L’Alitalia, la verità su una morte annunciata

Ieri, dopo 74 anni di onorata carriera, l’Alitalia è andata in “pensione”. La nostra compagnia di bandiera, infatti, con il volo Cagliari – Roma delle 22:05 ha salutato per sempre i cieli che da sempre aveva sorvolato, nella più totale commozione del personale e dei passeggeri. Ma cosa è accaduto esattamente di tanto grave da portare alla bancarotta un così importante gioiello industriale italiano? Ebbene la nostra redazione ha contattato Antonio D’Avella, un dipendente Alitalia che ha spiegato la reale situazione in cui ha versato la società e chi ha lavorato per essa in questi ultimi anni. “E’ sempre stato un luogo comune – esordisce D’Avella – credere che essere un dipendente Alitalia sia sinonimo di arricchimento. Nessuno immaginerebbe invece in quali condizioni abbiamo lavorato per diversi anni, con stipendi bassi e turni lavorativi disumani: una base di 700 euro + 3,50 euro per ogni ora di servizio, fino ad un massimo di 42 euro, ovviamente il vitto a nostre spese. Io – continua Antonio – che sognavo di far parte di quell’azienda fin da piccolo e che nel 2005 ne ho vista la realizzazione, ho vissuto momenti indimenticabili ed esperienze fantastiche guardando albe, tramonti, stelle, aurore boreali attraverso un oblò, ho assistito anche alla sua deriva. Dal 2017 la povera Alitalia è stata messa nelle mani di un’amministrazione straordinaria: manager, politici e sindacalisti collusi sono stati la causa di questa sconfitta nazionale. Il succedersi dei governi, che hanno effettuato scelte sbagliate è stato un disastro: da Renzi che aveva trovato un accordo con Etihad, ma tutto a vantaggio di quest’ultimo, ai Cinque Stelle che avevano promesso di ripartire con zero debiti e con lo stesso personale, ma che di fatto non ci sono mai riusciti, a Draghi che con il management ITA ha dato il colpo finale, avviando licenziamenti e messo migliaia di famiglie per strada”. La più grande responsabilità, secondo D’Avella, è però dei sindacalisti perché “dovrebbero salvaguardare gli interessi dei dipendenti, invece ci hanno letteralmente svenduti, pensando solo ai propri di interessi!”. “Da oggi – prosegue Antonio – è partita la nuova piccola compagnia aerea pubblica italiana, che nel giro di poco tempo verrà ceduta a Lufthansa. Può partire perché l’Europa ha certificato che non ha nulla in comune con Alitalia. Però parte con: 1) Gli stessi aerei, dipinti allo stesso modo. 2) Gli stessi servizi a bordo. 3) La stessa sigla AZ e la stessa numerazione dei voli. 4) Sicuramente lo stesso logo. 5) Gli stessi dirigenti che lavorano negli stessi uffici. 6) Le stesse aule di addestramento e gli stessi addestratori. 7) Lo stesso crew briefing center. 8) Gli stessi simulatori di volo. 9) Le stesse divise del personale che pernotterà negli stessi alberghi. 10) Gli stessi fogli turni per i naviganti.

Però il governo certifica che non si tratta di cessione di ramo d’azienda per cui non si applica l’art. 2112 del Codice Civile che salvaguarda i lavoratori con diritti ed anzianità pregressi. Per cui è stata permessa una modalità barbara di selezione/decimazione del personale. Per cui applicano un “regolamento” aziendale che dimezza gli stipendi. Per cui lasciano senza lavoro 8000 persone di 40/50 anni con un miserabile anno di cassa integrazione. La discontinuità è fatta UNICAMENTE sui lavoratori. Tutto questo non lo fa il cattivo padrone privato. Lo fa lo Stato”.

 

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