Praiano, ancora un’estate senza l’Africana. Per il Comune abusivo il mito degli anni Sessanta, si spera nel Consiglio di Stato per evitare demolizione

Praiano, ancora un’estate senza l’Africana. Per il Comune abusivo il mito degli anni Sessanta, si spera nel Consiglio di Stato per evitare demolizione. Una storia che parte da lontano questa della discoteca simbolo degli anni Sessanta , storia del jet set che Luca Milano riuscì a portare qui nel cuore della Costiera amalfitana, quando fra Positano e Amalfi c’erano almeno una decina di balere .

Si parla dell’ordinanza di demolizione n. 79 del 23 luglio 2009 del Comune di Praiano, avverso la quale è stato proposto ricorso al Tar che ha visto una sentenza sfavorevole  pubblicata il 11/12/2019 con  N. 02182/2019 REG.PROV.COLL. e N. 02006/2009 REG.RIC.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) rigettà il ricorso  ricorso numero di registro generale 2006 del 2009, proposto da
Africana Management S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Leopoldo Fiorentino, Francesco Gargano.

Il Tar ricostruisce, nel dispositivo pubblico la vicenda che riguardava il ricorso delle note: prot. n. 7145 del 23 luglio 2009, di comunicazione di avvio del procedimento di diniego della D.I.A. in sanatoria prot. n. 6705 del 13 luglio 2009; prot. n. 8110 del 28 agosto 2009, di diniego della D.I.A. in sanatoria prot. n. 6705 del 13 luglio 2009; prot. n. 7436 del 30 luglio 2009, di comunicazione di avvio del procedimento di annullamento della D.I.A. prot. n. 3438 del 7 aprile 2009, e successive integrazioni, ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 380/2001; prot. n. 7887 del 18 agosto 2009 di annullamento della D.I.A. prot. n. 3438 del 7 aprile 2009, e successive integrazioni, ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 380/2001 di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale, e, in particolare, per quanto possa occorrere, dell’ordinanza n. 75 del 3 luglio 2009;

La ricorrente, recita il dispositivo,  impugna gli atti indicati in epigrafe, deducendone l’illegittimità per plurimi motivi di violazione di legge ed eccesso di potere.

Ai fini del corretto inquadramento della fattispecie all’esame, giova richiamare, in primo luogo, la sequenza procedimentale che ha riguardato l’immobile condotto in locazione dalla ricorrente e interessato dai contestati interventi edilizi:

1) la ricorrente ha presentato D.I.A. prot. n. 3438 del 7 aprile 2009, successivamente integrata in data 20 aprile, 8 maggio e 1° giugno 2009, come da richieste dell’Amministrazione, avente ad oggetto interventi edilizi afferenti l’immobile condotto in locazione;

2) con ordinanza n. 75 del 3 luglio 2009 – notificata in pari data alla proprietaria dell’immobile, ma conosciuta dalla ricorrente solo in data 6 luglio (come dichiarato a pag. 6 del ricorso) – il Comune di Praiano, a seguito di sopralluogo in data 2 luglio 2009, ha disposto la sospensione dei lavori di cui alla D.I.A. prot. n. 3438 del 7 aprile 2009 (e successive integrazioni), per la realizzazione delle seguenti opere in difformità: «tramezzature», «divisori», «sagomatura a pilastro» di una sporgenza rocciosa, «scavi per le canalizzazioni dell’aria condizionata», «soppalco adibito a consolle», «demolizione di un solaio e montaggio dei casseri»;

3) a seguito di ciò, la ricorrente ha presentato una D.I.A. in sanatoria, prot. n. 6705 in data 13 luglio 2009;

4) con ordinanza n. 79 del 23 luglio 2009, notificata il 24 luglio 2009 alla ricorrente, il Comune di Praiano ha quindi ordinato la demolizione delle seguenti opere, in quanto abusivamente realizzate (in parte, durante il periodo di sospensione dei lavori imposto dall’ordinanza n. 75 del 2009) in area vincolata ai sensi della legge n. 1497/1939 (e successivamente del d.lgs. n. 42/2004) giusta D.M. 10 giugno 1957, nonché soggetta a vincolo idrogeologico dell’Autorità di Bacino Destra Sele (giusta delibera n. 18 del 14 marzo 2003):

– tramezzature presso il cocktail bar e nei pressi dello spazio/ingresso; demolizione del massetto della terrazza sul mare; realizzazione di una struttura in ferro (putrelle) a sostegno del tavolato in legno destinato a consolle; il tutto in variazione essenziale rispetto al titolo abilitativo;

– demolizione della soletta di copertura del volume destinato ad acquario, in luogo del mero consolidamento e posa in opera dell’armatura del solaio al di sopra dei casseri; sostituzione e realizzazione dei muretti lungo una porzione del perimetro della grotta, con altezza di 1 m; realizzazione di una struttura in putrelle per l’alloggiamento delle condotte dell’aria condizionata al di sopra del cocktail bar; realizzazione di una pedana in calcestruzzo in luogo di quella prevista in legno; sagomatura, a guisa di pilastro circolare, di una sporgenza di roccia nei pressi della prevista consolle; il tutto in assenza di titolo abilitativo e, comunque, in contrasto con le N.T.A. del vigente P.R.G. e al P.U.T.;

5) con provvedimento n. 7887 del 18 agosto 2009, notificato il 21 agosto successivo, preceduto dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento (prot. n. 7436 del 30 luglio 2009, notificata il 31 luglio), il Comune di Praiano ha disposto l’«annullamento del titolo abilitativo – D.I.A. prot. 0003438 del 07.04.2009 e successive integrazioni del 20.04.2009 prot. 0003784, del 08.05.2009 prot. 0004450, del 01.06.2009 prot. 5196», ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 380/2001;

6) la ricorrente – a seguito di dissequestro del cantiere – ha provveduto al ripristino dello stato dei luoghi relativamente alle seguenti opere: posa in opera dell’armatura del solaio al di sopra dei casseri; muretti individuati lungo una porzione del perimetro della grotta, con altezza di 1 m; pedana in calcestruzzo in luogo di quella prevista in legno;

7) infine, con provvedimento n. 8110 del 28 agosto 2009, preceduto dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento (prot. n. 7145 del 23 luglio 2009), per il quale non c’è agli atti prova della data di notifica, il Comune di Praiano ha disposto il «diniego della DIA in sanatoria prot. n. 6705 del 13/07/2009», con la seguente motivazione:

– le opere per le quali è stata presentata D.I.A. in sanatoria prot. n. 6705 del 13 luglio 2009 sono: «tramezzature addossate alle pareti della grotta (cocktail bar)», «divisori disposti nei pressi dell’ingresso», «sagomatura a pilastro» di una sporgenza di roccia contigua all’ingresso dei bagni, «scavi per le canalizzazioni dell’aria condizionata», «soppalco adibito a consolle» la cui disposizione e consistenza risultano diverse da quelle indicate nel progetto, «demolizione di un solaio e montaggio dei casseri verosimilmente propedeutico al ripristino della soletta a stessa quota»;

– la grotta in questione si trova in zona omogenea T (art. 38 delle N.T.A.), zona territoriale 1a – Tutela dell’ambiente naturale 1° grado del P.U.T., zona C del Piano Ente Parco Monti Lattari – Area di riqualificazione dei centri abitati, di protezione e sviluppo economico e sociale;

– il grafico allegato all’istanza non riporta fedelmente quanto riscontrato in sede di sopralluogo del 22 luglio 2009, segnatamente: muretto in calcestruzzo lungo una porzione del perimetro della grotta, di altezza pari a m 1.50; struttura in putrelle per l’alloggiamento delle condotte dell’aria condizionata al di sopra del cocktail bar; risulta invece rappresentato lo “champagne bar”, in fatto non ancora realizzato; non è riportato l’accesso dal mare;

– le opere denunciate non sono pertanto assentibili, per contrasto con le N.T.A. del vigente P.R.G. e con il P.U.T., sia al momento della realizzazione delle stesse, sia al momento della presentazione dell’istanza.

Con ricorso inviato per la notifica il 5 novembre 2009, pervenuto all’Amministrazione il 12 novembre e depositato il 27 novembre successivo, la società Africana Management impugna: l’ordinanza di demolizione n. 79 del 23 luglio 2009; il provvedimento n. 7887 del 18 agosto 2009, in uno alla comunicazione di avvio del procedimento; il provvedimento n. 8110 del 28 agosto 2009, in uno alla comunicazione di avvio del procedimento.

La ricorrente muove le seguenti censure:

1) erronea applicazione del P.U.T. di cui alla legge n. 35/1987 – il quale consentirebbe in zona territoriale 1a le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria (come indicate dall’art. 11 delle N.T.A.), di restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione – e dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001: l’Amministrazione non avrebbe dovuto ordinare la demolizione delle opere, in quanto conformi agli strumenti urbanistici e perciò sanabili;

2) mancata indicazione delle norme in concreto violate, nella realizzazione delle opere;

3) incompetenza degli organi comunali ad adottare i provvedimenti di annullamento della D.I.A., che l’art. 39 del d.P.R. n. 380/2001 demanda alla Regione.

In disparte la questione della parziale irricevibilità dell’impugnazione, con riferimento all’ordinanza n. 75 del 3 luglio 2009 (la quale, benché non notificata, risulta nota alla ricorrente dal 6 luglio 2009, e sulla quale comunque non sono articolati motivi specifici), all’ordinanza n. 79 del 23 luglio 2009 (in quanto notificata alla ricorrente il 24 luglio successivo) e al provvedimento n. 7887 del 18 agosto 2009 (notificato alla ricorrente il 21 agosto successivo), il Collegio ritiene che il ricorso sia, nel merito, infondato.

Al riguardo, rileva quanto segue:

1) l’ordinanza n. 79 del 23 luglio 2009 dispone la demolizione di una serie di opere (come sopra riportate) in difformità o in mancanza del titolo abilitativo e in contrasto con il P.R.G. e con il P.U.T., in parte realizzate in pendenza dell’ordinanza di sospensione dei lavori n. 75 del 2009, sicuramente nota alla ricorrente almeno a far data dal 6 luglio 2009;

2) il provvedimento prot. n. 7887 del 18 agosto 2009, recante annullamento della D.I.A. prot. n. 3438 del 7 aprile 2009 (e successive integrazioni prot. n. 3784 del 20 aprile 2009, prot. n. 4450 dell’8 maggio 2009, prot. n. 5196 del 1° giugno 2009), nonostante l’improprio richiamo all’art. 39 del d.P.R. n. 380/2001 (che in effetti contempla il potere regionale di annullamento dei permessi di costruire), risulta adottato in forza dell’art. 21-nonies della legge n. 241/1990 (cui rimanda l’art. 19, co. 3, della stessa legge, nel testo vigente ratione temporis), al quale si fa ampio rimando nella motivazione del provvedimento, laddove vengono indicati:

– le specifiche e attuali ragioni di interesse pubblico che lo sorreggono, peraltro non sindacate dalla ricorrente (la garanzia del «corretto ed equilibrato uso del territorio … assume particolare importanza, atteso che il territorio è oggetto di tutela paesaggistico-ambientale … che si esplica nella corretta attuazione del P.U.T. … ritrova i principi di preminente interesse pubblico nella Carta costituzionale …» e deve essere considerata «prevalente» sull’affidamento eventualmente ingenerato nel privato);

– il breve lasso di tempo trascorso, che il Comune ritiene “ragionevole”;

– il carattere di abusività delle opere edilizie preesistenti, sulle quali, pertanto, non possono essere realizzate ulteriori opere edilizie né la manutenzione straordinaria delle stesse;

3) il provvedimento n. 8110 del 28 agosto 2009, per il quale – si ripete – non c’è agli atti prova della data di notifica, ha posto nel nulla la D.I.A. in sanatoria prot. n. 6705 del 13 luglio 2009.

Deve premettersi che, come emerge dagli atti della sequenza procedimentale qui esaminata, l’immobile condotto in locazione dalla ricorrente si configura come una grotta naturale a picco sul mare. Al riguardo, correttamente il Comune ha agito qualificando gli interventi compiuti in tale formazione rocciosa – non già come mere “opere interne”, bensì – come interventi di “nuova costruzione”. È infatti condivisibile la ritenuta equiparabilità, sotto l’aspetto urbanistico-amministrativo, tra la realizzazione di volumi o di murature al di sopra di una formazione rocciosa (i quali sarebbero senza dubbio ritenuti di nuova costruzione) ovvero all’interno di una grotta naturale, trattandosi, in entrambi i casi, di interventi che determinano una trasformazione permanente del paesaggio esistente; non rileva, insomma, il fatto che, nel caso della grotta, la porzione di territorio che si intende tutelare si trovi (non in superficie, bensì) all’interno della formazione rocciosa, non essendo, questa, un’opera dell’uomo (la quale presupporrebbe, a sua volta, un valido titolo abilitativo).

Ciò premesso, nella zona territoriale 1a, nella quale si trova l’immobile, il P.U.T., di cui alla legge n. 35/1987, vieta: qualunque edificazione, sia privata sia pubblica; qualunque trasformazione del suolo (sbancamento, muri di sostegno, riporti etc.); l’attraversamento da parte di strade, elettrodotti, acquedotti, funivie e altre opere che non siano quelle indicate dal P.U.T. parte V; opere di rimboschimento in contrasto con la vegetazione esistente; consente, per i soli edifici esistenti a tutto il 1955, il solo restauro conservativo; mentre per gli edifici costruiti successivamente, qual è quello oggetto del giudizio (per il quale non risultano titoli risalenti), non permette «nessun intervento edilizio».

Ne deriva l’abusività, in ogni caso, degli interventi realizzati dalla ricorrente, e la conseguente legittimità dei provvedimenti repressivi adottati.

Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.

Nulla per le spese, stante la mancata costituzione in giudizio del Comune di Praiano.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – sezione staccata di Salerno (sezione seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto (n. 2006/2009 r.g.), lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:

Maria Abbruzzese, Presidente

Valeria Ianniello, Primo Referendario, Estensore

Roberta Mazzulla, Referendario

In seguito a questa sentenza è stato fatto appello al Consiglio di Stato a Roma ma l’unica cosa certa che si sa tristemente è che l’Africana non ha riaperto e rischia di essere demolita….

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