In giro per il mondo con la tradizione del mandolino

E’ disponibile il nuovo progetto, per la prestigiosa etichetta Stradivarius, del duo composto dal mandolinista Luca Petrosino e dal chitarrista Gianmarco Volpe, la Volpe e Luca, un viaggio alla scoperta di questo strumento, che ci porterà in giro per epoche e continenti

Di Olga Chieffi

Troppo frequentemente si associa il mandolino a un’immagine folkloristica e popolare della città di Napoli, depauperandolo del suo alto valore musicale. La nascita di questo strumento è risalente al XVII secolo. All’epoca i plettri erano molto decorati, particolarmente intarsiati, con filamenti in avorio. Il manico era molto lungo, anch’esso realizzato nel dettaglio. Il materiale pregiato utilizzato per la costruzione di tutto lo strumento era la tartaruga e la madreperla, tutti decorati intorno al ponticello, strumento amato dalle dame di corte di tutta Europa, con i nostri mandolinisti che ne diventavano maestri, e dalla Regina Margherita che era una dilettante di questo strumento e il liutaio Vinaccia costruì per lei un mandolino di rara bellezza. Luca Petrosino e Gianmarco Volpe, in questo loro ultimo progetto “La Volpe e Luca” , introdotto magistralmente dallo scritto di Diego Arturo Giordano, ci conducono in giro per il mondo del mandolino, che si ritrova in duo con la chitarra, per abbattere ogni muro e ogni pregiudizio sonoro su questo strumento il cui timbro ha suscitato l’interesse dei grandi autori classici, per il timbro particolare del mandolino, a partire da Mozart, che lo usa nella serenata del Don Giovanni,  Verdi, nel coro del secondo atto dell’ Otello,  “Dove guardi splendono raggi”, e ancora G. F. Haendel nel suo oratorio Alexander Balus, Antonio Vivaldi con il suo delicato Concerto per mandolino e orchestra, ma anche Beethoven che dedicò a questo strumento due Sonatine Adagio e Andante con variazioni in duo col pianoforte, Mahler che lo impiega nella VII Sinfonia e ancora il Sammartini, Paisiello, nel suo Barbiere di Siviglia o Igor Stravinskij nel suo balletto Agon.  Un occhio sullo strumento, insieme a Luca e Gianmarco, i quali da ragazzi hanno sempre fatto musica insieme, incrociando i loro speziati backgrounds musicali, riuscendo a interessare un’etichetta quale è la Stradivarius, che interseca registrazioni rare e di notevole valore artistico con pubblicazioni di celebri interpreti e promuove giovani artisti di indiscusso talento. Ecco, che in questo progetto il famoso plettro si pone quale protagonista di una indagine intorno all’era della “Musica totale”, di un tempo e di musicisti che devono aprirsi a tutto tondo alla conoscenza e, possibilmente, anche alla prassi, di tutti i sistemi armonici e contrappuntistici, di tutte le forme musicali, anche quelle cristallizzate in generi, di tutte le esperienze sonore delle etnie dei popoli; quindi, di un musicista e di un pubblico che possieda la storia della musica, accanto alla storia delle musiche. Il cd viene infatti inaugurato da due opere di rarissimo ascolto, la sinfonia in Re Maggiore di Gianbattista Gervasio, un adattamento per chitarra e mandolino, dell’originale per due mandolini e basso e il Concerto in Sol maggiore di Francesco Lecce, violinista alla corte di Re Ferdinando, per affidare la chiusura della parte classica ad un Saltarello e un rondò di Raffaele Calace, il Paganini del mandolino, un dialogo raffinato,  questi tre titoli, fatto di completezza espressiva e grande varietà dinamica e interlocutiva di quella “drammaturgia” sonora quanto mai sofisticata, resa attraverso un’esecuzione di una trasparenza assoluta e di luminosità smagliante, incisiva nel profilare la nettezza di tratti e contorni. L’improvvisazione e la variazione rappresentano in musica i percorsi di unità e divergenza di tutti i generi, una “semplice” complessità in cui la manipolazione del materiale sonoro definisce strutture e modelli la cui interazione genera sistemi a livelli crescenti di astrazione. La ragione semantica della musica emerge, nel continuo divenire del “ludus harmonicus”, il gioco dell’invenzione e della mutazione, come una indescrittibile ed immanente intuizione del noumeno. Dalla nascita della musica il binomio variazione-improvvisazione ha attraversato l’intera letteratura musicale e se nell’atto della variazione come scrive Nielsen “Si debba vedere più che una elaborazione del tema un ripensamento di esso, ripensamento che porta a superare il punto di partenza, cioè il dato di fatto iniziale che nella variazione dovrà essere in sé compiuto, in un certo senso autosufficiente, un microcosmo già formato che va interpretato e rinnovato mediante una valorizzazione delle sue risorse e possibilità”, l’estemporaneità dell’esecuzione e l’immediatezza dell’invenzione riconducono questa particolare prassi esecutiva alle caratteristiche proprie dell’improvvisazione, dunque all’elaborazione di nuovi temi che, generati dall’idea di partenza, se ne discostano al punto da non conservare, in apparenza, alcuna affinità. Queste due pratiche con le proprie convergenze e deviazioni assurgono a simbolo del jazz e le ritroviamo nell’adattamento, da parte dei due musicisti, con sonorità particolari di The Enterteiner, di Scott Joplin, che ci hanno riportato all’epoca dei cosiddetti rulli, e di un’altra intensa pagina “Misty” di Erroll Garner, di grande interesse ritmico, adottata sin dalla sua apparizione, quale apprezzatissimo “standard” sul quale era possibile eseguire una incredibile serie di variazioni. Il  viaggio di Luca e Giandomenico, muove, quindi, verso il Sudamerica sul tenue confine con la world music e l’ampio respiro della contaminazione è possibile ritrovarlo nella samba “Bole Bole”  Pick Bittencourt, detto Jacob do Bandolim, dallo strumento che amava suonare, “Cadéncia” di Juventino Maciel, e ancora Saudoso Cavaquinho di Jacaré, ancora un omaggio ad un altro strumento della tradizione popolare, prima portoghese, poi brasiliana, dove i due strumentisti immaginano la “roda”  dove l’improvvisazione è la regola e dove il virtuosismo è solo pari alla musicalità. Finale con il Pat Metheny di “Sunlight”, con la chitarra e la mandola a schizzare un paesaggio sonoro originale offrendo all’ascoltatore una connotazione di ispirata poesia più che di semplice virtuosismo.

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