L’antropologo Giovanni Gugg di Massa Lubrense: “Il bollettino giornaliero dei contagi ha assunto le sembianze del sismografo vesuviano”

Riportiamo l’interessante post dell’antropologo Giovanni Gugg, originario di Massa Lubrense e che da anni vive e lavora a Nizza, il quale analizza la similitudine tra la diffusione online del bollettino giornaliero dei contagi da Covid-19 e quella degli eventi sismici registrati dall’Osservatorio vesuviano: «Un paradosso della comunicazione del rischio nell’area vesuviana e napoletana è la presenza dei sismografi on-line: per trasparenza, i dati di questi preziosi strumenti di misurazione e conoscenza dei vulcani partenopei devono essere pubblici, ma com’è intuibile, solo pochissime persone sono in grado di leggerli e interpretarli in modo corretto. Capita di frequente che, appena il pennino tracci un picco fuori dall’ordinario, sui social e sui webjournal locali partano screenshot con commenti più o meno allarmati, dacché il centralino dell’Osservatorio Vesuviano viene preso d’assalto e chi lo dirige si trova costretto a scrivere un comunicato in cui spiega che anche una scossa sismica di magnitudo 2 fa parte della normale attività del territorio.
Come evitare questo periodico fraintendimento? Chiudiamo i sismografi alla fruizione pubblica? Mettiamo il bavaglio alla stampa? Censuriamo i social? È evidente che nulla di tutto questo può e deve essere fatto: siamo cittadini, non sudditi, abbiamo diritto ad avere tutte le informazioni. Ma allora quale strada bisogna prendere? Com’è noto, a problemi complessi ci sono soluzioni complesse che, semplificando, possiamo ricondurre a due obiettivi principali: una più efficace comunicazione scientifica e una migliore copertura giornalistica. In altre parole, non è togliendo informazioni, ma è aggiungendone che si fa un buon servizio alla popolazione.
Negli ultimi anni, l’Osservatorio Vesuviano e l’INGV hanno aperto dei canali social e la loro comunicazione è molto migliorata, per cui, sebbene milioni di napoletani non saranno mai geologi, vulcanologi e sismologi, hanno sempre più strumenti per capire e, dunque, gestire eventuali crisi più acute.
Deviando su un altro argomento, da due anni l’intera umanità è travolta da un disastro sanitario che, mutando, riesce ancora a stravolgerci la vita: siamo tutti stanchi, così il bollettino giornaliero dei nuovi contagi ha assunto le sembianze del sismografo vesuviano: andiamo a controllarlo freneticamente e ci aggrappiamo ai grafici, sperando che finalmente tendano verso il basso. Ma quelle statistiche sono un linguaggio che non tutti possiedono e, soprattutto, sono numeri che nel tempo possono dire cose diverse. Allora cosa fare? Nasconderlo? Centellinarlo? Chi avanza proposte del genere non fa un buon servizio democratico: ciascuno è libero di interpretare i dati raccolti come meglio crede, senza nessun governante paternalista o detentore di verità assoluta che pensi al suo posto. Il ruolo pubblico è invece spiegare con pazienza e costanza. Certo, questa trasparenza comporta una varietà di conclusioni, rischiando un corto circuito della comunicazione. Ma quando una comunicazione non funziona, l’approccio più efficace per migliorarla non è accusare l’altro di non capire, di avere paura o di essere ipocondriaco, bensì è partire da se stessi, rivalutando le proprie scelte, rielaborando i propri codici.
Ci vuole un po’ di umiltà ed empatia. Le solite cose, cioè».

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