Matteo Bassetti: “Non è pensabile un altro Natale in lockdown. Bisogna vaccinare tutti, anche i bambini da 5 a 11 anni”

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Matteo Bassetti, Professore Ordinario UNIGE e Direttore Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino di Genova, con un post sul suo profilo social analizza la situazione della pandemia in Italia, pensando al prossimo futuro: «Per provare a capire che Natale ci aspetta dobbiamo partire dal punto in cui siamo adesso. Iniziamo col dire che l’Italia è uno dei Paesi europei messi meglio con il livello di vaccinazione: l’87 per cento di chi ha più di 12 anni ha ricevuto almeno una dose e, verosimilmente, quanti devono ancora completare il ciclo primario avranno la seconda dose prima di Natale. Bisogna poi aggiungere che in Italia la somministrazione delle terze dosi è iniziata molto prima che altrove. Ma nonostante ciò e nonostante i sacrifici fatti, assistiamo a una ripresa dei contagi. E questa situazione è legata a tutta una serie di cause. Prima di tutto c’è il fattore climatico: il virus ha un andamento stagionale e colpisce maggiormente con il freddo, quindi in autunno e in inverno. Trova poi terreno fertile nei non vaccinati che sono 7 milioni, pari al 13 per cento della popolazione, quindi ancora troppi. Inoltre abbiamo una ripresa dei contagi su persone con più di 60 anni che si sono vaccinate oltre sei mesi fa. Questo significa che dobbiamo fare rapidamente le terze dosi. E rapidamente non significa tra un mese. Dobbiamo farle subito. In questo contesto l’aver portato in parlamento la vaccinazione dei quarantenni non è stato il miglior messaggio possibile. Sarebbe stato forse meglio insistere sulla necessità di puntare sulla terza dose per chi ha più di 60 anni. Con qualunque mezzo. Anche tramite chiamata diretta e con vaccinazione da effettuare a domicilio. Perché per gli over 60 la terza dose è urgente, mentre nel caso dei quarantenni sarebbe stato possibile attendere ancora del tempo.
I contagi d’altra parte stanno aumentando e li vedremo crescere anche nelle prossime settimane, ma non arriveremo ai livelli di guardia dell’anno scorso. E’ probabile che qualche regione possa cambiare colore, anche a causa dell’aumento dei ricoverati in terapia intensiva, ma non si arriverà fino al rosso. E giù le mani dal Natale. Non è assolutamente pensabile un altro Natale in lockdown. Perciò non vorrei iniziare a sentir discutere già da ora di negozi chiusi o cose simili. Non se ne parla. Non è possibile che per una minoranza di persone che ha deciso deliberatamente di non vaccinarsi si arrivi a inficiare le feste di tutti. Ed è per evitare una cosa del genere che il governo dovrebbe prendere provvedimenti, anche drastici. Penso a una sorta di super Green pass: può andare a cena con i parenti, al cinema, allo stadio o a vedere un concerto solo chi è vaccinato o guarito dal Covid. Il tampone lasciamolo per il lavoro o per prendere i treni e gli aerei. Mi auguro che un’iniziativa del genere sia presa al più presto perché non possiamo permetterci 7 milioni di persone non vaccinate con la variante Delta che circola. E non possiamo togliere di nuovo agli italiani la gioia di un Natale che i vaccinati devono poter vivere tranquillamente, come accadeva prima del Covid.
Del resto se avessimo il 100 per cento della popolazione vaccinata il dubbio su che tipo di Natale sarà non si porrebbe nemmeno. Così come potremmo anche evitare di fare tamponi e quarantene perché il fatto che una persona possa contagiarsi, dal punto di vista medico, significa poco. L’importante è che non si sviluppino le complicanze cliniche connesse al ricovero ospedaliero. E il vaccino, riducendo comunque il contagio, ha un’efficacia del 96 per cento proprio nell’evitare forme gravi e ospedalizzazione.
L’obiettivo per un’immunità di sicurezza è avere il 90 per cento della popolazione vaccinata con due o tre dosi. E spero che a giorni si arriverà anche alla vaccinazione dei bambini dai 5 agli 11 anni, che deve essere raccomandata. Anche perché il contagio è ripartito da loro e in questo momento i bambini ne sono i moltiplicatori. Vaccinarli significa dunque ridurre la circolazione del virus nelle scuole, oltre che coprire indirettamente nonni, genitori, zii. La somministrazione permetterebbe anche di evitare quelle complicanze in caso di contagio che, seppur rare, esistono anche nei bambini. Nella fascia 10-13 anni la letalità, tra coloro che finiscono in ospedale, arriva fino all’1 per cento. Si tratta di un selezionato gruppo di soggetti che fa parte di un gruppo molto più grande, ma l’1 per cento non è zero. E’ quindi bene vaccinare anche i più piccoli. Per fare un esempio, funziona come per il morbillo. Vacciniamo contro il morbillo per evitare che un caso su mille sviluppi l’encefalite o altre forme gravi. Con le somministrazioni si riducono le complicanze cliniche. E se con una vaccinazione possiamo evitare tutto questo e far sì che il virus non circoli, perché non vaccinarsi e non vaccinare? Serve anche per salvare le feste: non c’è atto più bello che celebrare il Natale in famiglia quando tutti si è vaccinati. Dobbiamo pensare al bene pubblico. Dobbiamo pensare alla salute della comunità».

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