Positano, 79 anni dall’affondamento della nave italiana Salemi. Un episodio eroico della nostra storia

Oggi ricorrono 79 anni dal 2 febbraio 1943 quando il sommergibile inglese Safari affondò la nave italiana Salemi al largo di Positano distruggendo anche gli scogli “Mamma e Figlio” che si stagliavano nei pressi della torre Clavel. Furono in tanti i positanesi che in quella drammatica giornata si prodigarono per prestare soccorso.
Il bombardamento avvenne dopo le 14 del 2 febbraio 1943 quando i due piroscafi, il Salemi ed il Valsavoia, in viaggio verso sud, venivano affondati anche se non colarono subito a picco. Il Valsavoia, infatti, impiegò circa mezz’ora per affondare ci mette una mezzora per affondare. Il Salemi, invece, riuscì ad evitare il primo missile (che distrusse lo scoglio de La Mamma) ma il sommergibile Safari capitanato dal comandante Ben Briant riprese a colpirlo con i missili fino a farlo affondare.
I positanesi si precipitarono immediatamente per prestare soccorso all’equipaggio, gettandosi in mare per recuperare quante più persone possibile. E questo fece sì che furono solo otto gli italiani che persero la vita.
Riportiamo una ricostruzione storica dell’episodio fatta da Giuseppe Sabella.
«Il 2 febbraio 1943 i piroscafi Valsavoia e Salemi, salpati da Napoli alle 11:20, viaggiavano in ordine di fila alla volta della Sicilia. Dopo aver doppiato Punta Campanella e giunti in vista del litorale positanese, verso le 14:40, un improvviso scoppio squassava il lato dritto del Valsavoia ed un’alta colonna d’acqua si levava minacciosamente invadendo la sala nautica.
Il suo comandante, il capitano Astarita, ordinava allora di mettere il timone tutto a sinistra, ma un secondo scoppio detonava nuovamente a dritta, fra la stiva n.5 e le carbonaie, distruggendo la trasmissione del timone. La nave, ormai priva di manovra, sbandando a dritta imbarcava acqua dalla poppa che, presto, fu allagata fino alla coperta. Si ordinò, dunque, di fermare la macchina e di calare in mare le due scialuppe rimaste e la zattera di sinistra sulle quali prese posto l’equipaggio, mentre gli altri, alla meno peggio, si tuffavano in mare.
Contemporaneamente anche il Salemi accostava a sinistra evitando, così, un terzo siluro che, esplodendo sulla costa, distruggeva i due faraglioni che si ergevano a ponente della spiaggia di Fornillo e battezzati dai pescatori locali ” la Madre” e “Il Figlio”. Subito dopo il sottomarino britannico Safari emergeva ed iniziava un intenso cannoneggiamento sul Salemi riducendolo a colabrodo. Fu un’azione fulminea, quattro minuti e tutto fu concluso.
Nel frattempo, però, i pescatori positanesi erano già alla voga in mare per recuperare i naufraghi, mentre ancora l’unità nemica martellava a cannonate le nostre navi. A terra, invece, tutta la popolazione, confluita sulla Marina Grande, si apprestava ad accogliere e rifocillare i naufraghi offrendo loro le più amorevoli cure.
In quel 2 febbraio uomini comuni, senza specifiche attitudini eroiche, non hanno esitato a rischiare la propria vita per salvare quella di altri in pericolo. Proprio la tempestività del soccorso ha limitato al massimo i caduti”».

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