Processo D’Alessandro, le condanne in primo grado. Imposti anche buttafuori per la movida di Sorrento

Castellammare di Stabia ( Napoli ) Processo D’Alessandro, le condanne in primo grado per le estorsioni sulla movida di Sorrento. Purtroppo anche la Penisola Sorrentina non è esente a questo tipo di problematiche e bisogna che gli amministratori ed i politici ne siano consapevoli, sostenendo anche iniziative sul territorio, in collaborazione con le istituzioni e le associazioni.

Ieri a Torre Annunziata la condanna in primo grado per i due imputati accusati per aver commesso reati ai danni di imprenditori e ristoratori di Sorrento e dintorni.

L’antimafia , come riporta Il Mattino , sostiene che i due imputati si siano impossessati della movida sorrentina, grazie ai loro legami con la famiglia D’Alessandro, riuscendo ad assumere almeno sei persone come guardie del corpo in alcuni locali.

Sono stati condannati ad  8 anni e 4 mesi di reclusione Nino Spagnuolo, ex reggente del clan ritenuto molto vicino al boss Vincenzo D’Alessandro, mentre dovrà scontare undici anni quello che verrebbe considerato  suo braccio destro di Sorrento, Massimo Terminiello,  che si sarebbe affiliato alla cosca stabiese mentre era detenuto in carcere per altri reati.

A due anni dal loro arresto, il processo di primo grado a Spagnuolo e Terminiello è terminato.

La vicenda giudiziaria riguarda anche l’imposizione di buttafuori alla movida di Sorrento

Gestiva locali e eventi da Castellammare di Stabia  a Sorrento in Penisola Sorrentina . I soldi erano dei D’Alessandro i contatti e le relazioni sue per aumentare il volume di guadagni del clan di Scanzano. Condannato a 8 anni e 4 mesi di reclusione Nino Spagnuolo, 45 anni, alias «capastorta», ex reggente del clan ritenuto molto vicino al boss Vincenzo D’Alessandro. Pena ancora più severa per il suo complice in penisola sorrentina. Dovrà scontare11 anni Massimo Terminiello, 42enne di Meta.

Sono stati accusati dall’Antimafia e ritenuti colpevoli con la sentenza di primo grado arrivata ieri di avere puntato al controllo della movida sorrentina. Gestori di locali e imprenditori dovevano accettare il diktat del clan di Castellammare di Stabia soprattutto per la sicurezza. Imposta l’assunzione di almeno sei persone come buttafuori in alcuni locali attraverso una società prestanome in locali e discoteche. Il clan D’Alessandro avrebbe imposto le assunzioni di buttafuori ad almeno due discoteche e un bar, anche nell’estate 2020, dopo la prima emergenza Covid.

A luglio scorso il pm della Dda Giuseppe Cimmarotta aveva chiesto per i due imputati la condanna a dodici anni ciascuno. Dall’inchiesta è poi emerso che il colonnello del clan sarebbe stato anche il vero proprietario del «Plan B», discoteca che si trovava nella periferia di Castellammare, nel frattempo già confiscata, acquisita a patrimonio del Comune e destinata a diventare un centro sportivo.

Il procedimento non è finito, si annuncia già l’appello alla sentenza.

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