Papa Francesco: «I soldi per il lavoro non ci sono ma per fare la guerra sì» , da sempre contro le armi nel silenzio dei Media

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Papa Francesco sta tuonando tutti i giorni contro la guerra in Ucraina e l’invasione della Russia, ma sopratutto contro le spese delle armi follia e pazzia. Il Papa la definisce letteralmente «una pazzia». E rincara la dose, dicendo di essersi «vergognato» quando ha saputo che alcuni Stati «si sono compromessi a spendere il 2 per cento del Pil per l’acquisto di armi» come risposta a ciò che sta accadendo in Ucraina. Francesco lancia il suo monito dopo che la Germania ha comunicato l’obiettivo del 2% per la difesa, e anche l’Italia appare allineata in questa direzione. Così come il Belgio, l’Austria, i Paesi baltici, la Finlandia. E mentre al vertice della Nato a Bruxelles la questione dell’incremento dei budget militari è all’ordine del giorno.

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Durante l’udienza al Centro femminile italiano il Pontefice indica che la «vera» replica da attuare non sono altri armamenti, «altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato – non facendo vedere i denti, come adesso – un modo diverso di impostare le relazioni internazionali». Per il Vescovo di Roma è «ormai evidente che la buona politica non può venire dalla cultura del potere inteso come dominio e sopraffazione», ma solo da una «cultura della cura, della persona e della sua dignità e della nostra casa comune». Lo prova, «purtroppo negativamente, la guerra vergognosa a cui stiamo assistendo». Il modello della «cura è già in atto, grazie a Dio, ma purtroppo è ancora sottomesso a quello del potere economico-tecnocratico-militare».

Da anni Bergoglio sostiene che non si può continuare a fabbricare e trafficare armi togliendo risorse che potrebbero essere utili per salvare vite in vari modi; e da giorni ribadisce con forza la necessità di non puntare su ulteriori bombe e missili per affrontare la crisi provocata dall’invasione russa nell’est Europa.

: «I soldi per il lavoro non ci sono ma per fare la guerra sì». Era il lontano 21 novembre 2014 quando papa Francesco per la IV edizione del Festival della Dottrina sociale della Chiesa a Verona diffuse un videomessaggio, del quale riportiamo di seguito il testo.

Carissimi,
un cordiale saluto a tutti voi che partecipate alla quarta edizione del Festival della dottrina sociale della Chiesa che quest’anno ha come tema: “Oltre i luoghi dentro il tempo”. Questo titolo mi suggerisce alcune riflessioni. La prima riguarda l’andare oltre. La situazione di crisi sociale ed economica nella quale ci troviamo può spaventarci, disorientarci o farci pensare che la situazione è così pesante da concludere che noi non possiamo farci niente. La grande tentazione è fermarsi a curare le proprie ferite e trovare in questo una scusa per non sentire il grido dei poveri e la sofferenza di chi ha perso la dignità di portare a casa il pane perché ha perso il lavoro. E quelli che cercano soltanto di curare le proprie ferite, finiscono truccandosi. Questa è la trappola. Il rischio è che l’indifferenza ci renda ciechi, sordi e muti, presenti solo a noi stessi, con lo specchio davanti, per cui tutto avviene nella nostra estraneità. Uomini e donne chiusi in sé stessi. C’era qualcuno così che si chiamava Narciso… Quella strada, no.
Noi siamo chiamati ad andare oltre e rispondere ai bisogni reali. È urgente abbandonare i luoghi comuni, che sono ritenuti sicuri e garantiti, per liberare le molte energie nascoste o non conosciute che sono presenti e operano molto concretamente. L’etica cristiana non è una dogana alla pluralità di espressioni con le quali si manifesta il bene e la cura del prossimo. Andare oltre vuol dire allargare e non restringere, creare spazi e non limitarsi al loro controllo.
Sarebbe bellissimo se i molteplici rivoli del bene andassero a creare un fiume grande la cui acqua vince l’aridità e porta nuova fecondità, facendo risplendere e rendere bella e amabile questa vita e questo tempo. Andare oltre significa liberare il bene e goderne i frutti.

Per andare oltre è necessario prendere l’iniziativa. So che al Festival è dedicato un ampio spazio all’economia, agli imprenditori, alle imprese e alla cooperazione. Oggi anche in ambito economico è urgente prendere l’iniziativa, perché il sistema tende ad omologare tutto e il denaro la fa da padrone. Il sistema ti porta a questa globalizzazione non buona che omologa tutto. E il padrone di questa omologazione chi è? È il denaro. Prendere l’iniziativa in questi ambiti significa avere il coraggio di non lasciarsi imprigionare dal denaro e dai risultati a breve termine diventandone schiavi. Occorre un modo nuovo di vedere le cose!
Vi faccio un esempio. Oggi si dice che tante cose non si possono fare perché manca il denaro. Eppure il denaro c’è sempre per fare alcune cose e manca per farne altre. Ad esempio il denaro per acquistare armi si trova, per fare le guerre, per operazioni finanziarie senza scrupoli, si trova. Di questo solitamente si tace; si sottolineano molto i soldi che mancano per creare lavoro, per investire in conoscenza, nei talenti, per progettare un nuovo welfare, per salvaguardare l’ambiente.
Il vero problema non sono i soldi, ma le persone: non possiamo chiedere ai soldi quello che solo le persone possono fare o creare. I soldi da soli non creano sviluppo, per creare sviluppo occorrono persone che hanno il coraggio di prendere l’iniziativa.

Prendere l’iniziativa significa sviluppare un’impresa capace di innovazione non solo tecnologica; occorre rinnovare anche le relazioni di lavoro sperimentando nuove forme di partecipazione e di responsabilità dei lavoratori, inventando nuove formule di ingresso nel mondo del lavoro, creando un rapporto solidale tra impresa e territorio. Prendere l’iniziativa significa superare l’assistenzialismo. Vivere questo tempo intensamente porta a scommettere su un futuro diverso e su un diverso modo di risolvere i problemi.

Anche qui vorrei portarvi un esempio. Mi hanno raccontato di un papà che ha un figlio down. Per questo figlio il padre ha fatto tutto ed ha usufruito dei servizi che sono messi a disposizione dagli enti pubblici per l’istruzione, la cura, la vita sociale. Ma non si è accontentato. Per suo figlio voleva pensare qualcosa che gli desse più dignità e più autonomia. Si è inventato una cooperativa costituita da ragazzi down, ha studiato un lavoro adatto a loro, ha fatto una convenzione con un’azienda profit per la vendita dei loro prodotti…; insomma, ha creato le premesse lavorative con le quali suo figlio può costruirsi il suo futuro e la sua sana autonomia. È un esempio di andare oltre. Fermarsi significa chiedere ancora e sempre allo Stato o a qualche ente di assistenza, muoversi significa creare nuovi processi. E qui è il segreto: creare nuovi processi e non chiedere che ci diano nuovi spazi. Questi nuovi processi non sono il risultato di interventi tecnici, sono i risultati di un amore, che, sollecitato dalle situazioni, non è contento finché non inventa qualcosa e diventa risposta.

Prendere l’iniziativa significa anche considerare l’amore come la vera forza per il cambiamento. Amare il proprio lavoro, essere presenti nelle difficoltà, sentirsi coinvolti e rispondere responsabilmente è attivare quell’amore che ciascuno di noi ha nel cuore, perché lo Spirito ce l’ha donato. Prendere l’iniziativa è la risposta a quel di più che è tipico dell’amore. Se noi stiamo dentro il tempo con questo di più, questo di più dell’amore, avvieremo sicuramente qualcosa di nuovo che favorirà la crescita del bene.
Con questa visione della realtà diventa quasi naturale promuovere e sviluppare i, talenti. Agevolare l’espressione e la crescita dei talenti è ciò che siamo chiamati a fare e per far ciò è necessario aprire spazi. Non controllare spazi, aprirne. Si tratta di far circolare le capacità, l’intelligenza, le abilità di cui le persone sono state dotate. Liberare i talenti è l’inizio del cambiamento; questa azione fa superare invidie, gelosie, rivalità, contrapposizioni, chiusure, quelle chiusure preconcette, e apre ad una gioia, alla gioia del nuovo. Evidentemente parlando di talenti si sottintende che il discorso riguarda in particolare i giovani. Se vogliamo andare oltre dobbiamo investire decisamente su di loro e dare loro molta fiducia. Ma mi domando: qual è la percentuale di giovani, oggi, disoccupati e senza lavoro? Questo significa andare oltre, o andare indietro?

Per cambiare bisogna andare avanti insieme e nella stessa direzione. Qualcuno potrebbe chiedersi: “Andare oltre, prendere iniziative, liberare spazi, attivarsi non potrebbe creare confusione?”. Troviamo la risposta nell’idea di tempo che ci trasmette la Bibbia.
Il tempo è grazia e pienezza. Andare oltre i luoghi non è il risultato della casualità individuale ma della condivisione di un fine: la storia è un percorso verso il compimento. Se ci muoviamo come popolo, se andiamo avanti insieme, la nostra esistenza evidenzierà questo significato e questa pienezza. Concludo inviando un saluto di cuore a ciascuno.
Colgo l’occasione per ringraziare il Vescovo di Verona che ospita questa bella iniziativa, ed esprimo il mio grazie sincero a Don Vincenzi per aver organizzato anche quest’anno il Festival della dottrina sociale, e auguro di proseguire in questo impegno di formare una nuova coscienza sociale. E per favore vi chiedo di pregare per me.
Vi benedico di cuore.

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