Tempo di Carnevale, l’elogio della lasagna nello scritto del giornalista di Amalfi Sigismondo Nastri

Siamo oramai nel tempo di Carnevale e tra le tante tradizioni culinarie di questo periodo non può mancare la lasagna. Una ricetta che varia a seconda delle regioni ma anche delle famiglie che si tramandano i segreti per poterla realizzare al meglio. E sull’argomento riportiamo lo scritto del giornalista di Amalfi Sigismondo Nasti che ci parla della lasagna così come viene preparata per tradizione in costiera amalfitana: «Carnevale, tempo di gozzoviglie. Soprattutto, tempo di lasagna. La prima domanda che viene da porsi è questa: “Ci vuole o no l’uovo sodo?”. Qualcuno risponde di no. Io, che [arbitrariamente, lo riconosco, senza averne titolo] mi sono autoproclamato custode della “Cucina paesana della Costa d’Amalfi” [quella descritta nel libro ‘A Cannarizia], quindi patrimonio del territorio, dico di sì. Premesso, ovviamente, che la lasagna, come ogni altra pietanza, ciascuno è libero di prepararla come meglio crede (de gustibus non est disputandum). Solo che, se vogliamo attenerci alla tradizione, non possiamo rinunciare a inserire, nella farcitura, le fette – tagliate a rondelle – di uovo sodo.
Altra querelle: che tipo di lasagne? Escluderei subito quelle all’uovo e quelle cosiddette precotte: appartengono a una cultura gastronomica diversa dalla nostra. Lisce o ricce (con i bordi ondulati)? Secondo me, fa lo stesso. L’importante è che siano di grano duro e di buona qualità. Devono essere lessate molto al dente in acqua salata, nella quale va aggiunto un filo d’olio d’oliva ad evitare che si incollino tra loro. E poi disposte in bell’ordine, a strati, in una tortiera (anche quelle di alluminio monouso vanno bene) sul fondo della quale è stato già spalmato un po’ di sugo. La buona riuscita della pietanza sta proprio nel sugo, che deve essere un vero ragù, abbondante, non troppo tirato, fatto con carne di maiale (tracchiolelle, salsiccia). E, aggiungo io, quelle grosse polpette di carnevale che mi piacciono tanto (carne di vitella macinata: mollica di pane bagnata, strizzata e sbriciolata: uova sbattute, formaggio parmigiano grattugiato, uva sultanina, pinoli, aglio, prezzemolo, sale q,b.). Polpette fritte e poi calate nel sugo, da consumare come secondo piatto.
Una “signora” lasagna può essere formata anche da tre strati. La farcitura, tra uno strato e l’altro, è composta, oltre che dalla salsa, che va distribuita in modo regolare, da fettine di fior di latte o provola affumicata (si consiglia di acquistare i latticini qualche giorno prima e tenerli in frigo per averli più compatti), fette di uova sode, polpettine di carne di maiale (piccolissime, più piccole di una noce per intenderci) fritte, salsiccia sbriciolata (se è quella fresca, cotta nel sugo) o disposta a fettine (se si preferisce quella stagionata), ricotta passata al setaccio o sbriciolata (a pizzichi), abbondante formaggio parmigiano grattugiato. Sull’ultimo strato, soltanto il sugo di ragù e il formaggio. Ricordo che, quando ero ragazzo, si metteva da parte, per grattugiarla all’occorrenza, la capocchia di un caciocavallo stagionato. Buonissimo.
La cottura definitiva avverrà nel forno, fino a quando la superficie non si sarà rosolata dolcemente. La ricetta, ovviamente, non è mia. E’ quella che ci è stata insegnata dalle nostre mamme e dalle nostre nonne e che viene confermata dall’Artusi della nostra gastronomia, l’indimenticato medico salernitano Achille Talarico».

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