Amalfi, il giornalista Sigismondo Nastri: “Una Costiera da salvare. Sempre attuale il monito di Scarfoglio”

Amalfi. Riportiamo un post molto interessante del giornalista Sigismondo Nastri pubblicato sulla sua pagina Facebook «Dedicato a quanti sognano, in nome del “progresso” e della sempre più crescente massificazione del turismo (sic), una Costiera “traforata” come un formaggio gruviera o un caciobucato lucano. Il monito che lanciava Edoardo Scarfoglio nel 1913 rimane attuale in un territorio strutturalmente delicato, reso fragile da abusivismo, incuria, abbandono; messo ancor più a rischio dal progetto di creare, in un’area che avrebbe dovuto essere tutelata – e non lo è stata (ormai da decenni) – per valori naturalistici e ambientali, e anche per il fragile assetto geologico che la caratterizza (ved. ricorrenti fenomeni alluvionali) – un megaimpianto di raccolta e “trattamento” degli scarichi fognari».
Ed ecco il brano di Edoardo Scarfoglio a cui fa riferimento Sigismondo Nastri, tratto dal volume “Amalfi pagine belle”, a cura di Sigismondo Nastri, edito da De Luca nel 1985: «Se la fortuna avesse fatto di me uno di quei grandi carnivori americani, che rivomitano i milioni rapinati in biblioteche inutili e in università oziose pei villaggi dei minatori e dei cow-boys, io avrei comperato tutto questo paese amalfitano da Nerano a Vietri, per tramandarlo intanto ai più lontani nepoti, per impedire agli uomini irrequieti di deformarlo col pretesto di rinnovarlo. Ogni innovazione qui è un misfatto; e io avrei rivolto tutto il potere della mia ricchezza a respingere i tagliatori di strade nel fianco del monte, gli ammucchiatori di scogliere davanti alle marine fatte per rotolare i navigli sino alle porte delle case, i sognatori di ciminiere fumanti e di sonore officine.
E a tutti gli abitatori avrei donato quanto loro manca per la sicurezza e la tranquillità della vita, questo solo obbligo loro imponendo: di continuare a produrre i loro giorni come fanno da sei secoli, nella contemplazione della bellezza che li circonda, che li avvolge, che li possiede, e di cui sono, senza saperlo, un elemento essenziale.
Uomini insani! Gli Dei vi concessero il privilegio inaudito, la felicità incomparabile di nascere e di morire, come certi popoli insulari dell’Oceania, fuori della infernale galera del lavoro, fra l’aria vitrea e l’acqua immacolata, sulla roccia calda anche d’inverno, in mezzo a un delirio di colori e di odori, e voi volete suscitare nel vostro giardino fiorito la mischia micidiale per l’esistenza, chiudervi in vaste prigioni affocate e piene di fumo, mutare l’armoniosa mollezza del vostro ozio in una gesticolazione forsennata, rompere il silenzioso incantesimo della vostra terra con un martellino assordante e con un ansimare di macchine, bruttare la vostra montagna con le scorie dei forni e la vostra marina coi residui dei prodotti chimici, distruggere questo raro vestigio del passato per inquadrarlo delle insopportabili banalità del mondo? Non io questo vi consentirei, se ne avessi il potere. Io tutto il mio potere adopererei per impedirvi questo delitto contro le ragioni superiori del Gusto e dell’Eleganza, e contro voi stessi. L’uomo non fu creato pel lavoro, cioè per lo sforzo, pel dolore, per la deformazione e il consumo di sé; ma sibbene per giacere sotto gli alberi fruttificanti nella dolcezza del sole, e per ricercare, quando i venti settentrionali eccitino nel suo sangue la pienezza della vita, le mammelle e la bocca della sua compagna. Il lavoro è una pena atroce che portano dalla nascita gli abitatori delle terre immiti, le terre della betulla e dell’avena, cui un crudele destino costringere a ricercar nelle miniere il carbone e il ferro da scambiare con le cose necessarie alla vita. Ma qui, ove il carrubo ombreggia la vigna, solo i dementi possono sognare e invocar quel castigo. Quando poi avrete sottratto all’agricoltore le braccia sinora rivolte all’opera del campo, e ne avrete fatto triplicare il prezzo, egli vi venderà tre volte più caro il frutto della sua messe e del suo armento, e i rapporti della vita resteranno inalterati. Questo solo vi sarà di mutato, che voi avrete suscitato nel vostro paradiso l’inferno, e avrete piegata la vostra divina libertà alla schiavitù dell’incudine e del telaio».

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