Epatiti di origine sconosciuta tra i bambini, cosa si sa

Sorrento ( Napoli ) . Da gennaio ad oggi si sono verificati in diversi Paesi del mondo casi in età evolutiva di epatite acuta grave di eziologia sconosciuta, a insorgenza improvvisa in soggetti apparentemente sani. L’allarme è stato lanciato il 5 aprile 2022, quando nel Regno Unito è stato segnalato un aumento di epatite acuta di causa ignota tra alcuni bambini della Scozia. Le segnalazioni da allora sono cresciute rapidamente, anche di casi occorsi nei mesi precedenti.
Solo in Europa i casi segnalati sono al momento 169. Il paese più colpito resta il Regno Unito, con 114 casi. I casi sono 2 in Austria, 2 in Belgio, 6 in Danimarca, 2 in Francia, 5 in Irlanda,1 in Germania, 4 nei Paesi Bassi, 2 in Norvegia, 1 in Polonia, 1 in Romania, 13 in Spagna. In Italia ci sono 17 segnalazioni, di cui 8 casi sono considerati probabili. Altri 12 casi sono stati segnalati dagli Stati Uniti, dove i primi episodi si sarebbero verificati già in ottobre 2021 in un ospedale pediatrico in Alabama, 12 in Israele e 1 in Giappone.
L’età colpita va da 1 mese di vita fino ai 16 anni. La maggior parte dei bambini ha tra i 2 e i 5 anni.
Non è ancora chiaro se si sia verificato un reale aumento dei casi di epatite da causa ignota o se i casi che si stanno registrando rispettino l’incidenza attesa normalmente ogni anno, con una sovra-segnalazione legata all’attenzione con cui vengono ricercati. Comunemente, infatti, si verificano ogni anno casi di epatiti nei bambini da causa non nota, anche con insufficienza d’organo, ma è stata l’aumentata frequenza delle segnalazioni che ha fatto scattare l’allerta. Almeno in Italia, i casi accertati non sembrano aver superato quelli che si sono verificati durante gli altri anni, mentre in Inghilterra il numero di casi sembra decisamente eccedente rispetto alla media, oltre che concentrato in un arco temporale insolitamente breve.

Epatiti di origine sconosciuta in Italia

In Italia, i pediatri di famiglia sono stati investiti dal Ministro della salute del ruolo di sentinelle sul territorio, collaborando in maniera sinergica e proattiva col Ministero della Salute.
La causa resta tuttora sconosciuta. Sono esclusi i virus epatotropi maggiori: A, B, C, D ed E (“epatiti non-A/non-E”). I casi sono sporadici, sembrano non correlati tra loro, e non sono stati evidenziati fenomeni di trasmissione da persona a persona. Non sono colpiti bambini con malattia epatica preesistente ma soggetti fino a quel momento sani. Ad oggi, non sono stati identificati fattori di rischio epidemiologico, come recenti viaggi internazionali. Nel Regno Unito, informazioni dettagliate raccolte attraverso un questionario relativo a cibi, bevande, abitudini personali, non hanno evidenziato esposizioni comuni nei bambini colpiti.
L’Adenovirus è stato il primo indiziato, in quanto riscontrato in una discreta percentuale di casi, anche se non nel 100%. Nel Regno Unito è effettivamente segnalato un aumento significativo delle infezioni da adenovirus nella comunità infantile, dato confermato nei Paesi Bassi. In Italia, tuttavia, l’Istituto superiore di sanità considera questa eziologia poco probabile in quanto normalmente l’adenovirus non manifesta tale presentazione clinica. Sono stati segnalati in precedenza casi di epatite da adenovirus in bambini immunocompromessi, ma mai in bambini sani. Gli adenovirus sono agenti patogeni comuni: ne esistono più di 50 tipi che possono causare infezioni nell’uomo, di solito autolimitanti. Si diffondono da persona a persona e più comunemente causano malattie respiratorie, con febbre, faringite, otite media, tracheite, tonsillite essudativa con linfoadenopatia cervicale; alcuni tipi possono anche causare altre malattie come gastroenterite, congiuntivite e cherato-congiuntivite, cistite. L’adenovirus di tipo 41, sospettato come causa di questa epidemia di epatiti, si presenta tipicamente con diarrea, vomito e febbre, spesso accompagnati anche da sintomi respiratori. Per spiegare l’insolita aggressività delle infezioni da adenovirus, si è ipotizzato che ripetuti lockdown, restrizioni sociali e uso delle mascherine durante la pandemia abbiano provocato una mancata esperienza immunologica e una sorta di debito immunitario che ha intorpidito il sistema di difesa dell’organismo infantile, creando una maggiore suscettibilità ad infezioni prima banali, cui non è stato esposto in un momento cruciale per la sua strutturazione. Un po’ come è accaduto per l’aumento di incidenza e gravità delle bronchioliti in autunno 2021, causa la mancata esposizione al virus, e dunque mancata immunizzazione, nel 2020. E in generale con la recrudescenza, quest’inverno, di virus gastrointestinali e respiratori, che hanno ripreso a circolare con l’allentamento delle restrizioni e hanno trovato i bambini meno immunologicamente forgiati. Altra ipotesi, potrebbe essersi sviluppata una nuova variante di adenovirus, più aggressiva sul fegato. Non si esclude correlazione con Sars-CoV-2, quale una forma di Long Covid o la conseguenza di una immunodepressione in esito a un precedente episodio di infezione, visto che molti dei bambini affetti hanno, in precedenza, contratto anche il Covid-19. Tuttavia, data l’altissima diffusione del Covid, potrebbe trattarsi di un’associazione casuale. Un’altra ipotesi è una co-infezione adenovirus-Covid. Altre possibilità sono una tossina, un farmaco, un’esposizione ambientale, un nuovo virus, l’effetto di coinfezioni o più cofattori patogeni. Al momento nessuna delle teorie formulate ha avuto un riscontro attraverso evidenze scientifiche. Completamente escluso invece il legame con la vaccinazione anti-Covid-19, dato che nella quasi totalità dei casi non era stata somministrata, anche perché la maggior parte dei bambini colpiti sono al di sotto dei 5 anni di età e, in Gran Bretagna, al di sotto dei 10, che è il limite al di sopra del quale si pratica il vaccino in quella Nazione. L’ipotesi dell’adenovirus aveva fatto pensare alla responsabilità dell’adenovirus contenuto nei vaccini a vettore adenovirale (come AstraZeneca e Janssen), ma si tratta di un virus geneticamente modificato che non può replicare nelle cellule umane.
I sintomi di queste misteriose epatiti contemplano manifestazioni gastrointestinali (dolore addominale, vomito e diarrea), talvolta febbre, ittero, urine scure e feci bianche, profonda debilitazione e astenia, marcata inappetenza, sonnolenza eccessiva (letargia). Le transaminasi sono superiori a 500 UI/L. La complicazione più temibile è l’insufficienza epatica acuta che richiede il trapianto di fegato. Questa evenienza ha interessato finora in Europa poco meno del 10% dei bambini affetti. In tutto sono stati già effettuati 15 trapianti di fegato, di cui 10 nel Regno Unito (in Italia 1). Ci sarebbe stato anche 1 decesso.
Per la diagnosi, l’Oms ha precisato che, nella definizione di caso, non ci sono casi “confermati” ma solo casi “probabili”, in quanto non c’è un marker o un agente che consenta la diagnosi di certezza. Un caso è ”probabile” se: epatite acuta di tipo non A-E con transaminasi sieriche >500 UI/L (AST o ALT) in soggetti di età inferiore a 16 anni, dal 1° gennaio 2021. Per “caso correlato epidemiologicamente” si fa invece riferimento a un soggetto di qualsiasi età che presenta un’epatite acuta (con test negativo ai virus epatici A, B, C, D, E) contatto stretto di un caso confermato, dal 1° gennaio 2022.

Carlo Alfaro

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