Il racconto del giornalista Sigismondo Nastri: “Tobia. L’ultimo vero pescatore di Amalfi, che non sapeva nuotare”

Amalfi. Riportiamo il bellissimo racconto del giornalista Sigismondo Nastri su Tobia, l’ultimo pescatore di Amalfi, che non sapeva nuotare: «Tobia (all’anagrafe, Antonio) Moretti, morto quattro anni fa, rimane nella memoria un pescatore vero, autentico. Uno che ha cavalcato il mare della Costiera con sudore, con cocciutaggine, con la passione di fare un lavoro, ereditato dagli avi, che rappresentava sostegno quotidiano per la sua famiglia. Di più: un apostolo del mare. Ne aveva il fisico, le caratteristiche somatiche, lo sguardo proiettato oltre la linea dell’orizzonte, anche se il suo campo d’azione era circoscritto allo specchio d’acqua nel quale si riflette il paesaggio amalfitano.
Pensando a lui, e ai ricordi, che riaffiorano sempre più in quest’ultimo tratto del mio cammino, mi torna alla mente la mamma, “Seggilia” (Cecilia), donna buona, generosa, tenace, dallo spiccato animo popolaresco, come non ne esistono più. Qualità che aveva assimilate pari pari, già da ragazzo.
Fece parte dell’equipaggio amalfitano che disputò la prima edizione della Regata delle Repubbliche marinare il 1° luglio 1956 a Pisa, sotto lo sguardo del Capo dello Stato Giovanni Gronchi. Io c’ero, con Gigino de Stefano. Ci facemmo carico di molti aspetti organizzativi della manifestazione. Sul galeone col cavallo alato gareggiarono, insieme con lui, Mario Cretella, Bonaventura Amendola, Alfonso Gambardella, Luigi Consiglio, Franco Moretti, Antonio Gambardella, Andrea Esposito, Umberto Buonocore, Vincenzo Vuolo, Luca Fusco, Ferdinando D’Alessandro. Perdemmo, ma fu ugualmente una giornata di festa.
Tobia aveva mani grosse e nodose per gettare e tirare la rete, per ripararne le smagliature, per spingere la barca con la forza dei remi. Con quella dei suoi muscoli da superman. Una volta me ne occupai da cronista: gli era capitata una piccola disavventura, non so dire se un malore o un incidente. Scoprii che egli era in piena sintonia col mare, lo percorreva quotidianamente, di giorno e di notte, sapeva individuare i posti dov’era più pescoso senza bisogno di bussola e coordinate varie. Era un uomo buono, mite, saggio. Amava intensamente il suo lavoro. Unico tallone d’Achille, non aveva mai imparato a nuotare.
P.S. Nella foto, gentilmente concessami, Tobia (a sin.) è con l’amico Domenico Lagrotta».

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