Arte Contemporanea. Mondo Tattoo. Intervista esclusiva a Marco Manzo, uno dei tatuatori italiani più conosciuti a livello internazionale e il più famoso al mondo in ambito artistico. foto

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    Intervista di Maurizio Vitiello – Risponde Marco Manzo, uno dei tatuatori italiani più conosciuti a livello internazionale e il più famoso al mondo in ambito artistico.

     

    Marco Manzo col suo lavoro ha aiutato a cambiare la percezione sociale verso questa antica arte; Marco Manzo, sicuramente, ha impresso una svolta.

    Ho avuto l’opportunità d’intervistarlo a Roma, dove opera.

    Marco Manzo è considerato da molti un top-tattoo-artist.

    Nella classifica dei migliori italiani al primo posto per meriti artistici viene confermato, da anni, Marco Manzo del Tribal Tattoo Studio, con all’attivo ben settantacinque premi, tra nazionali e internazionali, ovviamente, raccolti nelle principali convention del particolare settore.

    In sintesi: i suoi tatuaggi risultano opere d’arte e sono state esposte in importanti musei d’arte contemporanea, come il Maxxi di Roma e la Gagosian Gallery di New York e a lui si deve anche l’ingresso del tatuaggio nell’alta moda.

    Amato da vip, tra cui Asia Argento, Max Gazzè e Gabriel Garko, docente di igiene e teoria e tecnica di tatuaggio nei corsi professionali, sin dalla loro istituzione, lavora al Tribal Tattoo Studio, da lui fondato nel 1992; è uno degli studi più frequentati della capitale, che garantisce assoluta igiene, estremi di sicurezza e altissima qualità nell’esecuzione di tutti gli stili del tatuaggio, partendo dal suo celebre tatuaggio ornamentale, di cui è precursore, sino al tribale, al dotwork, al realismo al figurativo, fino ad arrivare al cartoon, e ci fermiamo qui.

     

    Ed ecco l’intervista esclusiva:

     

    MV – Dal 1992 a oggi il “tattoo” è visto in maniera diversa?

    MM – Sicuramente. Prima si pensava che fosse più per alcuni ambienti sociali come marinai, galeotti, forze dell’ordine, nobili o militari: una nicchia più chiusa e nell’immaginario collettivo era spesso visto male: molti tatuaggi per questo venivano fatti in zone nascoste del corpo.

    Adesso, al contrario, la percezione è cambiata e vengono fatti da appartenenti a tutti i ceti sociali e da persone di tutte le età: anche i giovanissimi li fanno, vengono spesso coi loro genitori.
    Tuttavia, in alcuni ambienti lavorativi c’è ancora del pregiudizio e tatuaggi troppo visibili possono limitare la persona.

     

    MV – Il “tattoo” è scelto da persone diverse; è diventato un fenomeno sociologico entrando anche nel “paniere economico”?

    MM – Non c’è dubbio che il tatuaggio abbia avuto negli anni una grande crescita, diventando per alcuni un modo per comunicare, per esprimersi, per presentarsi agli altri.

    Per molti un tatuaggio può simboleggiare un momento importante della propria vita, altre volte assume dei significati più intimi e profondi, non leggibili a tutti.

     

    MV – Bisogna superare un percorso psicologico per “indossare sull’abito adamitico”?

    MM – Bisogna confrontarsi col proprio tatuatore, che deve capire quando eseguire un tatuaggio e quando no: deve essere sicuro che la persona sia pronta a ricevere: non siamo sicuramente degli psicologi, ma cerchiamo di capire la persona, il suo tipo di vita, se il tatuaggio possa limitarlo, il motivo per cui viene fatto e solo se si è veramente convinti e motivati, allora si può procedere all’esecuzione.

     

    MV – Ci sono persone che si pentono?

    MM – A me non è quasi mai capitato, spesso si pentono di lavori fatti male o troppo visibili: io, ad esempio, evito di tatuare il viso, il collo e le mani; le tatuo di rado, perché penso possano essere limitanti per la vita sociale di alcuni.

     

    MV – Si può parlare di una “scuola italiana del tattoo”?

    MM – Gli italiani sono molto apprezzati nel mondo: sappiamo che l’Italia ha buona parte del patrimonio artistico del pianeta, e noi tatuatori italiani siamo cresciuti nell’arte e nella bellezza, il che, probabilmente, ci ha donato un gusto artistico elevato e all’estero veniamo apprezzati anche per questo.

     

    MV – Certamente, ci sono molte convention per diffondere l’arte del tatuaggio. Quali le più significative e in quali città si tengono?

    MM: Io ho avuto modo di frequentarne molte: a mio avviso quelle di Parigi, Londra e Berlino sono molto significative sia per la qualità degli artisti partecipanti, sia per l’innovazione: in Italia abbiamo la convention internazionali di Milano e Roma: molto interessanti anche Torino e Trieste.

     

    MV – Pensi di essere un “artista del tattoo” per essere entrato in musei e collezioni e aver vinto premi internazionali d’arte contemporanea?

    MM – Io nel tempo ho lottato come altri artisti per il riconoscimento del tatuaggio come espressione d’arte contemporanea: per alcuni aspetti del mio lavoro sono un artigiano, perché mi limito a tatuare ciò che è significativo per il cliente, per altre posso essere considerato artista perché mi esprimo in modo diverso: sicuramente l’ingresso nell’arte contemporanea mi ha legittimato e, grazie a varie mostre, ha legittimato molti colleghi, ma sono stati principalmente gli storici e le istituzioni ad aver ufficializzato questa antica arte.

    Mi sento un artista del tattoo come lo sono molti altri miei colleghi e ciò accade quando si lavora col proprio intelletto facendo pezzi unici. Ribadisco però, sono le istituzioni, le mostre, i musei e gli storici che ti devono riconoscere come artista, non ci si può definire “tattoo artist” da soli; personalmente, ritengo siano gli altri a dover giudicare il mio lavoro, io faccio sempre del mio meglio.

     

    MV – L’attività durante la pausa pandemica si è fermata per i tatuatori?

    MM – Come molte attività, durante la serrata di massa l’attività si è fermata, per poi riaprire gradualmente in base alle zone delle regioni: non solo, molti tatuatori si sono fermati addirittura prima delle comunicazioni ufficiali, mostrando un grande senso di responsabilità.

     

    MV – Nel futuro post-Covid-19 e varianti quali saranno i profili promozionali e quali frontiere si potrebbero superare?

    MM – Sicuramente il Covid ha portato a tutti maggiore consapevolezza.
    Innanzitutto, c’è stato uno stop per gli abusivi e per i non professionisti, che ha portato il pubblico a rivolgersi a professionisti autorizzati che potessero dare maggiori garanzie: le più importanti sono igiene e sicurezza e in futuro ritengo che ci sarà un’ulteriore crescita del settore dal punto di vista igienico sanitario.

    Personalmente, penso che sia stato penalizzato chi non rispetta le regole e valorizzato chi le rispetta.

    Un’altra frontiera che si potrà superare a mio avviso, visto che il tatuaggio è entrato anche nell’arte, è che molti tatuatori anche giovani avranno delle possibilità in più per farsi conoscere.

     

    MV – Essere considerato il maestro-tattoo dei vip ti esalta?

    MM – Non so se sono considerato il tatuatore dei VIP, ho senz’altro tatuato personaggi famosi: mi esalta quando insieme ad alcuni di loro riusciamo a fare qualcosa di buono per il nostro settore: quando ci sono state delle collaborazioni, anche artistiche, è  stato bello: ho avuto modo di fare delle performance con Asia Argento in importanti musei, con la top Model Maria Carla Boscono a “La Biennale” di Venezia, con Max Gazzè in un evento sul Lungo Tevere di Roma; tutte collaborazioni queste che hanno consentito delle fusion artistiche tra tatuaggio, videoarte, musica, alta moda.
    Per me, però, tutti i clienti sono VIP nel vero senso della parola, persone molto importanti, perché quando si affidano a me, capita che oltre a una parte della loro pelle, mi diano anche parte delle loro emozioni: le lunghe sedute col tatuatore sono spesso occasione di confidenze, scambi di idee e di racconti e, a volte, mi è capitato che si siano trasformate in solide e durature amicizie.
    Mi ritengo un uomo fortunato, poiché ho fatto della mia passione il mio lavoro e poter fare ogni giorno ciò che si ama è una gratificazione impagabile.

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