Nuova tv digitale: cosa cambia da oggi

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Nuova tv digitale: cosa cambia da oggi. Il passaggio è importante e coincidenza vuole che cada in una ricorrenza particolare. L’8 marzo scatta la prima fase del nuovo digitale terrestre televisivo, il cosiddetto

switch off che di fatto manda in pensione il vecchio standard Dvb-T(Digital Video Broadcasting-Terrestrial) per lasciare spazio alle trasmissioni in tecnologia Dvb-T2 e portare i telespettatori nel mondo del Full Hd e “virtualmente” del 4K.

L’obiettivo del cambio di “piattaforma” è quello (in estrema sintesi) di migliorare ulteriormente la resa visiva dei programmi in alta definizione ma la “ragion di Stato” che l’ha imposto è la necessità di liberare le frequenze a beneficio delle reti mobili di quinta generazione, frequenze che vanno consegnate agli operatori telefonici entro il 30 giugno di quest’anno.

Le difficoltà che hanno accompagnato questa ennesima rivoluzione della Tv sono però altrettanto conosciute e la prevista “dead line” di fine 2022 è rimasta tale solo sulla carta, soprattutto per volere delle emittenti. I cittadini-utenti, insomma, si devono per il momento accontentare della prima tornata di aggiornamenti funzionali all’adozione del nuovo sistema, armarsi di telecomando per le necessarie sintonizzazioni dei canali e aspettare pazienti la data certa (ancora da definire) per il passaggio definitivo dal vecchio a nuovo digitale terrestre.

La brutta notizia per chi possiede un televisore e un decoder non compatibili con la codifica Mpeg-4 (che va a sostituire il superato Mpeg-2) è che dall’8 marzo la visione dei canali nazionali in Hd sarà possibile solo nel nuovo formato, il che significa l’impossibilità di poterli visualizzare attraverso i vecchi apparecchi. Dopo i primi spostamenti già avviati nelle scorse settimane per i canali minori, nei prossimi giorni sarà la volta di Rai 1, Rai 2, Rai 3, Rete 4, Canale 5, Italia 1 e La7.

Dal punto di vista pratico, il segnale in Hd verrà trasferito dai canali con numerazione secondaria dal 501 in avanti a quelli assegnati alle reti “principali” delle emittenti (e quindi 1, 2, 3 e via dicendo). Fanno eccezione soltanto le emittenti locali che trasmettono su base regionale, che avranno più tempo (non oltre il 30 giugno) per adeguarsi al nuovo sistema meno larghezza di banda.

Il Ministero dello Sviluppo Economico, per ovviare al rischio di oscuramento dei canali ammiraglia di Rai e Mediaset per una fetta di popolazione (anziani in primis) poco attenta alle tempistiche dello switch off, ha pensato a un paracadute: il passaggio alla nuova codifica non sarà drastico perché fino al 31 dicembre 2022 le emittenti potranno trasmettere i vecchi canali in modalità simulcast, mantenendo cioè in vita i vecchi canali (sulla numerazione 501 e a seguire) contestualmente a quelli nuovi. Il dubbio, di molti, in attesa della transizione definitiva, è che la scelta di trasmettere decine di canali nazionali ancora col vecchio standard Dvb-T con codifica Mpeg 4 vada ad affollare eccessivamente lo spettro di frequenza disponibile, riducendo la qualità di trasmissione.

La verifica della compatibilità del vecchio televisore con il nuovo standard di trasmissione richiede una semplice operazione e cioè la sintonizzazione su uno dei canali Hd già attivi e raggiungibili dal 501 in poi. In presenza di una corretta visualizzazione dell’immagine significa che il Tv è abilitato al passaggio e non serve fare nulla ancora per parecchio tempo; se così non fosse diventa gioco forza necessario cambiare dispositivo o affiancargli un decoder in grado di operare con il Dvb-T2, approfittando magari del bonus Tv rinnovato anche per il 2022 (che prevede un massimo di 100 euro per la rottamazione di un apparecchio precedente al 22 dicembre 2018).

Difficile quantificare il numero di televisori interessati, parliamo comunque di apparecchi con una dozzina o più anni di età e probabilmente una buona fetta di questi è già finito in discarica negli ultimi 18 mesi proprio in relazione agli sconti finanziati dal governo per la sostituzione degli stessi.

Una volta completata la prima fase dello switch, il percorso dovrebbe arrivare a conclusione nel 2023, quando tutte le emittenti dovranno adottare un nuovo sistema di codifica denominato Hevc Main10, in grado di comprimere maggiormente il segnale in alta definizione rispetto all’Mpeg 4 e senza comprometterne la qualità della trasmissione.

A quel punto, il Dvb-T2 potrà liberare completamente le frequenze della banda 700 MHz a favore della telefonia 5G, come previsto dal decreto ministeriale dell’8 agosto 2018.

Sono passati 4 anni, nel mezzo un investimento da 6,5 miliardi di euro e i soliti ritardi all’italiana nella messa in opera di un piano che avrebbe dovuto lanciare l’Italia nell’Olimpo dei Paesi a più alta penetrazione delle reti mobili a banda ultralarga.

Fonte Il Sole 24 Ore

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