Un anno senza il Maestro Franco Battiato. Tra i suoi palcoscenici anche Villa Rufolo a Ravello

Un anno fa, all’età di 76 anni, ci lasciava il grande cantautore siciliano Franco Battiato sconfitto dalla malattia che lo affliggeva da tempo. Con la sua scomparsa il mondo della musica ha perso un grande artista ed un fine intellettuale. Un genio della musica italiana, per molti il più grande. Un artista totale, che ha saputo unire la musica popolare a quella più d’avanguardia in un modo in cui pochi musicisti sono riusciti a fare.
Il vuoto lasciato è immenso ma solo apparente perché colmato dalla sua musica che resta immortale e continua ad emozionare. Testi da interpretare ma ricchi di significato. Battiato ha lasciato un’enorme eredità musicale, poetica, filosofica e concettuale.
Tra le tantissime esibizioni del Maestro resta nei ricordi quella dell’8 agosto 2000 nell’incantevole scenario dei giardini di Villa Rufolo a Ravello dove incantò il pubblico presente con il suo canto.
Difficile incasellarle Franco Battiato, impossibile metterlo all’interno di un genere, dargli una pur semplice etichetta, e quindi se c’è un modo semplice per spiegare il suo lavoro è quello di chiamarlo “artista” e godere della sua musica senza tempo, ma anche del suo cinema, della sua pittura. Nella sua lunghissima carriera ha consegnato brani indimenticabili come “La cura”, “Centro di gravità permanente”, “Voglio vederti danzare”E sulla morte diceva: “Non esiste, è solo trasformazione”.
Capace di spaziare tra generi diversissimi dalla musica pop a quella colta, toccando momenti di avanguardia e raggiungendo una grande popolarità, ha sperimentato l’elettronica, si è misurato con la musica etnica e con l’opera lirica.
Battiato non era solo un musicista ma anche regista di film, autore di opere incredibilmente aliene e anche quelle lontane dagli stereotipi classici, pittore, generoso benefattore di giovani musicisti al cui appello non ha mai saputo né voluto resistere, autore di canzoni per altri e soprattutto per tante voci femminili che ha coltivato come un’arte a se stante, da Alice a Milva.
E’ stato soprattutto un accanito ricercatore di arte e spiritualità, non disposto a compromessi, rigoroso, coerente. A volte sembrava spigoloso, quasi burbero, ma in genere capitava quando si trovava di fronte all’imbecillità o all’ignoranza, quelle davvero non le sopportava, altrimenti era gentile, protettivo, un uomo che aveva scelto la musica per raggiungere un obiettivo che andava molto al di là della musica stessa. Per questo il suono gli era sacro, per questo l’atto della composizione era per lui il più sublime e insostituibile dei gesti umani, l’unico in grado di elevarci, di portarci in prossimità di quella verità che ha inseguito per tutta la vita, fino all’ultimo dei suoi giorni terreni.

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