Amalfi, rinviati a giudizio il vice sindaco e tecnico per la frana del 2021

Amalfi, rinviati a giudizio il vice sindaco  Bottone e il tecnico Fico, assolutamente estraneo Caso .  Dopo poche ore alla frana che per fortuna non ha fatto vittime, un rinvio a giudizio per una frana dell’anno scorso . Un provvedimento che ha pochi precedenti in Costiera amalfitana, anche se c’è stato un caso analogo a Capri, a Praiano il sindaco sotto processo per l’annegamento di una donna alla Praia. a Sorrento l’ex sindaco per la morte di due donne mentre stavano montando le luminarie per Sant’Antonino . Il vicesindaco di Amalfi Matteo Bottone e Pietro Fico , responsabile del Settore Lavori Pubblici del Comune sono stati rinviati a giudizio per la frana del 2 febbraio del 2021. Sono accusati di colpa omissiva per il crollo che sconvolse il paese capofila della Divina. Ieri si è tenuta l’udienza preliminare al termine della quale il Gup del tribunale di Salerno, Giandomenico D’Agostino , ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio delle pm titolari del fascicolo, Mafalda Daria Cioncada e Maria Benincasa , per Bottone, difeso dagli avvocati Walter Vecchi e Antonio Fasolino , e Fico, difeso dall’avvocato Giuseppina Strada . Nel decreto di chiusura indagini compariva anche il dirigente dell’Ufficio tecnico comunale Giuseppe Caso che non è stato chiamato in giudizio. Secondo gli elementi raccolti durante le indagini dai carabinieri della compagnia di Amalfi, diretti dal capitano Umberto D’Angelantonio , i due imputati non avrebbero attivato tempestivamente le procedure necessarie per individuare le causa di un avvallamento della pavimentazione di via Annunziatella che sarebbe stato segnalato da alcuni cittadini. La gigantesca frana del 2 febbraio coinvolse proprio il rione Vagliendola, con i massi che, cadendo, distrussero parte della strada statale 163 arrivando ad invadere anche il Lungomare dei Cavalieri. I cittadini del rione, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, nel corso dei mesi precedenti avrebbero effettuato diverse segnalazioni sull’avvallamento. Tant’è che il vicesindaco Bottone il 5 ottobre, quindi cinque mesi prima della frana, effettuò anche un sopralluogo insieme con due geologi per alcune evidenti fratture lungo la stradina nei pressi della casa della famiglia Cobalto. Proprio gli abitanti avrebbero fornito anche alcune immagini delle lesioni. Nessuno, però, si sarebbe adoperato per risolvere il problema segnalato. A seguito della frana e del conseguente sequestro del costone, la procura affidò una consulenza a Settimio Ferlisi , professore dell’Università di Salerno, che al termine di studi geologici e delle analisi, stabilì che ad aggravare la frana sarebbe stato anche lo sradicamento di un albero di fico in un determinato punto della in casa. A metterla in salvo furono i vigili del fuoco giunti sul posto in elicottero. I lavori di ricostruzione iniziarono immediatamente e si sono conclusi il 24 aprile dello scorso anno, alla presenza del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca accorso per l’inaugurazione della nuova porzione di arteria. Per la ricostruzione della stradina di Vagliendola è stato necessario molto più tempo, anche in considerazione della complessità dell’intervento. La via pedonale è stata realizzata su sei archi ancorati completamente nella roccia. La riapertura è avvenuta lo scorso 21 marzo, chiudendo definitivamente un capitolo che gli amalfitani difficilmente dimenticheranno. Ora si apre il processo che stabilirà se alla base della frana vi sono delle responsabilità o si sia trattato di un crollo inevitabile.

Cosa è il delitto di Frana per il quale sono accusati ad Amalfi?

Fa parte dei delitti contro l’incolumità pubblica, con particolare riferimento al reato colposo di frana.

L’art. 449 c.p. reprime la causazione colposa degli eventi disastrosi preveduti dalle norme incriminatrici contenute nel capo primo, ad ulteriore dimostrazione della tutela rafforzata che il legislatore ha voluto accordare ad un bene fondamentale quale quello della pubblica incolumità, dimensione superindividuale e collettiva dei beni della vita, dell’integrità fisica e della salute, normalmente insidiato, peraltro, più da regole precauzionali che da forme di aggressione volontaria. Ciò che caratterizza il pericolo per la pubblica incolumità è semplicemente la tipica, qualificata possibilità che le persone si trovino coinvolte nella sfera d’azione dell’evento disastroso descritto dalla fattispecie, esposte alla sua forza distruttiva (Cass. pen., sez. IV, 9 marzo 2009, n. 18977). L’art. 449 sanziona, cioè, la causazione colposa degli eventi disastrosi previsti dalle fattispecie tipizzate al capo primo, tra le quali la frana ex art. 426 c.p.; è necessario che l’evento si verifichi, diversamente dall’ipotesi dolosa (art. 434, comma 1), nella quale la soglia per integrare il reato è anticipata al momento in cui sorge il pericolo per la pubblica incolumità e, qualora il disastro si verifichi, risulterà integrata la fattispecie aggravata di cui all’art. 434 c.p. comma 2.

La nozione di disastro richiamata nelle varie ipotesi contenute nell’art. 449 c.p. è omogenea sul piano delle caratteristiche strutturali rispetto a quella prevista dai corrispondenti delitti dolosi.

Con specifico riferimento al reato colposo di frana di cui all’art. 426 e 449 c.p. si è quindi affermato che, in considerazione dell’operatività del principio di offensività, si deve attribuire alla nozione di “frana” contenuti che rendono l’evento idoneo a porre concretamente in pericolo l’incolumità pubblica, ancorché non sia richiesto l’accertamento di tale pericolo come elemento autonomo essenziale alla integrazione della fattispecie tipica, come nei reati di pericolo concreto (Cass. pen., sez. IV, 19 settembre 2018, n. 58349). È necessaria, cioè, una concreta situazione di pericolo per la pubblica incolumità, nel senso della ricorrenza di un giudizio di probabilità relativo all’attitudine di un certo fatto a ledere o mettere in pericolo un numero non individuabile di persone, anche se appartenenti a categorie determinate di soggetti; e l’effettività della capacità diffusiva del nocumento (cosiddetto pericolo comune) deve essere accertata in concreto (Cass. pen., sez. IV, 15 giugno 2021, n. 35840). Questo il titolo di reato per i quali questa mattina il gup del Tribunale di Salerno, Giandomenico D’Agostino, a margine dell’udienza preliminare, ha rinviato a giudizio il vicesindaco di Amalfi Matteo Bottone e l’ingegnere Pietro Fico, responsabile del settore Innovazione e Ambiente del Comune, per la frana del 2 febbraio 2021 che soltanto per fortuna non causò vittime. Un rinvio a giudizio che da una parte responsabilizza gli amministratori e tecnici,  dall’altra in un territorio come il nostro, sempre pericoloso, espone gli amministratori a rischi complessi da gestire .

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