Assia Fiorillo a Sorrento, talentuosa rappresentante del nuovo cantautorato femminile diviso tra pop e impegno civile foto

Sorrento (NA) Nell’ambito della rassegna “Incontriamoci in Villa” promossa da Comune di Sorrento e Fondazione Sorrento con un fitto programma di eventi da giugno a settembre e la direzione artistica di Antonino Giammarino, ieri è stato proiettato sul palco di Villa Fiorentino il documentario “Caine, storie di detenute”, della giornalista Amalia De Simone (videoreporter d’inchiesta di Rai 3; “Mi manda Rai 3”, “Il fattore umano”, collabora con The Post Internazionale e Reuters), girato interamente nei penitenziari femminili di Fuorni-Salerno e Pozzuoli. La proiezione è stata preceduta da un dibattito sui temi della detenzione e del riscatto moderato dal decano dei giornalisti della penisola sorrentino Antonino Siniscalchi, con interventi del dott. Antonino Giammarino, che ha fortemente voluto questo momento di impegno civile, la Direttrice del carcere di Fuorni, dott.ssa Rita Romano, e due ex ospiti della Casa circondariale salernitana Rosa e Anna (Ciruzzo) testimoni di un mondo che dimentica troppo spesso di garantire quella seconda chance che un cittadino che ha sbagliato e ha pagato i conti con lo Stato meriterebbe di avere in un Paese civile, mentre spesso nelle carceri “i prigionieri sono come topi che sanno che al di là del buco scavato nel muro c’è una nuova trappola: mai la libertà perché il marchio di Caino ti rimane addosso”, riflessione di Gustaw Herling, scrittore polacco amico di Sorrento, marito di Lidia Croce, all’epoca sopravvissuto al Gulag la scrisse per sottolineare quanto disumana e alienante possa essere la prigione; a seguire c’è stato il concerto della cantautrice Assia Fiorillo. A fine evento incontro la cantautrice per una breve intervista. Assia Fiorillo, per chi non la conoscesse, è una cantante napoletana dotata di una voce straordinaria, il suo è un pop cantautorale che riesce a usare un’ampia varietà sonora senza mai perdersi. In “Assia”, il suo nuovo album, che ha presentato ieri sera a Sorrento, mescola elettro pop e impegno civile, caratteristiche che l’hanno portata ad aggiudicarsi ad aprile scorso, presso le Fonderie Teatrali Limone di Moncalieri (Torino), in occasione della 42esima edizione del premio letterario Città di Moncalieri, il “Premio Gianmaria Testa”, la giuria internazionale della kermesse torinese ha voluto premiare così la sua grazia, il suo talento, il suo flow mediterraneo e soprattutto l’impegno civile condensati nel bellissimo brano “Io sono te” (prodotto da Max D’Ambra), colonna sonora del documentario Caine di Amalia De Simone.
Raccontami di questo tuo progetto musicale, lo hai chiamato “Assia” perché parla della tua storia?
Sì, parla anche di me ma senza autoreferenzialità. Scrivo da quando ero adolescente e a questo punto della mia carriera ho sentito la necessità di raccogliere in un unico album una serie di canzoni, che ho scritto nell’arco degli ultimi anni. Brani però che potessero rappresentare al meglio la mia idea di musica.
Nell’album hai declinato varie tematiche che vanno dall’impegno civile al più semplice divertissement.
Sì, mi piace dire che quest’album è come se seguisse un fil rouge che va dall’interno all’esterno, nel senso che l’attenzione dei primi brani è incentrata sulle relazioni, sui sentimenti di coppia, sui momenti d’amore ma anche di crisi, poi, step by step, ci si sposta sul mondo esterno, sull’impegno sociale e civile, che non è meno importante o coinvolgente dal punto di vista emotivo. Sono sempre io che racconto di cose che in un certo senso ho vissuto in prima persona.
Come definiresti il tuo tipo di musica, ti senti più interprete jazz o della world music?
Ho cominciato in una band che suonava il blues rock di Jimi Hendrix, ma amo la musica in generale, ho una laurea specialistica in Musica Jazz ma posso dire che sono cresciuta ascoltando tanti cantautori italiani.
Quali sono i musicisti jazz che senti più vicini alle tue corde?
Sicuramente “Chet” Baker e in generale il suo stile lirico e intimista, quello che va sotto l’etichetta di cool jazz .
E delle cantanti italiane che cantano jazz?
Devo confessarti che amo soprattutto il cantautorato italiano, anzi posso dirti che considero il mio “papà musicale” Fabrizio De Andrè, le sue canzoni sono la letteratura musicale che più ho ascoltato e che più amo.
E il tuo rapporto con la musica napoletana?
Considera che sono cresciuta in una famiglia dove mio padre suonava il basso, mio fratello la chitarra classica. Tutto il repertorio della musica classica napoletana ho avuto modo di conoscerlo grazie a loro anche se poi non l’ho mai cantato, ma è comunque una parte importante del mio background culturale.
Mi ricordi i nomi dei tuoi musicisti, siete stati tutti molto bravi ci tenevo a citarli nell’aticolo?
Si grazie. Un gran bel gruppo. Valerio Spartera alla chitarra, Ciccio Esposito alla batteria, Enzo Carpinone al basso, Biagio Capasso al piano e alle tastiere.
Come ti sei ritrovata coinvolta nel progetto “Caine”?
Ho conosciuto Amalia De Simone in occasione di un disco che avevo realizzato con il gruppo Mujeres Creando, di cui sono frontwoman, tra noi c’è stata subito intesa. Abbiamo preso da subito a scambiarci idee e opinioni su tutto. Poi è venuto fuori questo progetto di lavoro sulle detenute e il suo contributo è stato fondamentale anche solo per spronarmi e farmi coraggio quando credevo che forse era un impegno troppo grande per me.
Che cosa ti ha lasciato quest’esperienza? Cosa hai provato la prima e l’ultima volta che sei entrata nella casa circondariale?
Ho sempre cercato di non avere pregiudizi. Sono laureata in Psicologia, quindi per formazione cerco di non averne, di non giudicare gli altri. E invece quando entri in un carcere la prima volta, hai dapprima l’impressione che stai per incontrare i cattivi, poi scopri che sono persone normalissime come noi e di qualcuna non ti capaciti che possa essere finita in quelle celle. L’ultima volta che sono stata a Fuorni è stato poco tempo fa perché io e Amalia continuiamo ad andare ma in modo volontario anche se c’è in cantiere l’idea di realizzare un sequel di “Caine”. Sperò però di continuare a rimanere in contatto con queste ragazze che meritano di essere recuperate, reintegrate nella società civile.
Ti è servita la tua preparazione in Psicologia in quest’esperienza con le detenute?
Si, certamente, non solo perché in fondo ho scelto questo tipo di percorso universitario perché mi sentivo istintivamente portata a capire e cercare di comprendere le persone che avevo di fronte ma anche perché la formazione universitaria mi ha dato altri strumenti per entrare in sintonia con queste donne e le loro sofferenze.
Un’ultima domanda, nel documentario c’è una donna che mostra le sue cicatrici, alcune sono raccapriccianti e d’istinto ti domandi come sia possibile che un uomo possa fare quelle cose alla sua compagna. Tu stessa in “Io sono te” canti di “ferite e lividi”, per questo ti chiedo una riflessione sul femminicidio.
La prima riflessione è sul patriarcato di cui ho un’opinione fortemente negativa e della cultura maschilista e machista che ne deriva di cui le donne non sono solo le prime vittime ma, in alcuni casi, anche complici, quando giustificano la violenza subita da un’altra con frasi del tipo “lui ha agito così perché lei lo ha fatto “arrabbiare”. Tieni presente che il brano che hai ascoltato a fine concerto “Qualcosa è andato storto” racconta di un rapporto finito che sfocia in violenza di genere. Ne ho realizzato anche una versione reverse, il ricorrere a quest’effetto speciale mi ha permesso di accentuare la drammaticità di quanto accadeva nel videoclip e nello stesso tempo spiazzare lo spettatore. Ho ideato un plot con lui che, per il loro ultimo incontro, entra in casa con un mazzo di fiori, ma con sé ha anche una pistola. Il finale, che poi è l’inizio, è quantomeno spiazzante.

L’album “Assia” è composto da dieci tracce, si apre con “Io sono te”, scritto dall’autrice con le detenute e si chiude con “Anna”. Anna è una delle donne intervistate nel documentario “Caine”, ed è soprattutto una di quelle ragazze che con coraggio e con dignità hanno deciso di togliersi la maschera davanti alla videocamera e di presentarsi a noi in tutta la loro fragile umanità.  Mi piace chiudere questo mio racconto dell’incontro di ieri, ricorrendo proprio alle parole di questa canzone di Assia Fiorillo, perché oggi più di ieri risuonano come una preghiera per chi ha bisogno del nostro incoraggiamento a non mollare. Perché oggi più di ieri  questi versi ci ricordano che le detenute non sono numeri, non sono caine: sono esseri umani come noi, che hanno sbagliato, hanno pagato per i loro errori e hanno diritto di rifarsi una vita. Soprattutto se siamo un Paese che crede ancora veramente in certi valori queste donne non le deve abbandonare.

a cura di Luigi De Rosa

“Anna”
Com’è difficile parlarti
Com’è difficile capirti
Restando qui, dall’altra parte
Parla,
Ché tutto quello che mi dici
Ché tutte le tue cicatrici
Siano per te un dono prezioso
Anna
Lo so che sembra tutto ingiusto
Ma per amore di te stessa
Non ti voltare indietro
Se da troppe notti non hai visto
Più la luna e la strada di casa tua
Pensaci bene
A tutte quelle volte che hai desiderato
Startene da sola e sola non potevi
Prega Dio se credi che serva ma
Ascolta chi prego io
Io prego te
Anna*

*tratto da “Anna” di Assia Fiorillo

Generico giugno 2022
nella foto Assia Fiorillo, la dott.ssa Rita Romano, Antonino Giammarino, Antonino Siniscalchi, Amalia De Simone, Rosa e Anna.

Generico giugno 2022

 

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