Maiori, il giornalista amalfitano Sigismondo Nastri ricorda il poeta Peppino Di Lieto a 12 anni dalla scomparsa

Riportiamo il post del giornalista amalfitano Sigismondo Nastri dedicato a Peppino Di Lieto nel dodicesimo anniversario della sua morte: «Sono trascorsi dodici anni – e sembra ieri – da quando Peppino Di Lieto, il carissimo Peppe ‘o stonato, ci ha lasciati. Era il 13 settembre 2009. Con lui venne a mancare – e non c’è ancora chi ne abbia preso il posto – un rappresentante esemplare della “maioresità”, una voce autorevole della coscienza civile di questa comunità.

RICORDO DI PEPPE ‘O STONATO

Peppino Di Lieto, il poeta “stonato” di Maiori, personaggio “di quelli che costituiscono l’anima e la storia di un paese”, se ne andò una domenica mattina in punta di piedi nell’ospedale di Nocera Inferiore. Appena ricevetti la brutta notizia corsi a rendergli omaggio. Mi unii al cappellano nella recita di una preghiera per la sua anima. L’indomani, lunedì pomeriggio, la cerimonia funebre, nella Collegiata di santa Maria a Mare, a Maiori. […] Fuori imperversava un violento acquazzone. Sapevo che, qualche tempo prima, scherzando a tavola sulla sua morte (con i dovuti scongiuri), e sui funerali religiosi che la famiglia gli avrebbe riservato, Peppino – che era un uomo buono e giusto, seppure spigoloso, con un concetto della fede personalissimo, fino a dare l’impressione di essere miscredente (si dichiarava seguace di Epicuro, ma in effetti la sua vita era tutta assorbita dalla casa e dal lavoro e l’unico piacere che si concedeva era la poesia) – aveva detto: “Vedrete che in quel momento si scatenerà un temporale e salterà la corrente elettrica”. Fu un caso (?) ma avvenne proprio così: scrosci d’acqua violentissimi e microfoni in tilt, tanto che per qualche minuto si dovette interrompere la celebrazione. Fermatasi la pioggia all’uscita della bara, due arcobaleni spuntarono. nel cielo, oltre la montagna che domina il Casale, rione al quale era affezionato. Immagino che Peppino vi stesse sopra, a cavalcioni, godendosi la scena. […]

Il manifesto che diede notizia della morte di Peppino riproduceva una delle sue liriche (nel suo personalissimo dialetto), “Però!”: «‘A campanella tre vote ha suonato / nu Maiorese dal Signore è chiamato, / perché a Maiori nun è che se more, / ma si ritorna dal Padre e Signore. […] ‘O juorno appresso ce sta ‘o funerale / chi va ‘a chiesa, chi aspetta pe’ scale / annanza sta ‘o prevete po’ tante curone / appresso c’è ‘o carro e chi regge ‘o cordone. / I familiari, cu ll’uocchi arrossati / seguon il feretro l’un l’altro allacciati. / Il popolo è tanto ed è dispiaciuto / ma segue il corteo pe n’atto dovuto. / Se scenne p’ ‘o corso, s’appànnene ‘e porte / sia per rispetto e pe’ non fa tràsere ‘a morte. / E’ un momento d’incontro pe’ miezo paese / se parla del morto in modo cortese: / Era un grande ommo. PERO’! cu rispetto… / e ognuno gli aggiunge nu vizio o un difetto. / Per tutta la vita mi chiederò / pecché ‘o Maiorese ha sempe un PERO’!».

Conoscendo bene il personaggio, credo che nei riguardi di Peppino non ci sia stato nessun “però”. Quanto al soprannome, ‘o stonato, gli piaceva. Diceva di essere un poeta stonato perché “nun so’ ‘ntunato al coro del popolo belante, / io canto ‘n ata cosa, / so’ un essere pensante”. Messaggio recepito da un gruppo di amici, giovani e anziani (io tra questi), che avevano costituito una sorta di club degli stonati, acclamandolo presidente. Luogo d’incontro, la storica “zarelleria” – che poi ha chiuso – di Agostino Ferraiuolo (o magari l’uscio, l’area antistante…). E dove, se no?

Solo pochi giorni prima di andarsene, Peppino aveva fatto affiggere un manifesto, con la sua immagine, il dito puntato, a calamitare l’attenzione del passante, e l’appello accorato: “Ho bisogno di te”. Voleva chiamare a raccolta le persone di buona volontà per favorire – lui, ultraottantenne, lucido, brillante, che sprigionava energia da tutti i pori e sapeva applicarsi alle cose con l’entusiasmo del ragazzino – un rinnovamento, soprattutto generazionale, della classe dirigente locale, in vista delle elezioni amministrative dell’anno a venire. Un modo per scuotere un ambiente facilmente portato al “tira a campare”. Il triste evento aveva costretto a sovrapporgli un altro piccolo manifesto, pure da lui predisposto, con l’avvertimento che il progetto “è momentaneamente sospeso per improvvisi inderogabili impegni di natura superiore (capisce a me!)”.

Peppino Di Lieto era un vulcano di idee. Sua l’iniziativa – non recepita, purtroppo, da chi avrebbe dovuto concretizzarla – di mettere il mare “sotto vetro” attraverso un impianto di talassoterapia, capace di promuovere il turismo in periodo invernale. Così pure quella – realizzata – di restaurare la bella edicola della Madonna delle Catene sul corso Reginna (poi, giustamente, si lamentava per l’incuria in cui quel luogo era ripiombato). Una sua poesia, “’E furmechelle”, omaggio alle trasportatrici di limoni, divenne oggetto – credo lo sia ancora – di studio e di ricerche nelle scuole. Quando fu invitato a tenere delle conversazioni con i ragazzi, questi lo accolsero con grande entusiasmo, felici di incontrare, finalmente, “un poeta vivo”. Una cosa che lo commuoveva e lo riempiva di orgoglio. Come il successo ottenuto a un’edizione del premio letterario “Tagliafierro” a Tramonti.

Era un provocatore, nel senso buono. Le sue poesie (tre volumi pubblicati, tante affisse in bacheca, oltre a quelle rimaste nel computer) sono una miniera di saggezza. E una fonte inesauribile di notizie su persone, riti, tradizioni, costumi della vecchia Maiori (consiglio di andare a guardare i filmati su youtube). Sapeva mettere in versi sentimenti, ricordi, ma anche – novello Pasquino – insoddisfazioni e rabbia (personali e collettive), ponendo sotto tiro le stanze e i detentori del potere. Lo faceva con classe e con intelligenza, sia quando si affidava a una sottile ironia, sia quando sceglieva l’arma di un pungente sarcasmo.

Da morto non ha voluto tradirsi. “Cari compaesani, sono Peppino – leggemmo nel manifesto di ringraziamento, affisso dopo le esequie -. Vi scrivo da una località amena e bellissima . A tutti,… meno una [attenzione: per un refuso tipografico, sul manifesto è scritto uno]. Peppe ‘o stunato’». Mi viene a mente Palazzeschi: “Il poeta si diverte, / pazzamente, / smisuratamente! lasciatelo divertire”».

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