CICLO DI INCONTRI -“CURE DELLA STRADA” STRAORDINARI SILVANA NATALE CON GIULIO ROMANO E ANTONIO PARISI
Piano di Sorrento ( Napoli ) L’ UNITRE con CURE DELLA STRADA sta tenendo degli incontri straordinari con esperti di altissimo livello e valore professionale, scientifico ed umano . A cominciare dalla Dottoeressa Silvana NATALE “Cure della strada e rete territoriale” poi il dottor GIULIO ROMANO Nefrologo e il dottor ANTONIO PARISI – Neurologo ieri sera . Noi di Positanonews ringraziamo Lucio Esposito presidente dell’Unitre e nostro riferimento per la cultura e gli eventi e i relatori per questa esperienza.
Conferenza del Prof. Giulio Romano: “La salute dei reni con l’età: quando l’apparente normalità nasconde insidie”
Presentazione della Dott.ssa Silvana Natale
In un incontro particolarmente stimolante e ricco di spunti di riflessione, il Professor Giulio Romano, noto nefrologo, ha tenuto una conferenza appassionata e coinvolgente, presentata dalla Dottoressa Silvana Natale, dal titolo provocatorio quanto diretto: “Vi racconterò storie di rene”. Un titolo ironico, ma perfettamente calzante per un intervento che ha saputo fondere rigore scientifico, capacità divulgativa e ironia.
Il professor Romano ha posto subito l’attenzione su un tema troppo spesso sottovalutato: la salute renale negli individui apparentemente sani, in particolare nella fascia di età oltre i 60-65 anni. Il cuore del discorso è semplice quanto importante: anche in assenza di diagnosi conclamate di malattia renale, la funzione dei reni tende a ridursi fisiologicamente con l’età, e ignorare questo dato può avere conseguenze gravi sulla salute generale.
La metafora delle lampadine
Con una brillante analogia, il professor Romano ha paragonato la funzionalità renale a un sistema di illuminazione: in una sala moderna e una degli anni ’50, la luce può calare. Nel primo caso per un guasto improvviso, nel secondo per l’usura del tempo. In entrambi i casi, però, si rischia di inciampare. Allo stesso modo, una riduzione graduale della funzione renale negli anziani può produrre gli stessi effetti di una malattia acuta nei giovani, pur in assenza di sintomi evidenti.
Anziano sano? Non sempre è così semplice
Uno dei passaggi più significativi della conferenza ha riguardato la falsa sicurezza che si tende ad attribuire alle persone anziane senza diagnosi nefrologiche. Avere una funzione renale dimezzata può essere considerato normale per età, ma comporta comunque gli stessi rischi sistemici (dalle fratture alle aritmie cardiache) che si osservano nei giovani con malattie renali. “Il problema – ha spiegato il professore – non è se la riduzione è fisiologica o patologica, ma se quella funzione renale è sufficiente a mantenere l’equilibrio dell’organismo.”
Attenzione a farmaci e raccomandazioni generiche
Il professor Romano ha poi lanciato una critica diretta a certe indicazioni troppo generiche spesso diffuse anche a livello istituzionale, come quelle relative all’idratazione estiva. “Bevete tanta acqua” e “mangiate frutta” sono consigli validi solo in assenza di compromissione renale. In soggetti anziani, un eccesso di potassio – contenuto in molta frutta – può causare aritmie potenzialmente letali, e un sovraccarico idrico può provocare edema polmonare.
Analogamente, molti farmaci vengono eliminati dai reni, e la loro posologia andrebbe sempre adattata alla reale funzione renale del paziente, specialmente in età avanzata. “Non possiamo dosare un farmaco per un settantenne come per un trentenne senza sapere com’è il suo filtraggio renale – ha sottolineato – bisogna misurarlo con un semplice prelievo.”
La regola d’oro: personalizzare sempre
In conclusione, il professor Romano ha ribadito con forza la necessità di personalizzare qualsiasi intervento terapeutico o raccomandazione sanitaria, specialmente quando si ha a che fare con persone oltre i 60-65 anni. “Non esistono dosi universali di acqua, frutta o farmaci – ha detto – Esiste una sola medicina: quella su misura per quella persona, in quel momento, con quella funzione renale.”
La conferenza si è chiusa tra gli applausi, lasciando il pubblico con una consapevolezza più profonda e concreta: non basta sembrare sani, bisogna conoscere davvero come funziona il proprio corpo, e in particolare i propri reni.
Medicina generale e prevenzione: una battaglia personale per la formazione
Il dott. Giulio Romano ha voluto concludere il suo intervento portando alla luce una questione cruciale per il futuro della sanità pubblica: la formazione dei medici di medicina generale, che spesso rappresentano il primo – e talvolta unico – riferimento per la salute dei cittadini, soprattutto in età avanzata.
“Sto portando avanti una battaglia personale”, ha dichiarato con fermezza, “perché le scuole di formazione dei medici di base non seguono un programma ministeriale nazionale, ma dipendono da gestione periferica, con risultati disomogenei.”
La funzione renale va monitorata anche in assenza di sintomi
Parisi ha messo in evidenza l’importanza di una cultura medica orientata alla prevenzione, soprattutto nel rapporto tra il medico di base e la funzione renale del paziente. “Un buon medico di medicina generale – ha spiegato – deve monitorare ciclicamente la funzione renale, anche in assenza di una diagnosi specifica”.
Perché? Perché la malattia renale è subdola: nella maggior parte dei casi non dà sintomi evidenti fino a stadi avanzati, quando la compromissione è già grave. “Se il paziente arriva a lamentarsi, spesso è troppo tardi”, ha detto il neurologo con tono deciso.
Un approccio condiviso tra medico di base e specialista
Secondo Parisi, il medico di base deve avere due strade davanti a sé:
Interpretare autonomamente i segni iniziali di una riduzione della funzione renale, valutando i parametri metabolici correlati (urea, creatinina, elettroliti, etc.) e avviando un piano di gestione.
Oppure chiedere una consulenza specialistica, nel caso ritenga utile un approfondimento nefrologico.
L’importante, ha ribadito, non è imporre la visita dallo specialista, ma sapere quando e come attivare questo passaggio, nel rispetto delle proprie competenze.
Prevenzione, conoscenza e consapevolezza
Il messaggio finale è stato chiaro: la medicina preventiva parte dalla conoscenza e dalla responsabilità. Il medico di base deve essere formato e aggiornato per individuare per tempo segnali di sofferenza, soprattutto nei pazienti oltre i 60 anni, quando molte patologie possono essere rallentate o gestite meglio se prese per tempo.
Con passione e chiarezza, il dott. Parisi ha così unito la neurologia alla nefrologia, la scienza alla pratica quotidiana, mostrando come una buona medicina parta dalla cura costante e competente del corpo, per preservare ciò che più conta: la qualità della vita.
pesso, quando si discute di salute, emergono situazioni paradossali. Ricordo una battuta scherzosa: “10 voti, e ogni voto era una scusa diversa per allontanarsi dalla moglie!” È ironico, ma spesso, dietro questi racconti, si nasconde il desiderio inconscio di prendersi del tempo, di allontanarsi, anche solo per un po’, da una quotidianità che può diventare difficile.
Un episodio mi è rimasto impresso. Ero in ambulatorio, in una struttura dedicata ai pazienti con funzione renale molto compromessa. Stavo lavorando a delle liste quando entrò la moglie di un paziente che avevo visitato da poco. Mi disse:
«Dottore, mio marito lo vedo cambiato. Non è più lucido, è incerto, confuso.»
La prima domanda che le feci fu: «Questo peggioramento lo nota da quando gli sta più vicino, conoscendo la gravità della sua malattia?»
È una domanda provocatoria, lo so, ma non di parte: avrei fatto la stessa osservazione se a parlare fosse stato un marito. Il punto è che, in certi casi, una presenza costante può diventare, purtroppo, un elemento di stress per chi è malato.
Poi iniziai a indagare. Chiesi degli esami. Scoprimmo che il marito era in una condizione di iperidratazione: aveva accumulato troppa acqua nel corpo, tanto da causare un inizio di edema cerebrale. Perché? Perché qualcuno gli aveva detto che, per far funzionare meglio i reni, doveva bere molta acqua. E lui, con una malattia renale avanzata, non riusciva ad eliminarla adeguatamente. L’acqua in eccesso stava invadendo anche il cervello.
Questo episodio dimostra quanto sia importante il dialogo con il paziente. Non è una missione, non voglio mitizzare il nostro lavoro. Non siamo santi, e il merito non è un premio: è solo un’opportunità. Ma se sai comunicare bene con il tuo paziente, puoi costruire un rapporto che va oltre la medicina. Puoi guadagnare fiducia, empatia… amicizia.
Io ho la fortuna di avere molti amici tra i miei pazienti. È un privilegio raro. E questa possibilità nasce dalla comunicazione. Se io do un farmaco che, inizialmente, può peggiorare leggermente la funzione renale ma, nel lungo termine, la preserva, devo spiegarlo bene. Perché, se non lo faccio, il paziente si spaventa. Vede gli esami peggiorati, smette la cura e cambia medico. Non è un problema per me – non faccio attività privata – ma è un’occasione persa per lui.
Bastavano cinque minuti di spiegazione. Quando invece si crea un rapporto di fiducia e comprensione, quel paziente non è più un numero. Diventa qualcuno che comprende, partecipa e si cura meglio.
Questo è il valore aggiunto della nostra professione rispetto a tante altre. Dovremmo essere abbastanza furbi da sfruttarla.
E ora, vi passo la parola, ma prima voglio sottolineare quanto siano straordinari alcuni progetti in corso. È vero, ci sono iniziative a livello nazionale, ma noi qui, nella Penisola Sorrentina, abbiamo un’opportunità unica: un territorio circoscritto, dove si può davvero costruire qualcosa di importante.
Abbiamo in cantiere la formazione dei medici di base del territorio, in collaborazione con gli ECM. Non è un processo rapido, ma c’è un’azienda che ci sostiene. I nostri medici – ne avete conosciuti solo due oggi, ma sono tutti preparatissimi – stanno avendo un enorme successo, anche nelle scuole, dove fanno formazione chiara, concreta.
Quindi, possiamo pensare a una formazione omogenea, con crediti ECM, che magari diventi un modello anche a livello nazionale. Ma attenzione: si deve passare anche da un’anamnesi nutrizionale seria.
Non possiamo fidarci solo del “senso di fame”. Bisogna sapere quando si mangia, quanto si beve, che acqua si beve. Le analisi, le ecografie: tutto questo ci dice se un paziente è disidratato o se deve cambiare abitudini alimentari.
Chiudo con un’ultima riflessione. Qualcuno ha citato un film bellissimo, americano, dove una donna con sindrome di Down crea macchinari per animali. Questo dimostra quanto sia cambiato il mondo rispetto a quando io, giovane neurologo, muovevo i primi passi. All’epoca – parlo del 1986 – molti pazienti con Trisomia 21 erano completamente esclusi dalla vita sociale. Oggi, questi ragazzi recitano, si sposano, inventano. È cambiato il modo in cui vivono, non la medicina. Ed è questo che trasforma il cervello: ciò che fai, non solo ciò che sei.
Lo stesso vale per l’anziano. Se continua a leggere, giocare, pensare, sarà un anziano diverso. Tutto dipende dall’equilibrio del corpo, da quella parola che chiamiamo omeostasi. Se l’equilibrio del corpo è buono, la mente lo segue. Altrimenti, si rischia di spegnersi piano piano.
Alla fine della giornata, siamo ciò che abbiamo fatto. E domani saremo ciò che abbiamo fatto oggi.
Conferenza del dott. Antonio Parisi: Cervello e corpo, un dialogo continuo tra neurologia e nefrologia
Piano di Sorrento – Un incontro denso di spunti e riflessioni quello tenuto dal dott. Antonio Parisi, neurologo originario della penisola sorrentina, che ha riportato al centro dell’attenzione il rapporto tra cervello, corpo e salute generale, con un confronto stimolante tra neurologia e nefrologia.
La conferenza si è aperta con un tono conviviale e provocatorio: “I reni sono dei presuntuosi, pensano di fare tutto da soli!”, ha esordito Parisi con ironia, sottolineando però una verità profonda: ogni specializzazione tende a sovrastimare il proprio campo, ma il corpo umano è un sistema complesso e interconnesso, dove nulla funziona davvero in isolamento.
Il cervello: non solo numero di neuroni, ma connessioni
Il cuore dell’intervento è stato dedicato al cervello, descritto non come un semplice accumulo di neuroni, ma come una rete dinamica di connessioni. “Non conta quante lampadine hai, ma quante riesci a collegarne tra loro”, ha spiegato, utilizzando l’efficace metafora dell’albero di Natale per rappresentare l’importanza delle sinapsi, ovvero i collegamenti tra le cellule nervose.
Un bambino di tre anni, ha detto, ha più neuroni di un adulto, ma non per questo ha maggiore capacità cognitiva. L’efficienza mentale dipende dalla qualità e quantità delle connessioni tra neuroni, che si sviluppano e si mantengono nel tempo grazie alle esperienze vissute, al movimento e alla stimolazione.
Movimento e stimoli: la chiave per mantenere il cervello in salute
Parisi ha posto forte enfasi sul ruolo dell’attività fisica e mentale: “Il corpo deve fare per mantenere attivo il cervello”. Non basta il riposo o l’affetto, servono esperienze concrete: camminare, giocare, cucire, interagire. Anche da anziani. L’inattività, al contrario, riduce i collegamenti sinaptici e può favorire il decadimento cognitivo.
Un esempio toccante è stato quello dei bambini cresciuti negli orfanotrofi della Romania: a parità di età, presentavano un numero significativamente inferiore di connessioni cerebrali rispetto ai coetanei cresciuti in ambienti ricchi di stimoli sensoriali e motori.
La salute del cervello passa per i reni… e non solo
Il dott. Parisi ha poi legato il discorso neurologico a quello nefrologico, evidenziando come molte condizioni neurologiche in età avanzata siano conseguenze di disfunzioni sistemiche, in particolare renali. “Nove volte su dieci – ha affermato – i miei pazienti anziani non hanno una patologia primariamente cerebrale, ma una conseguenza dello stato di salute generale del corpo, tra cui la funzione renale”.
Conclusioni e dialogo aperto
La conferenza si è conclusa aprendo il dibattito alle domande del pubblico, con l’intento di approfondire temi specifici legati all’invecchiamento, alla prevenzione, e alle strategie per mantenere la mente lucida attraverso una vita attiva e una buona salute generale.
Il dott. Parisi, con la sua doppia anima – scientifica e divulgativa – ha offerto una riflessione preziosa: il cervello non si cura da solo, ma attraverso ciò che il corpo fa e vive. Un messaggio chiaro, concreto e profondamente umano.
Neurologia, prevenzione e ambiente del neurone: il sangue come fattore chiave
“Quando una persona sopra i 65 anni arriva dal medico con disturbi della memoria o del comportamento – racconta il dott. Parisi – nove volte su dieci non si tratta di un problema neurologico nel senso stretto del termine. E questo è un dato fondamentale da comprendere.”
“Se invece è un problema neurologico, è qualcosa di drammatico. Perché? Perché purtroppo ancora oggi non sappiamo davvero affrontare la degenerazione primaria del neurone. Possiamo chiamarla Alzheimer o in altri modi, ma l’etichetta serve a poco: ciò che conta è che in quei casi – uno su venti – la prevenzione è quasi impossibile, se non nella forma di un’attenta osservazione della storia familiare.”
L’ambiente che nutre il cervello
Ed è proprio qui che il dott. Parisi cambia registro, riportando l’attenzione sul concetto-chiave del suo discorso: l’ambiente del neurone.
“Il neurone, da solo, non conosce il mondo esterno. Il suo vero ambiente è quello che lo circonda nel sangue. È il sangue a nutrire il cervello. E quindi, prevenzione significa conoscere e preservare ciò che scorre nel sangue intorno al neurone.”
Corpo, stimoli e sviluppo cerebrale
Con un esempio semplice ma potentissimo, Parisi racconta cosa accade già nei primi mesi di vita: “Quando metto un bambino di sette mesi in un girello o in un box, lo limito. Sta fermo, e i suoi collegamenti neuronali si sviluppano male. Ma se lo metto a terra, lui si muove, va a carponi verso una palla, si allunga, usa il polso. Così costruisce quei collegamenti che gli serviranno per scrivere, leggere, parlare. Il movimento stimola il cervello. Il corpo educa la mente.”
Non basta lo specialista, serve il medico di base
“Questa è la vera prevenzione neurologica,” insiste Parisi. “È il medico di base che deve saper leggere quei segnali. È lui che capisce quando davvero un paziente deve andare dal neurologo. Perché il neurologo, da solo, può fare poco. E non perché non sia competente – ma perché il problema è sistemico.”
Il sangue è l’ambiente del neurone
“Per prevenire la degenerazione del cervello bisogna monitorare come funziona il fegato, come funziona il rene, quanto è pulito il sangue, se il cuore pompa bene, se le arterie sono libere, se i polmoni ossigenano correttamente. Tutto questo è ciò che il neurone ‘respira’. È lì che si gioca la partita della prevenzione.”
E chiude, con un pizzico di ironia: “Il neurologo vi aiuta poco. Anzi, meno ci andate e meglio è – a meno che il medico di base non vi ci mandi lui, quando è davvero necessario.”
Il cervello e il movimento
Il movimento è vita: non si intende solo l’attività fisica, ma soprattutto quella finalizzata, che stimola il cervello a creare collegamenti sinaptici significativi.
L’ambiente stimolante e dinamico (sin dalla gravidanza) influisce sulla formazione del cervello: ogni esperienza motoria costruisce reti neurali.
L’evoluzione del cervello umano è legata all’uso degli strumenti e alla necessità di adattarsi, sin dai tempi primitivi.
🩺 Prevenzione e salute neurologica
La prevenzione neurologica si fa nel sangue, non solo nella testa: ciò che nutre i neuroni è ciò che circola nel sangue (ossigeno, nutrienti, qualità vascolare).
La maggior parte dei casi di decadimento cognitivo non ha origine neurologica primaria, ma è legata ad altri organi e sistemi (es. metabolismo, intestino, reni, cuore).
Un approccio integrato è fondamentale: corpo, mente e ambiente sono interconnessi.
🧒 Infanzia e salute
Il movimento libero nei bambini (es. giocare a terra) è fondamentale per uno sviluppo cerebrale sano.
La salute intestinale nei bambini è cruciale: feci troppo frequenti o troppo rare sono segnali da non sottovalutare.
🧑⚕️ Medico di medicina generale: un ruolo centrale
È la figura più importante per la prevenzione, la diagnosi precoce e l’orientamento verso eventuali specialisti.
Si auspica che la formazione in medicina generale diventi una specializzazione vera e propria, con programma nazionale unico, per garantire uniformità di trattamento da Bolzano a Siracusa.
La relazione medico-paziente è cruciale: ogni medico deve saper spiegare, adattando il linguaggio a chi ha davanti.