Luis Antonio Tagle, il Francesco dell’Asia che potrebbe diventare Papa
Nel conclave che si apre oggi sette maggio 2025 , l’ombra – o meglio, la luce – di papa Francesco sarà molto presente. Non solo per la volontà dichiarata di molti cardinali di proseguire sulla linea del suo pontificato, ma anche per una semplice questione numerica: dei 133 elettori, ben 108 sono stati nominati proprio da Bergoglio. È in questo contesto che prende corpo una delle ipotesi più suggestive per il futuro della Chiesa cattolica: l’elezione a papa del cardinale filippino Luis Antonio Tagle.
Tagle è un nome ben noto agli osservatori vaticani, molti lo considerano il Francesco d’ Asia . È arcivescovo emerito di Manila e pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, l’organo che gestisce la missione globale della Chiesa nei territori “di frontiera”. È un uomo che ha saputo coniugare spiritualità profonda, acume teologico e capacità comunicativa moderna, tanto che i suoi video biblici su Facebook hanno attirato oltre 600mila follower. È spesso citato nei primi posti tra i “papabili”, e la sua elezione rappresenterebbe una svolta storica: sarebbe il primo pontefice moderno proveniente dall’Asia.
Ma Tagle è molto di più di una candidatura simbolica. È un profilo che, se da un lato offre continuità con Francesco, dall’altro solleva interrogativi sul tipo di Chiesa che i cardinali vogliono per il futuro. Per molti, il suo stretto legame con Bergoglio e il suo orientamento pastorale potrebbero sembrare un prolungamento del pontificato uscente, proprio mentre si chiede un momento di riordino, più che nuove riforme.
Classe 1957, Tagle – “Chito” per amici e familiari – è cresciuto in una famiglia cattolica di classe media. Ha origini cinesi da parte materna, elemento che lo rende un ponte naturale nei dialoghi con il mondo asiatico e, in particolare, con la Cina. Entra in seminario a 16 anni, rinunciando alla medicina, e da lì il suo percorso è rapidissimo: sacerdote a 25 anni, vescovo a 44, cardinale a 55. Benedetto XVI lo volle nella Commissione Teologica Internazionale, mentre con Bergoglio il rapporto si è consolidato nel tempo, segnato da stima reciproca e una certa confidenza.
Lo stesso Tagle ha raccontato un aneddoto curioso del conclave del 2013, quando Bergoglio lo salutò all’aeroporto dicendo: “Che ci fa qui questo ragazzino?” – e lui rispose: “E cosa ci fa qui questo vecchio?” Pochi giorni dopo, quel “vecchio” sarebbe diventato Papa.
Il cardinale filippino condivide con Francesco uno stile umile e vicino alla gente: da vescovo di Imus, prendeva ogni giorno l’autobus per andare al lavoro, evitando l’auto di servizio. E come il papa argentino, si rifà con forza al Concilio Vaticano II, che considera una bussola per leggere i tempi attuali alla luce della tradizione.
Nel suo Paese non ha avuto timore di esprimersi contro il regime violento di Duterte, criticando la brutale guerra alla droga. In ambito dottrinale mantiene una posizione pastoralmente aperta, privilegiando l’ascolto e il discernimento: è attento ai casi concreti più che alle formule rigide, senza tuttavia discostarsi dal magistero ufficiale.
Il suo approccio al dialogo interreligioso è tra i più evoluti della Chiesa contemporanea. In un Paese come le Filippine, dove i musulmani sono una minoranza, ha spesso fatto appello alla solidarietà interconfessionale e ha condannato con decisione ogni strumentalizzazione religiosa della violenza.
Nel 2019, papa Francesco lo ha voluto a Roma, nominandolo alla guida dell’allora Propaganda Fide, oggi Dicastero per l’Evangelizzazione: un super-ministero strategico, segno che lo considerava centrale nel progetto di Chiesa globale. Ma proprio questa nomina ha mostrato i suoi limiti. La gestione della Caritas Internationalis sotto la sua presidenza ha evidenziato criticità organizzative, tanto che nel 2022 il papa ha azzerato la leadership. Tagle non è stato ritenuto responsabile diretto, ma il caso ha lasciato qualche ombra sulla sua capacità gestionale.
In un momento in cui la riforma finanziaria vaticana è cruciale, l’immagine di Tagle, solida sul piano spirituale e pastorale, potrebbe sembrare fragile sul fronte amministrativo. Eppure, proprio questo suo profilo – universale, dialogante, visionario – potrebbe essere ciò che serve a una Chiesa che guarda sempre più verso sud e verso est.
Nel conclave che si aprirà tra pochi giorni, sarà interessante capire se i cardinali vorranno un papa “manager” o un papa “missionario”. Se prevarrà la voglia di continuità carismatica, il nome di Luis Antonio Tagle potrebbe davvero risuonare tra i più votati. E Roma potrebbe presto avere un nuovo vescovo “dalla fine del mondo”.