Salerno, processo per stupro, assolto undici anni dopo

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Undici anni da incubo per un riconoscimento da una foto su Facebook, che alla fine il processo ha dimostrato non essere tale. L’accusa nei confronti di un 34enne salernitano, che all’epoca dei fatti ne aveva 24, era grave: violenza sessuale e rapina. Di questa vicenda non vuole sapere più nulla come ha lasciato intendere ai difensori, gli avvocati Silverio Sica ed Alba D’Antonio, quando l’hanno avvisato dell’assoluzione. Ma non si è dato mai per vinto e, nonostante le pesanti accuse, ha un lavoro che lo soddisfa ed ha trovato l’amore di una compagna che ha sempre creduto in lui. Per gli avvocati Sica e D’Antonio «finalmente il ragazzo ha trovato giustizia, ha visto riconosciuta l’innocenza che ha sempre professato». Ci sono voluti, però, undici anni.

Tutto ebbe inizio la notte del 10 dicembre del 2010: una 21enne denunciò di essere stata violentata e rapinata (telefonino e portafogli furono ritrovati in zona). Erano in due, secondo la ricostruzione, c’era chi l’aveva bloccata a terra tenendola per le braccia e chi, dopo averle abbassato le calze e gli slip, l’aveva violentata. La prima volta che la ragazza fu sentita disse che non era in grado di riconoscere i responsabili, solo dopo un po’ di tempo individuò l’imputato da alcune fotografie presenti sul profilo Facebook di un ragazzo suo conoscente. E dichiarando anche, durante l’incidente probatorio, che il riconoscimento era stato determinato dal fatto che l’imputato «aveva un viso più cattivo che le dava una sensazione di disgusto» (la foto raffigurava 4/5 amici somiglianti tra loro e vestiti quasi allo stesso modo). Un racconto che, per la difesa, è sempre apparso lacunoso come se la studentessa di nazionalità spagnola non avesse la certezza assoluta della responsabilità dell’imputato (l’unico ad essere indagato e processato in quanto chi l’aveva trattenuta per le spalle non è mai stato individuato) ed anche la ricostruzione dei fatti, sia durante le indagini che in sede di incidente probatorio, è apparsa frammentaria e contraddittoria. In un primo momento raccontò di essere tornata a casa in via Nicolodi (dove avvenne la violenza) convinta di aver percorso il sottopasso di via Vernieri: cosa impossibile in quanto chiuso da mezzanotte e la violenza avvenne più tardi. Poi fu rifatta la ricostruzione del percorso: da via Roma, dove la giovane aveva trascorso la serata, fino a sotto casa passando per il Trincerone. Furono anche visionati i filmati delle telecamere della zona, ma i tempi non coincidevano con il racconto.

Durante il dibattimento di primo grado, che si è concluso con un verdetto di assoluzione per non aver commesso il fatto (il pubblico ministero d’udienza aveva chiesto 4 anni di reclusione), è venuto fuori che la sera dei fatti l’imputato aveva trascorso la serata a casa di amici, poi era uscito e non era stato negli stessi locali frequentati dalla persona offesa, venendo riaccompagnato a casa da un amico. Ha sempre dichiarato di non aver mai visto la persona offesa e di non conoscerla neanche di vista (a quando pare non frequentavano gli stessi giri nè gli stessi locali). Evidentemente, in assenza di elementi probatori certi, i giudici della prima sezione penale (presidente Diograzia) del Tribunale di Salerno hanno assolto l’imputato riservandosi quaranta giorni per depositare le motivazioni: solo a quel punto si potrà comprendere cosa abbia convinto il collegio giudicante a ritenere l’imputato estraneo alle contestazioni che gli erano state mosse dagli inquirenti che avevano indagato sulla violenza sessuale (gli accertamenti effettuati in ospedale confermarono la consumazione di un rapporto sessuale) che all’epoca ebbe vasta eco e facendo molto scalpore essendo avvenuta in pieno centro cittadino.

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