SORRENTO. SULLE ORME DI PASOLINI -CONFERENZA DELL’ISTITUTO CULTURA TASSO

Sabato 7 maggio 2022 alle ore 17.00 presso la Sala Pegaso dell’Hotel Conca Park di Sorrento si terrà conferenza SULLE ORME DI PASOLINI, con Salvatore Iorio, Mario Roviniello, Paolo Speranza.

La conferenza indetta nell’ambito dell’infinito ciclo dell’Istituto di Cultura Tasso, presieduto da Luciano Russo, vuole celebrare i 100 anni dalla nascita di Pasolini, il cui legame con Sorrento è dato dal Decameron , in cui alcuni episodi sono girati in Penisola.

Nel volume di Antonino De Angelis Sorrento Movies, leggiamo:

Anche Pier Paolo Pasolini, in un episodio del Decameron (1971), ha trasformato un profumato e fresco aranceto nel teatro di un atroce ed efferato delitto. La corsa disperata di Lorenzo inseguito dai fratelli dell’amata Lisabetta armati di coltello si conclude nel silenzio, reso anche qui ostile e nemico, della campagna sorrentina.

May be an image of 3 people and text that says 'ISTITUTO DI CULTURA "TORQUATO TASSO" SORRENTO fondato nel 1923 Ente Morale dal 1929 SULLE ORME DI PASOLINI LETTERATURA, CINEMA E STORIA SALVATORE IORIO MARIO ROVINELLO PAOLO SPERANZA Modera: Luciano Russo Si ringraziano: Antonio Cafiero, Mario Capozzi, Carmine D' Aniello, Angelo Leonelli Mariella Russo Sabato 7 Maggio 2022 alle ore 17:00 sala Pegaso, Hotel Conca Park Via degli Aranci, 13 Sorrento Il Presidente Luciano Russo beochera RISTORANTE LEONELLI 1893 ucodhiera RISTORANTEL 1893'

 

dal volume Storia del Cinema- Dalle origini alle nuove cinematografie  di AA:VV, leggiamo:

L’impulso neorealista trovò anche uno sviluppo in forma di modernismo radicale nell’opera di Pier Paolo Pasolini. Marxista non ortodosso, omosessuale, non credente ma imbevuto di cattolicesimo, Pasolini sollevò un polverone nella cultura italiana passando al cinema dopo aver già raggiunto la popolarità come poeta e romanziere e aver collaborato a diverse sceneggiature, e in particolare a quella di “Le notti di Cabiria” di Fellini. “Accattone” (1961) e “Mamma Roma” (1962), analisi della povertà urbana, furono salutati come un ritorno al neorealismo, ma il modo in cui Pasolini descrive l’ambiente sembra dover più a “I figli della violenza” di Buñuel, e non solo per le scene di selvaggia violenza ma per l’inquietante onirismo. I primi film di Pasolini propongono un’accozzaglia di atmosfere e immagini disparate: in composizioni che ricordano i dipinti rinascimentali, i personaggi pronunciano parole volgari; scene girate per strada alla maniera del cinéma-vérité sono commentate dalla musica di Bach. Pasolini spiegava questi accostamenti di stile con la tesi che i contadini e i livelli più bassi della classe operaia urbana mantenessero dei legami con la mitologia preindustriale, che egli intendeva evocare con le sue citazioni di grandi opere d’arte del passato. La tattica della “contaminazione” stilistica era forse meno dura da digerire ne “Il Vangelo secondo Matteo” (1964). Il soggetto biblico era presentato con maggior realismo dei film epici di Hollywood o di Cinecittà: Pasolini fa di Gesù un predicatore di ferina e spesso impaziente energia e indugia sui tratti contorti, la pelle rugosa e i denti spezzati dei suoi personaggi. “Il Vangelo secondo Matteo”, comunque, non è solo una versione neorealista della Bibbia: gli stili si mischiano, con Bach e Prokof’ev che nella colonna sonora gareggiano con l’africana Missa Luba; volti da dipinti rinascimentali sono ripresi con bruschi zoom; il processo di Gesù davanti a Pilato è girato con la macchina amano tra una folla di curiosi, come se un operatore di cinegiornale non fosse riuscito ad avvicinarsi di più. Se Pasolini, scrittore sperimentale divenuto cineasta, ricorda in qualche modo Robbe-Grillet, Bernardo Bertolucci è l’equivalente italiano dei registi della Nouvelle Vague. A diciannove anni fu aiuto regista di Pasolini in “Accattone”, e proprio Pasolini firmò il soggetto del suo primo film, “La commare secca” (1962).

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Meno debitore del surrealismo nell’uso del fantastico fu Pier Paolo Pasolini. “Uccellacci e uccellini” (1965) è il primo esempio del suo interesse per le parabole politiche. Nelle opere successive appartenenti a questo filone Pasolini divenne ancora più sarcastico e provocatorio. “Porcile” racconta, ricorrendo al montaggio parallelo, due storie i cui protagonisti sono armati da appetiti perversi: uno, divenuto cannibale, viene condannato e dato in pasto alle belve; l’altro, giovane rampollo di un magnate dell’industria, sfoga la sua crisi di identità accoppiandosi con i maiali, dai quali finirà sbranato. In questi film Pasolini mostra un rigore tecnico che ricorda Buñuel e fa da contrappunto allo spettacolo assurdo e grottesco di una società in via di disgregazione.

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Riadattando miti classici e storia contemporanea, Pasolini riusciva a ottenere una critica di tipo politico. In “Medea” (1969), la protagonista incarna il conflitto fra colonizzatori e popolazione dominata. L’ultimo film di Pasolini, “Salò o le 120 giornate di Sodoma” (1975) mette in scena i giorni conclusivi del fascismo italiano come uno spettacolo ispirato al marchese de Sade.

Generico maggio 2022

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