Vico Equense: torna nella sua Chiesa il dipinto rubato 40 anni fa

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Vico Equense: torna nella sua Chiesa il dipinto rubato 40 anni fa. I Carabinieri del Nucleo Tutela Beni Culturali di Napoli con sede a Castel S. Elmo, hanno individuato e recuperato una preziosa opera d’arte trafugata dalla chiesa di Santa Maria del Toro di Vico Equense il 28 aprile 1979. Si tratta di un dipinto ad olio su tavola delle dimensioni di cm 106x 110 e datato 1555, raffigurante la Madonna delle Grazie tra i Santi Michele Arcangelo ed Antonio di Padova che si inserisce nella produzione manieristica napoletana e si può assegnare ad un artista della cerchia di Pietro Negroni (1505 -1567), pittore calabrese operante a Napoli. Precedentemente al furto, il quadro era esposto sulla parete laterale sinistra della chiesa di S. Maria del Toro ed era inserito in una splendida e fastosa cornice barocca lasciata in situ dai ladri che si limitarono ad asportarne la cimasa raffigurante una testina d’angelo; in seguito la cornice fu riutilizzata per ospitare un moderno dipinto raffigurante San Giuseppe. La Santa Visita Pastorale del 1888-92 di mons. Giuseppe Giustiniani arcivescovo di Sorrento, a pag. 188, riferisce che il quadro allora si trovava sul terzo altare laterale posto a destra entrando; la sacra immagine è definita con molta precisione “Madonna del Suffragio dipinta in legno”, infatti nel dipinto la Vergine è raffigurata mentre si stringe la mammella destra da cui fuoriesce il latte  non per nutrire il Bambino Gesù bensì per refrigerare le Anime purganti (il napoletanissimo “ refrisco” del Priatorio) che dovevano trovarsi nella parte bassa della scena, probabilmente eliminata in un antico maldestro “restauro”. Anche la presenza di S. Michele Arcangelo è un richiamo alla destinazione finale delle anime dei defunti; secondo la tradizione cattolica infatti, l’Arcangelo è preposto alla presentazione al trono di Dio delle anime dopo la morte ed alla “pesatura” delle opere buone e di quelle cattive compiute in vita.

Certamente il dipinto fu commissionato dall’Estaurita di S. Maria del Toro, ente laicale con finalità di culto e carità fondato nella prima metà del Cinquecento, che all’epoca governava la chiesa. L’edificio sacro non era ancora quello attuale bensì una cappella di modeste dimensioni ricostruita ed ampliata verso la fine di quello stesso secolo dopo la venuta dei Padri Teatini, fondati da San Gaetano nel 1524 insieme a Gianpietro Carafa vescovo di Chieti (Theate) con il nome di Chierici Regolari Minori; La Congregazione Teatina officerà la chiesa e resterà nel convento annesso fino alla soppressione napoleonica degli ordini religiosi, avvenuta nel 1807.

Molte erano le chiese vicane a regime estauritico; tra di esse ricordiamo quella di S. Maria a Chieia, oggi conosciuta con il titolo di S. Francesco, S. Renato di Moiano, S. Michele Arcangelo di Ticciano, S. Nicola e S. Andrea di Preazzano, S. Nicola e S. Antonino di Arola, Santi Pietro e Paolo di Fornacelle e Montechiaro, S. Maria di Pacognano. I Maestri Estauritari o Governatori avevano molti agganci a Napoli e spesso vi risiedevano essi stessi per molta parte dell’anno ed avendo molta disponibilità di danaro in quanto l’Estaurita gestiva molti beni frutto di lasciti e donazioni – era una piccola banca locale – si preoccupavano di acquistare il meglio della produzione artistica napoletana per le loro chiese.

Secondo le notizie storiche che possediamo, la fondazione della chiesa di S. Maria del Toro fu opera di un gruppo di famiglie locali che vollero così garantirsi un luogo di culto vicino alle loro case, trovandosi lontano sia dal centro di Vico che dalla soprastante chiesa di S. Maria a Chieia. L’occasione fu data dalla riscoperta in una grotta di un antico affresco raffigurante la Madonna, dimenticato e ricoperto dai rovi; la grotta si trovava sotto la strada, subito dopo il basamento del campanile. Il luogo era posto presso l’antica strada romana che collegava Stabiae a Surrentum, detta Via Minervia perché terminava presso il celebre santuario della dea posto a Punta Campanella -allora chiamato Promontorio di Minerva- ed aveva già in antico il nome di Toro nel senso di luogo elevato rispetto alla città. Altri toponimi del genere ricorrono spesso nel nostro territorio (Tuoro, Toriello, Torina, Montaro etc.) e a Priora, casale di Sorrento, sorge addirittura una chiesa con lo stesso titolo di S. Maria del Toro.

A rendere il luogo affascinante non è solo la storia o il meraviglioso panorama che vi si gode, ma è soprattutto la leggenda che ammanta di miracoloso il ritrovamento della sacra immagine titolare della chiesa; essa, secondo il racconto riportato dallo storico locale don Gaetano Parascandolo, fu rinvenuta in seguito ad una luce prodigiosa che promanava dalla grotta, notata da una vecchietta che pascolava un toro nei suoi pressi. Un ulteriore sviluppo della leggenda voleva anche che il toro si inginocchiasse ogni qualvolta passava davanti alla grotta. Un altro racconto riferisce di una ragazza storpia, certa Caterina Bozzaotra, cui sarebbe  apparsa  la Madonna invitandola ad andare alla grotta per ottenere la guarigione; cosa effettivamente avvenuta non appena la fanciulla si fece portare sul posto.

La chiesa attuale è molto ampia ed ariosa, a pianta basilicale, un rettangolo absidato, affiancata da un alto e suggestivo campanile costruito a spese dell’Estaurita nel 1589, attualmente bisognoso di urgenti restauri per il distacco di parte degli intonaci e degli elementi in piperno. La navata della chiesa è ricoperta da uno splendido cassettonato ligneo a motivi floreali restaurato negli anni sessanta del secolo scorso; il presbiterio, sovrastato dalla cupola, accoglie un altare marmoreo settecentesco opera di artisti napoletani sul quale è esposta alla venerazione l’immagine della Madonna in trono con il Bambino tra le braccia e S. Bernardino da Siena accanto, probabilmente staccata o ricopiata dalla grotta in cui si trovava originariamente. Ai lati dell’abside vi sono due affreschi riproducenti episodi della vita di S. Gaetano, nei pennacchi sono effigiate le quattro parti del mondo allora conosciute, nel tamburo le Beatitudini e nella cupola il Paradiso. Nella calotta dell’abside è riprodotta la scena della Pentecoste, giorno nel quale l’Estaurita festeggiava inizialmente la sua titolare S. Maria del Toro, così come la non lontana Estaurita di S. Maria a Chieia festeggiava la sua patrona il martedì successivo.

La chiesa, dopo la partenza dei Padri Teatini nel 1807, fu affidata al clero diocesano e poi, dal 1933, ai Padri Carmelitani del Commissariato di S. Maria la Bruna di Napoli. Il suo ricco patrimonio è stato depauperato dai continui furti che si sono succeduti negli anni Settanta del secolo scorso; tra le perdite più significative vi sono il quadro della Madonna del Rosario circondato dai quindici misteri, un Crocifisso ligneo seicentesco, il Bambinello della Statua della Madonna del Rosario, venerata anche con il titolo di S. Maria del Toro e recata in processione per la città la prima domenica di settembre.

Il recupero del dipinto della Madonna delle Grazie, impropriamente definito “trittico”, è stato possibile poiché dopo il furto e la successiva denuncia, sporta dal superiore dell’epoca  Padre Generoso Tarantino dei Carmelitani, una sua foto fu inserita nella banca dati dei carabinieri del Nucleo Tutela Beni Culturali.

Grazie alle indagini condotte dal Maresciallo Capo Pasquale Salamida e dall’Appuntato scelto Matteo Scozzi diretti dal Tenente Massimiliano Croce e grazie ai documenti presentati dall’Ufficio Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, comprovanti la sua effettiva provenienza dalla chiesa di S. Maria del Toro di Vico Equense, il quadro è stato riconosciuto e sequestrato. Sarà ufficialmente riconsegnato nella chiesa di S. Maria del Toro sabato quattro dicembre prossimo alla presenza dell’Arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia mons. Francesco Alfano, del Provinciale dei Carmelitani di S. Maria La Bruna di Napoli, Padre Luciano Di Cerbo, del Sindaco di Vico Equense e di altre autorità.

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