano e ai Montuori e, infine, che due Rossi, Don Costantino e Don Gennaro, vi acquistarono due feudi divenendo il primo barone di Caprarica e l’altro di Castro”.

Una centralità di Positano nello sviluppo di una fiorente economica finanziaria oltre che marinara e commerciale…

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Madonna dell’Assunta di Positano

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Donna Rosa Cinque

Altri positanesi fecero fortuna in Sicilia divenendo i maggiori mercanti operanti sull’isola nella seconda metà del 700. Addirittura i Buonocore e i De Pace, stabilmente dimoranti a Palermo fin da fine 700, nell’800 divennero soci di minoranza in una delle società che i Florio costituirono dopo l’Unità d’Italia per gestire l’appalto pubblico del servizio postale. Anzi i De Pace, che a Palermo gestivano la società di navigazione “Società Sicula Transatlantica”, entrarono anche in parentela con i Florio avendo Luigi De Pace sposato Angelina figlia di Vincenzo (Florio).

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Luigi De Pace e Famiglia Florio

Sull’onda del successo dell’attività marittima nel 1862 i De Pace comperarono parte del palazzo dei Tomasi Lanza di Lampedusa modificandolo secondo il gusto del tempo.

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Don Costantino Rossi

A Napoli, almeno da fine 600, nelle aree più vicine al porto viveva una comunità formata da capitani, armatori, mercanti e negozianti nativi delle due costiere di cui si compone la Penisola Sorrentino-Amalfitana. Avvezzi ad avvalersi abitualmente del sistema bancario offerto dalla capitale in città riuscivano a tessere rapporti commerciali che, attese le difficoltà dei collegamenti tra la Penisola e Napoli, sarebbe stato problematico perseguire e curare risiedendo nelle località d’origine”.

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Come nasce l’idea di approfondire questa storia di Positano che apre una finestra inesplorata su quella che è generalmente considerato “solo” una perla del panorama turistico internazionale?

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Don Giovanni De Pace nativo di Positano e sindaco di Gallipoli nel 1797

Lo spunto per questa nuova esplorazione sulla storia locale e, in particolare, di Positano che, nel 700, fu centro di attività terziare tra i più rilevanti dell’intero Regno meridionale, in realtà è venuto, quasi casualmente, dopo aver scoperto che due miei avi, quantunque originari l’uno del Piano di Sorrento e l’altra di Positano, vivevano a Napoli, con le proprie famiglie, dall’infanzia proprio in quest’area e qui che intrecciarono i loro destini. Si tratta del medico, Pietro Maresca, unico figlio maschio di capitan Michele, e di una giovane ragazza appena diciottenne, Maria Teresa Buonocore. Del tutto fortuitamente e grazie a quanto emerso dai registri conservati all’Archivio Diocesano di Napoli ho appreso che la ragazza fosse nativa della Regia Terra di Positano e figlia di Don Giovan Marino Buonocore e di Donna Eugenia Rossi. Della paternità di Maria Teresa già sapevo fin dalla stesura del mio primo testo avendolo appreso sia attraverso gli atti notarili esaminati al tempo sia dai registri parrocchiali conservati nella Basilica di S. Michele Arcangelo a Piano di Sorrento dove si indicava Maria Teresa come figlia di tal Don Giovan Marino e se ne registrava il decesso nel 1850. Quel che, tuttavia, non c’era stato verso di conoscere era da dove provenisse. Unica certezza, come ho anticipato, che fosse figlia di questo Don Giovan Marino Buonocore e verosimilmente di un ceto sociale borghese piuttosto elevato. Finalmente le ultime fortuite ricerche all’Archivio Diocesano hanno consentito di appurare che il padre, Don Giovan Marino, fosse di Positano dove era nato nel 1749 da un padrone di bastimenti, Saverio, e da una Anna Maria Parlato discendente da altra famiglia di marinai e maestri d’ascia.

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Anzi i Parlato, come poi ho verificato attraverso atti ultimamente raccolti all’archivio di Stato di Salerno, nel corso del 700, furono, insieme agli Aiello o d’Aiello, i più accorsati maestri d’ascia in opera sulla Marina Grande. Qui era attivo un cantiere navale tutt’altro che piccolo. Ho rinvenuto, infatti, numerosi contratti stipulati tra padroni marittimi positanesi e maestri d’ascia relativi alla costruzione di tartane, martingane, feluche a due alberi anche di notevoli dimensioni e armate di tutto punto. Parte del legname occorrente alla costruzione dei bastimenti, soprattutto le tavole per realizzare i ponti, era tagliato nelle selve di Ticciano e Moiano e portato giù attraverso il sentiero che collega Montepertuso a S. Maria del Castello.

Giovan Marino, dopo essere stato inizialmente, come suo padre, un padrone marittimo nell’ultimo trentennio circa del secolo (in realtà dell’attività commerciale dei fratelli Felice e Luca ho trovato riscontri già a partire dal 1760 circa) divenne uomo d’affari notevolissimo con considerevoli interessi nella capitale e, ancor più, in Sicilia tanto a Palermo che in altre città dell’isola quali Messina e Catania.

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Maria Teresa, pur nata, nel 1777, a Positano, già all’età di due anni era stata condotta dai genitori, che già vi dimoravano, a Napoli andando a vivere nell’area di Santa Maria La Nova. Qui i coniugi Buonocore occupavano parte di un palazzo che, nei verbali prematrimoniali (del matrimonio di Pietro e Maria Teresa) redatti dal Parroco della Chiesa della Pietà dei Turchini di Napoli, viene individuato come quello di proprietà del Duca di Castro. In realtà è un refuso. Successivi approfondimenti mi inducono a ritenere che il palazzo fosse quello di Don Gennaro Rossi barone e non Duca di Castro. Il che è plausibile perché, per l’appunto, la madre della sposa, Donna Eugenia, era in parentela con i Rossi che vivevano nel Salento sia con il Barone di Castro, Don Gennaro Rossi, che con quello di Caprarica, don Costantino Rossi e su questa circostanza ho raccolto numerose prove. Soprattutto atti notarili. Alcuni atti riguardano anche il famoso palazzo Murat che fu edificato dai Rossi su suolo della Badia di S.Vito e oggetto, nel 1774, di divisione tra gli eredi (un erede era per l’appunto Don Costantino stabilmente in Puglia a Gallipoli) di Don Gioacchino Rossi che vi era stato censito come dimorante già nel 1752. La perizia di stima del palazzo (di lato una foto d’interni) fu redatta da Giovanni Attanasio figlio di Simone e Gioacchino Attanasio figlio di Michele. I due all’epoca erano i più apprezzati estimatori immobiliari di Positano (ho copia degli atti notarili dell’epoca cona la valutazione degli estimatori). I due nel 1759 apprezzarono anche un palazzo in località S. Giovanni che ritengo sia l’attuale “Villa Magia”

Storie di famiglie, di dinastie che hanno scritto pagine significative, quanto inesplorate, di questo angolo di paradiso che è la costiera amalfitana…

L'avv. Francesco Saverio Esposito:

Francesco Saverio Esposito

Si, è vero! Continuiamo a conoscere questi personaggi. Giovan Marino aveva quattro fratelli, Emanuele, Fortunato, Luca e Felice. Tutti dediti a proseguire l’attività paterna, ma già dal 1760 circa avevano esteso il loro campo d’azione divenendo apprezzati mercanti sia nel settore del commercio dei grani che in quello dei tessuti operando singolarmente o in società tra loro su piazze mercantili importantissime come Marsiglia, Genova, Livorno, Messina e Palermo. Importavano dall’Inghilterra, principalmente attraverso i porti di Genova e Livorno e, in qualche caso, Marsiglia, tessuti e panni di tipo industriale per rivenderli, poi, a Napoli, Sicilia, Calabria e Puglia. La madre di Maria Teresa, Eugenia Rossi (nata nel 1756), era figlia di Don Serafino. Questo, nativo di Positano da anni, di certo da prima del 1760, era stabilmente a Napoli (vi morirà nel 1799 venendo sepolto nell’ipogeo della Chiesa di S. Giovanni Maggiore) dove reggeva un ragguardevolissimo giro d’affari tanto da essere, già nel 1774, annotato nei libri mastri del Banco S. Giacomo e Vittoria, come uno dei correntisti con maggiori movimentazioni. Un’ occhiata ai registri di cassa di questo banco, seppur circoscritta al primo semestre del 1774, è stata sufficiente per comprendere quanto robusti e importanti fossero i suoi traffici. L’8 febbraio 1774 sono annotate due transazioni d’affari con il Barone Cesare Lentini, grossista di grani, di cui una per ben 2.900 ducati e altra per 1.400 ducati. Ancora nel medesimo semestre sono annotati decine se non centinaia di scambi commerciali per migliaia di ducati con i grossisti Ventatane, De Ruggero, Berio ed altri. Partendo da questi dati iniziali ho esteso la ricerca a molte (se non tutte) delle antiche famiglie di padroni marittimi e mercanti più in vista nel 700 a Positano: in particolar modo ai De Pace, agli Attanasio, ai Montuoro, ai Buonocore, ai Cinque, ai Talamo, ai Bruno, agli Staiano, ai De Martino, ai Fiorentino, ai Coccorullo, ai Romito ecc.……Ho già pubblicato attraverso il sito ufficiale Italia Nostra un primo articolo riguardante i traffici che i Rossi (unitamente ad altri mercanti positanesi) svolgevano, nella seconda metà del XVIII secolo, con le Isole Vergini Danesi (nei Caraibi) oggi possedimento americano. Ho raccolto le notizie in un testo che ho titolato “In viaggio alla fine del 700 da Positano e dal Piano di Sorrento verso Napoli, Palermo e Gallipoli “che spero di pubblicare al più presto. Ritengo da quanto è emerso dalle ricerche e di cui ho potuto fare solo qualche cenno, quantomai interessante perché attraverso i vari documenti, in special modo quelli notarili, mi è stato possibile entrare nei dettagli di una vicenda storica ai più poco conosciuta. Posso garantire che tutte le notizie hanno un preciso riferimento documentale e la esatta indicazione della fonte archivistica da cui sono state tratte. Nessuna notizia è stata fondata sui “si dice” o “i vecchi ricordano“, ma tutte esclusivamente e rigorosamente sui documenti d’archivio. Nella ricerca ho ricevuto il fondamentale contributo del Parroco, Don Danilo Mansi, al quale devo la conoscenza di dati rivelatisi basilari per la successiva esplorazione. Molte notizie mi sono state offerte da un discendente dei Rossi, Buonocore e De Pace tutt’ora residente a Gallipoli, il dott. Matteo Cutazzo, altre le ho apprese dallo storico Rosario Lentini di Palermo autore di una importante monografia sul ruolo dei mercanti di Positano in Sicilia nel XVIII secolo. Il prof. Lentini con dati d’archivio inoppugnabili dimostra che mercanti e padroni marittimi di Positano avevano il dominio commerciale della Sicilia nel XVIII secolo. Dai documenti che ho raccolto affiora che il loro vigore commerciale non era circoscritto alla sola Sicilia e che forti erano i rapporti che coltivavano anche con mercati esteri in special modo con quello inglese.

Ogni famiglia di Positano potrà scorgere nella vicenda la storia dei propri avi e conoscere fatti che non potranno che inorgoglire quanti, avendo la fortuna di abitare in questa località, ignorano che in un passato sia pur non recente, padroni marittimi e mercanti di Positano hanno dimostrato capacità mercantili non comuni primeggiando su piazze come Palermo, Genova, Livorno, Sant’Eufemia, Gallipoli, Bari, Barletta e altre ancora coltivando, inoltre, rapporti commerciali in Europa e, nientemeno, in America nelle lontane Isole Vertigini Danesi all’epoca dei fatti porto franco. Siamo nella fase della correzione e pubblicazione del lavoro sperando di poterlo rendere pubblico al più presto”.