A quali boss della camorra sono ispirati i personaggi di Gomorra La Serie, dall’Immortale a Genny Savastano

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Per la stesura del copione di Gomorra – La serie gli sceneggiatori e gli autori hanno attinto a piene mani dalle pagine più nere della camorra napoletana, ricreando personaggi che in alcuni casi sono trasposizioni degli alter ego della realtà, in altre sono una miscellanea di più boss passati tristemente alla storia per la loro ferocia; probabilmente la scelta di non ispirarsi a un singolo camorrista per la creazione di un personaggio è stata presa per evitare derive di mitizzazione delle controparti reali.

Oltre alla famiglia Savastano, che ricorda da vicino i Di Lauro di Secondigliano, ci sono i Levante, che ricalcano i Nuvoletta e i Polverino di Marano, il gruppo di Sangueblu, miscuglio tra la paranza di Walter Mallo e quella di Emanuele Sibillo, e il clan di Salvatore Conte, modellato sulla base degli Amato-Pagano. Nel fortunato telefilm, di cui è in arrivo la quinta e ultima stagione, nel corso degli anni sono stati richiamati anche episodi legati alle guerre di camorra e che hanno visto vittime innocenti: è il caso di Gelsomina Verde e di Lino Romano, la prima torturata per farle rivelare dove si trovasse uno scissionista e poi uccisa e il secondo ammazzato in un agguato per un tragico scambio di persona.

Enzo Sangueblu ispirato a Walter Mallo ed Emanuele Sibillo
Il personaggio di Enzo Sangueblu, il giovane boss la cui storia si intreccia con quella dei Savastano quando gli interessi criminali si spostano nel centro storico di Napoli, è ispirato alle figure di due boss ragazzini. Il primo è Walter Mallo, che sfidò a viso aperto lo strapotere del clan Lo Russo sparando davanti alle piazze di spaccio dei “Capitoni” e imponendo il pizzo ai loro spacciatori. Nel telefilm Enzo Sangueblu, animato da spirito di vendetta, si definisce “figlio di fantasma” perché il padre è stato ammazzato e il corpo non è stato mai ritrovato. Trascorso analogo per Walter Mallo: lo zio omonimo è stato vittima di lupara bianca nel 1997 e nel 1998 è stato ucciso il padre, Giovanni Mallo; entrambi gli omicidi sarebbero stati commessi dai Lo Russo. Ad accomunare le due figure anche il tatuaggio sulla testa: tre croci sul collo per Sangueblu, una lacrima sotto l’occhio per Mallo.

Attore nella serie Gomorra, era un vero narcotrafficante: ai domiciliari Carlo Cuccia
Per eliminare quella spina nel fianco, il boss Carlo Lo Russo, come da lui stesso riferito da collaboratore di giustizia, diede l’ordine di ucciderlo e di farlo in modo plateale: aveva incaricato il giovanissimo e fidato killer Luigi Cutarelli di tagliargli la testa e di farla ritrovare in un water posizionato in strada nel rione Don Guanella. Walter Mallo è stato arrestato il 5 maggio 2016 ed è attualmente detenuto.

Altra figura reale a cui si ispira il personaggio di Sangueblu è quella di Emanuele Sibillo, il giovane baby boss dei Decumani intorno al quale il clan ha costruito un alone di leggenda. Non ancora ventenne, era a capo di un gruppo satellite del clan Contini. Emanuele Sibillo, noto come ES17, è stato ucciso nel 2015, in un agguato durante la guerra coi Buonerba; un altarino con il suo busto e l’urna delle ceneri era stato allestito nel cortile dello stabile dove abita la famiglia e, per gli inquirenti, è stato usato come simbolo del potere del clan.

Valerio ‘o vocabolario ispirato a Mirko Romano
La figura di Valerio Misano, detto ‘o vocabolario, il giovane studente universitario di Posillipo che si ritrova coinvolto nella camorra e diventa il braccio destro di Enzo Sangueblu, è ispirata a quella di Mirko Romano. Anche lui distinto dagli altri affiliati per il modo di parlare, tanto che veniva chiamato “l’italiano”, il ragazzo dell’Arenella stava scalando le gerarchie degli Amato-Pagano al punto da impensierire il reggente, Mariano Riccio, genero del boss Cesare Pagano.

Di Romano lui i pentiti hanno detto che negli ultimi periodi era diventato quasi paranoico, al punto da girare sempre armato con due pistole e di non sedersi mai sui sedili anteriori delle automobili nel timore che qualcuno potesse sparargli da dietro. Mirko Romano è stato ucciso il 2 dicembre 2012 sulla rampa dell’asse mediano in direzione Melito, attirato in trappola dagli affiliati del suo stesso clan.

Il boss Pietro Savastano ispirato a Paolo Di Lauro
La figura di Pietro Savastano è ispirata a quella di Paolo Di Lauro. Diversi i tratti che accomunano il personaggio interpretato da Fortunato Cerlino con il capoclan conosciuto all’anagrafe di camorra come Ciruzzo il Milionario, a partire dal background: è il boss incontrastato di Scampia e Secondigliano, dominus di tutti gli affari criminali che ruotano intorno ai due quartieri della periferia nord di Napoli. Come accade per gli altri personaggi, però, col passare del tempo le similitudini si riducono, sebbene la linea si evolva sulla falsariga di quella che fu la prima Faida di Scampia: anche “don Pietro” dovrà fare i conti con una scissione interna (guidata, tra gli altri, da Ciro Di Marzio e Scianel), si dovrà scontrare contro il clan di Salvatore Conte e il potere passerà in mano al figlio, Genny Savastano. Paolo Di Lauro è attualmente detenuto.

Genny Savastano ispirato a Cosimo Di Lauro

Genny è il figlio di don Pietro Savastano, prende le redini di un gruppo autonomo durante la Scissione e successivamente controlla l’intero clan. La figura, in parte ricalcandone anche il look, è ispirata a Cosimo Di Lauro, figlio di Paolo, che controllava il clan nel periodo subito precedente alla guerra di camorra: così come Cosimo “lo zoppo”, anche Genny finisce con lo scatenare la guerra perché decide di sostituire i vecchi capipiazza fedeli al padre con dei giovani a sé vicini. La storyline si evolve però in modo differente: nella realtà Cosimo Di Lauro viene arrestato nel gennaio 2005, mentre Genny Savastano riesce, tra alleanze e voltafaccia, a diventare il nuovo boss. Cosimo Di Lauro è attualmente detenuto.

Ciro l’Immortale è ispirato a Gennaro Marino
Ciro Di Marzio, l’Immortale, all’inizio della storia è tra i fedelissimi del boss Pietro Savastano ed è il mentore del figlio Genny. Con l’evolversi della trama diventa però tra gli acerrimi nemici del clan. La figura è ispirata a quella di Gennaro Marino, boss delle Case Celesti insieme al fratello Gaetano. I due venivano detti “i Mekkey”, perché il loro padre somigliava al personaggio di un vecchio telefilm americano, Zeb McKay. Nella realtà i Marino, durante la Faida, passarono tra le fila degli Scissionisti. Anche nella fiction Ciro l’Immortale si mette contro il boss Savastano. Gennaro Marino è attualmente detenuto.

Gaetano Marino è stato ucciso in un agguato nel 2012 a Terracina, mentre era in vacanza in spiaggia con la moglie, Tina Rispoli, e i figli. L’agguato presenta varie similitudini con la morte di Rosario Ercolano, ‘o Nano: Ciro Di Marzio lo manda sul litorale laziale per proteggerlo dalle vendette del clan, ma due sicari lo raggiungono e lo ammazzano davanti alla moglie.

La figura di Ciro Di Marzio è stata però costruita mescolando alla “base” di Gennaro Marino altri episodi realmente avvenuti durante quella guerra di camorra. In una delle puntate lo si vede torturare e uccidere Manu per farsi rivelare dove si trovi Danielino, il ragazzino che, ingaggiato con un raggiro e spinto a uccidere un uomo di Salvatore Conte, aveva fatto precipitare gli equilibri tra i due clan. L’episodio è ispirato alla morte di Gelsomina Verde, che fu torturata e uccisa, e il cui corpo venne bruciato per nascondere le sevizie, nel tentativo di scoprire dove si nascondeva Gennaro Notturno, un giovane che era passato dai Di Lauro agli Scissionisti e con cui la ragazza aveva avuto una relazione anni prima; per quel brutale omicidio è stato condannato all’ergastolo Ugo De Lucia, per gli inquirenti l’ordine sarebbe partito da Cosimo Di Lauro.

Salvatore Conte ispirato a Lello Amato
Nella fiction Salvatore Conte è un boss di camorra che si è trasferito in Spagna e da lì continua a controllare parte dell’illecito a Napoli; è il protagonista dello scontro con don Pietro Savastano e, durante la guerra, riesce a portare dalla sua parte diversi personaggi di spessore che prima erano dalla parte del rivale. Evidenti le similitudini con Raffaele Amato, “‘a vecchiarella”, ex braccio destro di Paolo Di Lauro, a capo degli Amato-Pagano (gli Scissionisti di Secondigliano), detti anche gli “Spagnoli” per i forti contatti e le basi logistiche che avevano appunto in Spagna. Raffaele Amato è attualmente detenuto.

Oggi gli Amato-Pagano, seppur fortemente ridimensionati, restano tra i clan principali della camorra napoletana; durante le successive faide di camorra si sono spostati da Scampia e Secondigliano e oggi controllano l’illecito in gran parte dei comuni dell’area a nord di Napoli.

Scianel ispirata alla donna boss Maria Licciardi
Il personaggio di Scianel, Annalisa Magliocca, è in parte ispirato a Maria Licciardi, sorella del capoclan defunto Gennaro “‘a Scigna” e ancora oggi ritenuta dagli inquirenti capo indiscusso del clan e figura di vertice dell’Alleanza di Secondigliano, uno dei due macrogruppi (insieme ai Mazzarella) della camorra napoletana. Ispirato alla stessa donna boss anche il personaggio di donna Imma Savastano, la moglie di don Pietro: come ‘a Piccerella”, anche lei prende le redini del clan dopo un lutto, nel caso della fiction dopo l’omicidio del marito. Maria Licciardi è attualmente detenuta.

Scianel è inoltre la madre di Lelluccio Magliocca, che si salva da un agguato di camorra perché i killer sbagliano obiettivo. Anche in questo caso sullo schermo è finita una storia reale: è la morte di Lino Romano, ucciso sotto casa della fidanzata, nel quartiere Marianella. Morì al posto di Domenico Gargiulo, detto sicc penniell, affiliato al gruppo della Vanella Grassi e vicino ai Marino. Dopo quell’agguato Gargiulo si fece tatuare una data, 15 ottobre 2012: il giorno in cui era scampato alla morte. Dopo essere sfuggito a diversi agguati, l’8 settembre 2019 Gargiulo è stato ritrovato, cadavere, nel cofano di un’automobile parcheggiata nel rione Don Guanella.

 

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