Maneskin, successo e delirio a Las Vegas

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Maneskin, successo e delirio a Las Vegas. Ne parla Francesca Scorcucchi in un articolo dell’edizione odierna del quotidiano Il Mattino.

Maneskin, successo e delirio a Las Vegas

E adesso, «Zitti e buoni» davvero. Dopo che sir Mick Jagger, la Pietra che Rotola ancora, eccome se rotola, ha pubblicamente ringraziato, dal palco dell’Allegiant stadium di Las Vegas i quattro ragazzi di Monteverde, in italiano, per di più, possiamo farla finita con il dibattito su quanto valgano davvero i Maneskin, ragazzi rock al tempo della morte del rock? Quando uscirono da «X Factor» li reputammo immaturi, quando arrivarono a Sanremo con «Zitti e buoni» avevano conquistato credibilità e solidità, ora sono una macchina come noi in Italia non avevamo mai visto.
«Grazie mille ragazzi!» ha scandito nella lingua di Dante Jagger, dopo aver ascoltato la mezzora di show firmata da Damiano, Victoria, Ethan e Thomas. Loro avevano iniziato senza fronzoli, vestiti di stelle e a strisce, oltre che del proprio, fluido, sex appeal: «Hello Las Vegas! È un onore essere qui ed avere la possibilità di suonare sul palco della band più grande di sempre», aveva urlato Damiano David, il frontman desideratissimo da ambo sessi. Lucidi, spietati, iniziano in italiano, «In nome del padre» e «Zitti e buoni», appunto, che gli è valsa anche il trofeo dell’«Eurovision song contest». È il loro «Teatro d’ira», per dirla col titolo del loro album, in scaletta ci sono un’altra decina di pezzi, brevi, martellanti, incendiari. La folla balla e sballa, perde le inibizioni come il quartetto sul palco, la cover di «Beggin’», lasciapassare per il successo internazionale, è un orgasmo collettivo, come il nuovo singolo «Mammamia», per non dire dell’omaggio al loro mentore Iggy Pop con «I wanna be your dog», perla del repertorio degli Stooges, doppiata poi da quella «I wanna be your slave» registrata proprio con l’Iguana in persona: «È la nostra canzone preferita», grida il frontman, prima di lasciare il palco ai Rolling Stones, alle prese con il tour dell’addio a Charlie Watts, batterista e fondatore del gruppo.
Sui social il commento è in tempo reale: «Amazing boys!», «Sono staMati grandiosi, fantastici, emanano energia positiva», «Mi piace come combinano rock, funk e R&B». E c’è persino chi scrive: «Ero venuto per i Rolling Stones, ma ho scoperto di essere qui per il chitarrista dei Maneskin!». Non ditelo a Keith Richards, o, anzi, diteglielo, capirà che i giovani del rock and roll vogliono corpi giovani, chitarre giovani, sogni giovani.
«Damiano, Damiano, Damiano», canta la folla quando vanno via, ma anche Victoria, sempre più osè e sfacciata ha i suoi fans personali.
«Grazie mille, ragazzi!»: come Mick Jagger dovremmo dirlo noi, ai Maneskin. Noi, dinosauri del rock cresciuto nel nome di dio Elvis e delle trinità blasfeme succedutegli. Noi, italiani della canzonetta che abbiamo saputo vendere solo melodie canaglia. Noi, italiani che celebriamo il settecentesimo anniversario di Dante senza ammettere che per la diffusione della sua/nostra lingua nel mondo oggi stanno facendo più questi ragazzacci in carriera che mille convegni togati. – «Che serata. Grazie The Rolling Stones – il miglior ricordo di tutti i tempi», hanno postato i quattro dopo lo show.
Il problema, però, è che adesso il gioco si fa duro davvero. Se è stato difficile arrivare sin qui, e nessuno ci avrebbe scommesso su, nemmeno i critici più avveduti, che si erano accorti a Sanremo del nuovo potenziale del gruppo, sarà ancora più difficile restare nell’Olimpo rock, non farsi attrarre fagocitare dal mainstream che tutto tritura/digerisce/evacua, non chiudersi nelle nicche del suono vintage per nostalgici, capire insomma dove andare, che disco fare: il prossimo sarà centrale nella loro carriera.
In fondo, Jagger ha 78 anni, David 22. Le Pietre Rotolanti il rock lo hanno in qualche modo fondato dopo i padri putativi del rock and roll. I Maneskin sono epigoni, ma possono in qualche modo imparare dai Glimmer Twins: se loro sono rimasti in pista ancora, nonostante lutti, separazioni, passi falsi, ci sarà un perché. Questo non è un paragone, ma un invito: ad imparare dai migliori.
Ma per ora c’è una notte di successo e delirio a Las Vegas da festeggiare. Il rock italiano non era mai andato così lontano. «Zitti e buoni», comunque la si pensi, è un risultato da celebrare. «Grazie mille, ragazzi».

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