Pandemia e culle vuote: la popolazione ancora in calo

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Pandemia e culle vuote: la popolazione ancora in calo. Ne parla Luca Cifoni in un articolo dell’edizione odierna del quotidiano Il Mattino.

Italiani sotto quota 59 milioni, con la popolazione che si riduce per l’ottavo anno di fila: stavolta di 253 mila unità. Nascite che scendono sotto una nuova soglia, quella dei 400 mila bambini l’anno, facendo registrare la tredicesima variazione negativa consecutiva. Decessi complessivi in leggera attenuazione rispetto al 2020, sempre però al di sopra dei livelli pre-Covid. Movimenti migratori in ripresa, ma assolutamente non in grado di compensare lo scarto tra nati e morti.

PROBLEMI STRUTTURALI I primi numeri sulla dinamica demografica del 2021, presentati ieri dall’Istat, raccontano di un Paese che soffre dei suoi problemi ormai strutturali e annosi. E che allo stesso tempo continua a risentire, anche nel bilancio della popolazione, degli effetti della pandemia. Un piccolissimo spiraglio positivo lo ha evidenziato il presidente Gian Carlo Blangiardo sottolineando la ripresa della natalità negli ultimi due mesi dell’anno: fenomeno ancora da interpretare in modo approfondito, che per il momento si può attribuire alle neo-madri con più di 35 anni. Quelle che hanno meno tempo davanti a sé per rinviare questa scelta. Le nascite totali sono state comunque 399.431, oltre 5 mila in meno rispetto al 2020 e nuovo primato negativo dall’Unità d’Italia. Nel 2008 ne erano state registrate quasi 577 mila, mentre a metà degli anni Sessanta venivano al mondo un milione di bambini l’anno. Rispetto al primo anno della pandemia i decessi sono invece scesi di circa 30 mila unità, attestandosi a 710 mila. Nel 2019 erano stati 634 mila: si tratta quindi di numero ancora molto alto, che ha condizionato l’andamento demografico complessivo. La differenza tra nati e morti produce un saldo naturale pesantemente negativo – anche se leggermente inferiore a quello del 2020 – pari a quasi 310 mila unità. Mettendo nel conto anche il saldo migratorio (che comprende gli altri aggiustamenti anagrafici), tornato positivo dopo la parentesi dell’anno precedente, si arriva ai 253 mila italiani residenti in meno conteggiati a fine 2021. Rispetto a otto anni prima, la contrazione è di quasi 1,4 milioni di persone. Per ritrovare un’Italia con meno di 59 milioni di abitanti bisogna tornare indietro di quindici anni, al 2007. In quel decennio l’afflusso degli immigrati, accompagnato da saldi naturali meno drammatici, aveva spinto verso l’alto la popolazione totale. Il calo attuale riguarda tutte le aree del Paese ma non è equamente distribuito: anche nell’ultimo anno ha colpito in misura maggiore il Sud e le Isole.

L’INCERTEZZA La pandemia non si è fatta sentire solo sulla mortalità ma anche sulle altre variabili demografiche. I movimenti migratori dall’estero sono ripresi dopo i mesi più duri del Covid, mantenendosi però al di sotto dei livelli degli anni precedenti. Quelli in uscita verso l’estero sono invece più alti rispetto al periodo precedente al 2020. Il clima di incertezza ha condizionato anche i concepimenti e quindi le successive nascite: dopo il crollo record di gennaio (a nove mesi dall’aprile 2020) c’è stato un piccolo incremento a marzo, seguito da un nuovo calo, e poi da una ripresa ben più visibile a novembre e dicembre. Si tratta probabilmente di gravidanze in precedenza rimandate: sarà importante vedere cosa succede nei prossimi mesi, per capire se siamo invece in presenza di una piccola inversione di tendenza rispetto all’andamento sempre negativo dal 2009 in poi. Anche i matrimoni, che si erano praticamente dimezzati due anni fa, hanno mostrato una forte ripresa; che li ha riportati però ad un livello (179 mila) ancora inferiore a quello del 2019. Vuol dire che le unioni saltate a causa della pandemia non sono state recuperate e questo fatto, visto il legame ancora forte nel nostri Paese tra stabilità matrimoniale e nascite, potrebbe a sua volta contribuire in modo negativo alla natalità dei prossimi anni.

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