Amalfi, il giornalista Sigismondo Nastri rende omaggio allo scrittore Raffaele la Capria nel giorno della sua scomparsa

Amalfi. Il giornalista Sigismondo Nastri, nel giorno della scomparsa dello scrittore Raffaele La Capria, ha voluto rendergli omaggio con un post pubblicato sulla sua pagina Facebook: «Riproducendo qui una sua pagina bellissima, commovente, dedicata al cane Guappo, rendo doveroso omaggio allo scrittore Raffaele La Capria, che se n’è andato ieri alla veneranda età di novantanove anni.
“Guappo è il cane a cui ho voluto più bene. Ho amato anche la bassotta Clementina, dal caratterino dispettoso, mordace ma devota. La differenza tra il mio amore per Guappo e quello per Clementina è che Clementina a suo modo era un cane di lusso. Guappo no. L’ho amato perché sembrava portare addosso, nel pelo, nel colore, nelle striature tigrate della pelliccia (una particolarità che incuriosiva la gente), negli occhi, nei movimenti e in tutti i suoi comportamenti, la consapevolezza di essere l’ultimo tra gli ultimi. Com’era umile e poco guappo il mio Guappo! E come ho amato la sua umiltà! Come la cosa più preziosa della terra. Solo lui me l’ha mostrata in modo tale da farmi capire la frase del Vangelo: gli ultimi saranno i primi. Lui era l’ultimo, un povero cane napoletano, di quelli che a Napoli chiamano, anche per il colore del pelo e per la misera apparenza, oltre che per la loro attitudine a cercare nei rifiuti, “can’ ‘e munnezza”. E tra i rifiuti è stato raccolto, in un vicolo di Napoli, spelacchiato dalla rogna per più di metà del corpo, destinato alla spazzatura. Per questo lo amavo. E ho amato anche certi suoi comportamenti da miserabile, l’eccessiva sua sottomissione, la paura di essere picchiato, una certa vigliaccheria, il modo di abbassare le orecchie aspettando chissà quale punizione quando veniva rimproverato, la sua abitudine di fiutare cacca e piscio di altri cani. Era proprio un cane “‘e munnezza”, attaccato a me che ero il padrone. Ma che fiuto aveva Guappo! Era miracoloso. Nessun radar, nessun sofisticato congegno elettronico avrebbe mai potuto uguagliare la qualità del suo fiuto. Se gli buttavi una pietra da una terrazza giù in uno strapiombo pieno di piante e di arbusti, dopo un minuto lui tornava con la pietra in bocca e l’aria trionfante. Io mi meravigliavo ogni volta, cercavo di spiegarmi razionalmente com’era possibile tanta precisione, tanta prontezza. Ho concluso che lui indovinava con un intuito, ma che dico? – con una misteriosa forma di intelligenza – il punto dove la pietra era caduta, e me la riportava. E credo che capisse la mia meraviglia, perché il gioco gli piaceva moltissimo, e mi costringeva in tutti i modi a rilanciargli la pietra, in posti sempre più difficili, per mostrarmi quant’era bravo: “Sono molto più intelligente di quel che pensi, caro mio. E’ il fiuto la mia intelligenza”.
(da: Raffaele La Capria, Guappo e altri animali)».

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