Roberta Di Mario una musicista che va oltre i confini e le etichette foto

Sorrento (NA) Ieri si è conclusa la X Edizione di “Suoni DiVini”, rassegna sorrentina dedicata all’arte e alla musica organizzata dal Comune di Sorrento con la direzione organizzativa di Egea Music e la direzione artistica di Mario Mormone. Una rassegna 2021 finalmente in presenza, che ha visto un’ottima partecipazione di pubblico nonostante le restrizioni legate alle norme sanitarie anti-covid. Una kermesse che vanta ancora una volta la presenza di tre ospiti di grande caratura musicale, il portoghese Salvador Sobral, gli italiani Bungaro e Roberta Di Mario. Le performance di tutti e tre gli artisti sono state caratterizzate da progetti musicali originali e innovativi, stile e eleganza nell’approccio al pubblico, esibizioni che non si sono mai limitate alla musica ma hanno sempre sconfinato nelle altre arti, dal teatro alla poesia, rendendo i concerti nella cattedrale DiVini. Il padrone di casa, Don Carmine Giudici, dall’altare durante i saluti finali, ha ricordato che questo tipo di architettura religiosa fu definito “cattedrale” perché al suo interno era prevista la “cattedra” destinata alle orazioni del Vescovo. Senza essere irriverenti e giocando con un modo di dire italiano, ieri a salire in cattedra è stata una musicista di classe ed eleganza sconfinate: Roberta Di Mario. La compositrice e pianista emiliana si è resa protagonista di un’esibizione molto raffinata. Definita dalla critica musicale, musicista post classica, ha dimostrato ancora una volta che il suo pianismo non merita etichette, nel suo mondo creativo c’è posto, invece, per ogni genere di musica. Il suo stile, unico e speciale, spazia dal contemporaneo al jazz, dal pop all’ambient. Durante l’esibizione sorrentina ha presentato il suo nuovo progetto musicale “A new Beginning. Il suono dopo il silenzio”, proponendo agli spettatori un suono che si trasforma in un’energia nuova e decisamente necessaria dopo il silenzio di quest’anno pandemico. Una delle frasi più belle pronunciate da Roberta Di Mario dal palco-altare della Cattedrale dei Santi Filippo e Giacomo è stata quella in cui invitava gli astanti a riflettere sul fatto che noi esseri umani siamo “suoni”. Mi è venuta in mente la filosofia della musica di Bloch che è prima di tutto una filosofia del suono, puro, staccato da un discorso musicale. Il suono è l’espressione dell’interiorità più autentica, poiché consente di elevare l’uomo da ciò che Ernst Bloch chiama ‘oscurità dell’attimo vissuto’: l’attimo presente è oscuro, ci sfugge in continuazione perché troppo vicino, troppo scontato. Il suono ha il potere di distoglierci dall’attimo presente, dallo stato di coscienza abituale, per portare il pensiero verso la nostra interiorità più profonda, altrimenti invisibile. Questo momento rappresenta una delle tappe fondamentali di ciò che il filoso tedesco definiva ‘autoincontro’, fondamentale per instaurare un dialogo con noi stessi, con la nostra interiorità. In “Spirito dell’Utopia” Bloch così descrive il potere del suono: “Il suono racchiude qualcosa che ci fa porre la mano sul cuore, che ci attornia e ci evoca con noi stessi”. Il concerto di Roberta Di Mario nella Cattedrale di Sorrento è stato un viaggio nella musica con la mano sul cuore e lo sguardo rivolto oltre i confini. Un’esibizione colta, ricca di rimandi alla letteratura pianistica classica e non, penso a Debussy, penso alla citazione di Gabriel García Márquez, alla fiaba “Pierino e il lupo” di Sergej Sergeevič Prokof’ev, e alla mitologia greca di Leda e il cigno. Abbiamo riflettuto grazie alla sua musica sulla condizione femminile, sul tempo, il mondo e i confini di esso. Un’esperienza musicale di alto profilo che è stata completata dalla presenza di due colleghi di valore, i compagni di viaggio della pianista, Ivo Mattioli al violino ed Elisa Pennica al violoncello.

Quella che segue è l’intervista che mi ha concesso la compositrice e pianista Roberta Di Mario, che ringrazio per la gentilezza. Al Direttore artistico Mario Mormone, alla giornalista Claudia Cascone, all’amico Giuseppe Prudente e a Michele Mozzicato va la mia riconoscenza per l’attenzione dimostratami.

Buonasera e complimenti per il bellissimo concerto. È la prima volta che si esibisce in una chiesa?
No, mi ero già esibita per il festival “Castagna, musica dei boschi” (2017), a Montella, in provincia di Avellino, all’interno della chiesa di San Nicola. Fu durante il periodo natalizio, presentai “Illegacy”, fu molto suggestivo suonare in quella chiesa circondata da tele del Cinquecento, qui a Sorrento ancor di più perché si tratta di una Cattedrale con uno spazio maggiore e in un momento storico molto particolare perché stiamo uscendo fuori dal buio della pandemia. In questa straordinaria Cattedrale tutto acquista più densità e valore. Ascolti la musica liberarsi nella navata godendo di un’acustica molto particolare. Tutto molto bello.
Mi ha colpito l’ultima frase della sua esibizione, quando dice che noi siamo suoni. Le chiedo se si dovesse descrivere con un suono, a quale si paragonerebbe?
Beh, sicuramente sarebbe un suono molto vellutato e nello stesso tempo intenso, ma certamente il suono del pianoforte perché il piano è un’estensione di me stessa. Io suono da quando avevo cinque anni, non posso separarmi dal suono di questo strumento, che definisco sia dolce sia violento, un po’ quello che viene fuori dai miei brani, attraverso la forza e la potenza delle mie mani. Ho mani robuste ma capaci di tanta dolcezza.
Da meridionale che ha, come molti tra noi, parenti oltreoceano, mi è piaciuto il progetto “Valzer in A Minor” legato all’immigrazione, non è così?
Sì, diciamo che c’è quello spunto. Questo brano però fa parte di un disco che si chiama “Disarm”, concetto che non è legato solo al disarmo politico e sociale. Propongo anche un disarmo interiore, della coscienza e dell’animo. Questo “disarm” poi, nel brano che ha ricordato, accoglie anche l’idea di disarmo come “liberazione dai muri” che devono crollare e permettere ai migranti di accedere a una vita migliore. Un concept album che racconta l’inclusione. Il mio “dis-armarsi” è un invito a far crollare i muri e a costruire ponti verso gli altri.
In molte delle interviste precedenti che ho seguito, mi ha colpito molto il suo ribadire che ama la sperimentazione, mi può spiegare che cosa vuol dire per lei, sperimentare?
Mi piace molto il contaminare. Non considerare la musica come un’ arte a se stante con un confine ben definito. Mi piace invece sconfinare, quindi partire dal suono del pianoforte e andare, dove sento che mi spinge la creatività. Credo di aver dimostrato con questo continuo passare dal mondo classico al mondo contemporaneo che per me non c’è un confine. Per me la cosa importante è fare musica che tocca e scuote l’ascoltatore. Per me sperimentare vuol dire non rimanere ferma a determinati schemi che derivano dal mio percorso classico ma aprirmi a tutto quello che m’ispira che porta poi alle emozioni.
A questo proposito non teme le critiche che le possono venire dal mondo classico per questa sua visione?
Fino ad oggi questa cosa non è successa. Nel senso che arrivo da quel mondo e le mie composizioni, come ha sentito, hanno molto di virtuoso. Se dovessi ricevere una critica, sebbene oggi il mio mondo è quello della musica contemporanea, che appartiene a un circuito lontano da quello di Beatrice Rana o Gloria Campaner, per citarle due pianiste della nuova generazioni della musica classica, ebbene davanti a una critica costruttiva, nel senso di un’indicazione di un limite che potrei aver palesato, l’accetterei volentieri perché sarebbe occasione per migliorarmi. Se invece la critica fosse a priori come a ribadire il concetto di superiorità della classica, inviterei chi mi muove questa critica ad un mio concerto per testimoniare che non c’è discontinuità, io vengo dal mondo della classica.
Lei durante il concerto di questa sera ha citato Gabriel García Márquez, in altre occasioni è entrata in contatto con l’arte figurativa, penso a Botero. Una sua riflessione su questi intrecci tra la Letteratura e la Musica, l’Arte figurativa e il suono.
Amo molto l’interazione dei linguaggi espressivi, perché ogni arte dà valore all’altra. Mi piace moltissimo unire la parola ai miei progetti musicali, come nel mio ultimo lavoro “Disarm” in cui ci sono dei testi scritti da Alessandra Sarchi, finalista al Premio Campiello 2017, cui ha dato voce Andrèe Ruth Shammah. Mi piace che la parola aggiunga valore alla musica e viceversa. La musica si “disarma” alla parola e la parola alla musica. Lo stesso è per le arti figurative, lo stesso è per la danza. Amo pensare che la musica dialoghi con le altre espressioni artistiche, innanzitutto perché credo sia il linguaggio universale per eccellenza. Questi incroci tra le arti espressive aggiungono valore alla performance e possono far scaturire maggiori emozioni nel fruitore finale. Sono state bellissime le parole di alcune spettatrici di questa sera che mi hanno detto, tra gli applausi: grazie perché finalmente abbiamo sconfinato anche noi. Quando succede questo, c’è proprio magia. E se succede con l’intreccio tra le varie arti, allora la magia raddoppia, anzi quadruplica.
Concludo condividendo con lei una mia personale riflessione. Sono anch’io un amante dell’arte figurativa e quando questa sera l’ho ascoltata suonare, a me è venuto in mente Lucio Fontana. Ascoltavo lei, osservavo le sue mani tra i tasti neri e bianchi e rammentavo Fontana che taglia la tela. “Sconfina” come direbbe lei. Il taglio trasforma il quadro in scultura. In una ferita che non si rimargina. Emozione forte, che scuote. Il taglio di Fontana è il gesto che apre la luce al buio e il buio alla luce. Tra luce, buio e ambiente si crea un’unità, un luogo dove si scambiano le emozioni. Non so se le sto facendo un complimento.
Sorridiamo (N.d.A.)
Bella questa cosa. È un super complimento. Mai nessuno me lo aveva detto. Credo che citerò questa sua riflessione perché è molto interessante. Anzi può essere che alleghi la copertina di un mio disco a un’opera di Lucio Fontana. Grazie. Grazie davvero.
di Luigi De Rosa

Info Suoni DiVini: http://www.suonidivinisorrento.it/

Roberta Di Mario ha presentato a Sorrento:  “A new Beginning. Il suono dopo il silenzio”
Roberta Di Mario, pianista e compositrice, nella Cattedrale di Sorrento

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