Il fiume avvelenato nella cronaca dell’ultima settimana d’agosto: nasce la “Polizia ambientale del Sarno”

Tra scarichi abusivi, lungaggini e rimpalli di responsabilità, il fiume Sarno continua a morire sotto l’inquinamento.

Il fiume sgorga pulito per poi essere sfruttato come canale di discarica per innumerevoli illeciti. Risolvere i suoi problemi però, significa sprofondare in un ginepraio, data la quantità di enti preposti ad intervenire, che troppo spesso danno luogo ad uno scaricabarile infinito di responsabilità.

L’itinerario, che dalla foce conduce il fiume al suo sbocco naturale a Castellammare di Stabia, è un lungo percorso su circa 24 km: il Sarno attraversa un territorio di oltre 500 kmq, ricevendo le acque di due torrenti principali, il Solofrana ed il Cavaiola, più quelle di una sessantina di affluenti minori, 150 tra torrenti e valloni.

La pianura che attraversa il fiume è uno dei più ricchi distretti agricoli italiani, per numero e qualità delle colture, per fertilità del suolo e per abbondanza di acque irrigue.

Oggi, a causa degli sversamenti delle fogne, di concerie ed industrie conserviere, presenti lungo il corso del fiume e dei suoi affluenti, non esiste più alcuna forma di vita e l’acqua non può essere utilizzata perché pericolosa per la salute.

Eppure nell’antichità fu adorato come un dio: un vecchio con la barba, seminudo, disteso su un fianco e circondato da piante fluviali, canne e papiri, nell’atto di reggere un vaso da cui sgorga pura e fresca acqua.

Da tempo ormai, lungo il Sarno molti paesi, che non hanno ancora un sistema fognario, sversano i loro liquami nei canali o nel fiume stesso. Anche quando ci sono i depuratori, mancano i collettori e i sistemi fognari a valle, e quindi gli impianti funzionano solo per i paesi ad essi direttamente collegati, mentre accanto si continua a scaricare nel fiume o negli invasi, in un complesso sistema a macchia di leopardo.

Secondo il Comitato ambientalista la “Grande Onda”, parlare di rilancio del turismo a Castellammare di Stabia, dove il fiume sfocia e dove si varca la soglua della Penisola Sorrentina è una chimera.

Così come anche la costruzione di nuovi depuratori, rischia di essere vanificata, se non si risolve il problema dei paesi vesuviani privi di fogne e collettori.

In attesa del “Grande Progetto Sarno”, i dubbi e le speranze, si sono alternati anche in questa settimana rovente di fine agosto, così esaurientemente descritta negli articoli del giornalista Salvatore De Napoli, pubblicati sul giornale “www.lacittàdisalerno.it”.

Proviamo allora a ripercorrere gli eventi, con la lettura di questi suoi interessanti articoli:

27 agosto 2021 «Non siamo inquinatori» Anicav si difende: «A Gori abbiamo già proposto impianti comprensoriali»

SCAFATI. Una grande quantità di terreno intasa i depuratori della media Valle del Sarno, oltre al pomodoro che colora di rosso le vasche di depurazione. È questo il risultato degli scarichi di alcune industrie conserviere dell’Agro nocerino e di Sant’Antonio Abate nel sistema fognario o nei torrenti e canali che ha spinto la Gori – guidata dall’Ad Vittorio Cuciniello – a fare un po’ di conti: la depurazione ulteriore costerà 2,5 milioni. Una cifra che ha impressionato molto l’opinione pubblica anche perché c’è il rischio che per recuperarla aumenti il costo del servizio. Le aziende conserviere già versano la loro parte di depurazione delle acque reflue ma evidentemente l’ulteriore spesa per la maggiore quantità di terreno scaricata va pagato e il problema va risolto. Da giorni, come accade quasi sempre nel periodo estivo, c’è il botta e risposta tra politici, ambientalisti, Gori e conservieri, ma ci sono alcuni punti da chiarire.

Ritardi e recriminazioni. Se da un lato sono senza giustificazione i ritardi accumulati in una trentina di anni per il completamente di fogne e collettori (molti Comuni che si lamentano non le hanno ancora ultimate) bisogna anche ribadire che i depuratori sono realizzati solo per gli scarichi urbani e non per quelli industriali. «Quelli delle industrie conserviere, però, solo assimilabili a quelli urbani», sottolinea Giovanni De Angelis, dg di Anicav. Le acque di lavaggio degli stabilimenti di trasformazione di pomodoro, infatti, contengono solo terra che è attaccata alle bacche. La grande quantità di terreno arrivato soprattutto in queste settimane è dovuto alla necessità che le industrie hanno avuto di raddoppiare la trasformazione dell’oro rosso, visto che il gran caldo aveva fatto maturare anticipatamente il prodotto che rischiava di marcire in campo. Nessuna giustificazione, invece, per la presenza di pomodoro nei reflui, «ma non si tratta di grosse quantità – sottolinea il direttore generale dell’Anicav – che comunque assolutamente non devono finire all’interno degli scarichi».

La difesa di Anicav. De Angelis specifica: «Per quanto riguarda le grandi e medie aziende conserviere queste già stanno completando gli investimenti per milioni di euro finalizzati ad abbattere la quantità di terreno di lavaggio. Per quanto riguarda, invece, i tanti piccoli stabilimenti abbiamo proposto, in una riunione già tenutasi a luglio scorso con la Gori, di adottare delle soluzioni condivise ed utili a risolvere il problema. Trasformare il vincolo in opportunità anche attraverso impianti comprensoriali gestiti proprio dalla Gori presso i depuratori». «Un nuovo business per un soggetto privato, quale Gori – spiega De Angelis – che è alla continua ricerca di abbattere i costi di gestione per realizzare maggiori profitti. Siamo disponibili, come già detto nella riunione di luglio, a pagare per servizi ulteriori».

«Non siamo inquinatori». Il dg di Anicav tiene a precisare: «Non ci siamo a passare per inquinatori, coloro che producono il cattivo odore del fiume Sarno, problemi che il fiume ha da decenni e che sono riconducibili ad altre cause. Ripeto: noi siamo impegnati nella salvaguardia dell’ambiente perché non solo lavoriamo e viviamo in queste aree ma perché tutte queste polemiche finiscono per ricadere sull’immagine delle nostre produzioni, danneggiandole». «Stiamo aspettando lo studio e gli approfondimenti che Gori si è impegnata a fare – spiega – pronti a discutere e dibattere sulle soluzioni utili a superare il problema. Più che cercare colpevoli impegniamoci, ciascuno per la propria parte, a ricercare le soluzioni più idonee». Per il direttore generale di Anicav «è ingiusto criminalizzare un intero settore che lavora 45-60 giorni l’anno, addossandogli ogni responsabilità sull’annoso problema del Sarno».

28 agosto 2021 La Regione si fa viva Summit con i sindaci Da Palazzo Santa Lucia arriva la convocazione dell’assessore Bonavitacola Legambiente accusa l’Ente Idrico Campano: «Scarsa capacità di controllo»

SCAFATI. Summit in Regione martedì prossimo sulla depurazione del fiume Sarno, dopo le proteste provocate dagli scarichi delle industrie conserviere che nei giorni scorsi hanno appesantito l’intero ciclo provocando forti disagi per i cittadini soprattutto a Scafati. Il vicepresidente della Regione e assessore all’Ambiente, Fulvio Bonavitacola, ha convocato i sindaci di Angri, di Scafati, di Santa Maria La Carità, il Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale e per la transizione ecologica, l’Ente idrico campano, l’Anicav (Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali), l’Arpac (l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) e la Gori Spa per trovare una soluzione al problema. Il nodo rimane il funzionamento non corretto dei processi di depurazione delle acque nell’impianto di Scafati, causato, sottolineato della stessa Gori, da un afflusso eccessivo di acque reflue e di fanghi, provenienti in particolare dalle industrie conserviere della zona. Un fenomeno che ha provocato ripetuti scarichi irregolari nel rivo Marna tributario del Sarno e miasmi per diversi giorni in una vasta area intorno al depuratore, avvertiti a Sant’Antonio Abate, Scafati e Santa Maria la Carità. «Bisogna agire in fretta, considerando il rischio che l’attuale emergenza perduri nelle prossime settimane e che nel corso della prossima estate 2022, in assenza di adeguate soluzioni, il fenomeno di questi giorni possa ripresentarsi in forma ancor più grave», ha affermato il sindaco di Sant’Antonio Abate, Ilaria Abagnale. Che aggiunge: «È sconfortante assistere ad un disastro ambientale quando si è cercato, fin dall’insediamento, di monitorare non soltanto il Marna, ma anche le aziende attive sul nostro territorio. La situazione odierna ci lascia senza parole per un lavoro di prevenzione che è stato cancellato per chi, forse, non ha messo in campo una strategia simile».

L’allarme degli ambientalisti. A fare il punto sulla ingarbugliata vicenda Sarno con relativa depurazione, è Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico di Legambiente Campania. «Sebbene tutti gli impianti di depurazione del Sarno siano operativi, in vario grado devono essere sottoposti ad adeguamenti o integrati per consentire una più sostenibile gestione dei fanghi in prossimità così da evitare gli enormi costi di conferimento in discariche dovuti alla scarsa disidratazione. Significativo comunque è ancora il deficit di raccolta dei liquami da avviare agli impianti per carenza delle reti fognarie e di collettamento che devono quindi anch’esse essere completate per consentire un percepibile miglioramento delle acque del fiume». In questi giorni, come ogni anno, si registra il carico inquinante dei reflui derivanti dalle industrie conserviere, ricorda Chaivazzo, «residui di pomodoro e terreno, che mettono in crisi i depuratori ed evidenziano che alcune aziende non rispettano le disposizioni di legge relative ai limiti di accettabilità».

I controllori e i controllati. Chiavazzo ribadisce che se si arriva a questo punto con gli scarichi industriali «è per la «scarsa capacità di controllo da parte dell’Ente Idrico Campano. Occorre qui ricordare che l’Eic è un organismo pubblico collegiale obbligatorio, costituito da tutti i Comuni campani, di cui fanno parte i sindaci, cui la legge affida il compito di governare i servizi idrici e con essi la depurazione. La Gori, invece, rappresenta l’esecutore delle disposizioni impartite dall’Eic. Il controllo della conformità degli scarichi delle industrie in fognatura dovrebbe dunque essere assicurato dall’Eic, avvalendosi dell’Arpac, delle polizie locali e dei carabinieri».

Sindaci e conservieri. Per il responsabile scientifico di Legambiente, le proteste dei sindaci sono come «volersi “togliere dalle botte”, mentre sarebbe piuttosto opportuno che esercitassero le prerogative di legge loro riconosciute, sia nell’ambito dell’Eic sia in qualità di autorità sanitaria locale, per assicurare una più opportuna e soprattutto preventiva gestione delle evenienze». Per quanto riguarda i conservieri non si può generalizzare, ma «è tuttavia il settore è per parte rilevante responsabile dell’aggravio nell’ambito del bacino del Sarno degli effetti negativi sull’ambiente e sulle comunità che un sistema fognario-depurativo ancora carente già determina a prescindere».

Le proposte e le soluzioni. Legambiente ritiene indispensabile l’immediato completamento «del processo di realizzazione ed adeguamento delle infrastrutture fognario-depurative tuttora significativamente carenti e al contempo va completata la presa in carico delle stesse da parte del gestore. Serve inoltre che si garantisca una adeguata e sistematica attività di controllo sull’intero sistema, allo stato anch’esso carente e non in grado di contrastare le diffuse pratiche di immissione scarichi non conformi ai limiti di accettabilità sia in corpo idrico sia in fognatura da parte delle industrie». Chiavazzo sottolinea: «Non serve alcun intervento straordinario bensì che si faccia funzionare nella piena ordinarietà le pubbliche amministrazioni e con esse si dia slancio ad una economia sostenibile e performante che qualifichi e gratifichi l’occupazione ed il lavoro sul territorio».

29 agosto 2021 Depurazione, il “conto” ai conservieri L’Ente idrico: «Il trattamento dei reflui del pomodoro va pagato dagli industriali. Pochi controlli? Dipendono dall’Arpac»

SCAFATI . «I costi della depurazione dell’industria conserviera non possono essere pagati dai cittadini». Parola di Luca Mascolo, presidente dell’Ente idrico campano che sovrintende al servizio idrico e fognario, nei giorni della recrudescenza dell’emergenza Sarno, “il fiume più inquinato d’Europa”, infamante etichetta affibiata da decenni al corso d’acqua che attraversa l’omonima valle. Valle ricca di “oro rosso”, quello che vien fuori dal terreno e poi viene lavorato nelle industrie conserviere.

I signori del pomodoro. Proprio il terreno ha ingolfato il depuratore di Scafati: fanghi che, insieme a qualche pomodoro, sono arrivati direttamente dalle acque di lavaggio delle aziende conserviere dei comuni vicini. Un grosso problema che riguarda alcune industrie: molte di quelle medio-grandi ormai hanno investito milioni di euro per rendere sempre più ecocompatibili i loro impianti industriali. In difficoltà soprattutto le piccole ditte, quelle che trasformano pomodoro per 45-60 giorni l’anno e che, addirittura un mese prima dell’inizio della lavorazione, dovrebbero attivare gli impianti di depurazione, i cui costi sono notevoli. «Ci rendiamo conto dell’importanza per l’economia del territorio e delle necessità delle industrie conserviere, tant’è che abbiamo avviato tavoli di confronto per cercare di risolvere il problema senza gravare eccessivamente sulle aziende, ma bisogna tenere sempre presente che la normativa è ben chiara e stringente sulle immissioni dei reflui industriali in fogna o nei corpi idrici superficiali – sottolinea Mascolo -. Ogni soluzione non potrà prescindere dai vincoli di legge a tutela dell’ambiente e di chi abita questi territori. E certamente i costi della depurazione specifica delle industrie conserviere non possono essere pagati dai cittadini». Questa la posizione dell’Ente, che sarà sottolineata anche durante l’incontro di martedì prossimo in Regione Campania, convocato dal vicepresidente della giunta regionale Fulvio Bonavitacola: ci saranno i sindaci, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpac), la Gori, i carabinieri per la tutela dell’ambiente e l’Anicav, l’associazione nazionale dei conservieri.

La proposta. I conservieri hanno proposto la creazione di un sistema dedicato per la depurazione dei fanghi con gestione consortile. «A parte che pensare a una rete suppletiva fognaria, una sorta di fangodotto per l’Agro nocerino non è cosa facile – specifica il professor Vincenzo Belgiorno, direttore generale dell’Eic – bisognerebbe trovare i soldi per realizzare opere importanti e anche quelle per la manutenzione ed il funzionamento ordinario di questi impianti». Frubilità e fattibilità tecnica e tecnologica, insomma, ci sono: la quaestio è economica per la realizzazione e il funzionamento successivo «i cui rilevanti costi certamente non potranno essere caricati ai cittadini». In verità, il direttore generale dell’Anicav, Giovanni De Angelis, ha assicurato che le aziende sono disponibili a pagare il costo della depurazione dei fanghi derivanti dai loro scarichi. Le norme, però, ricorda Belgiorno, sono sempre più stringenti: la depurazione costa. Tempi duri per le piccole realtà che non hanno i depuratori in aziende. Si va verso l’incorporamento di quote di mercato da parte di imprese più grandi, con la serrata delle più piccole.

Scontro sui controlli. Mascolo replica anche al responsabile scientifico di Legambiente Campania, Gianluca Chiavazzo: «I controlli nelle aziende non sono in capo all’Eic, ma all’Arpac e alle forze dell’ordine». Quel che è certo, ad ogni modo, è che «entro il 2024 tutti i comuni della Valle del Sarno avranno fognature e collettamenti e così il corso d’acqua che l’attraversa tornerà ad essere un fiume, non più una cloaca». Mascolo conferma la deadline dei vario progetti previsti per “ripulire” il fiume più inquinato l’Europa. «Entro il 2024, ben 250 milioni di opere saranno completate dalla “Gori” – ha specificato Mascolo -. Una mole di lavori che porterà a termine un progetto iniziato diversi decenni fa». Un ampliamento dell’intervento avviato negli anni Duemila dal commissario, il generale Roberto Jucci, che aveva realizzato gli impianti di depurazione ma non aveva completato la rete fognaria. «Entro tre anni – assicura Mascolo – arriveremo ad una situazione di normalità, con tutti i comuni del bacino dotati di fogne funzionanti e connessi ai depuratori».

31 agosto 2021 «Aziende sostenibili Solo così c’è futuro» Ferraioli e il fiume: «Accertare le responsabilità senza sparare nel mucchio Ritardi nella realizzazione delle reti fognarie e collettamenti: accelerate»

SALERNO. L’industria ha già fatto passi in avanti sul tema della sostenibilità ambientale; altri sono da fare ma la disponibilità di aree industriali consentirebbe non solo la delocalizzazione con benefici ambientali ma anche un processo di aggregazione delle varie imprese. Il presidente di Assindustria Salerno, Antonio Ferraioli, sottolinea quali potrebbero essere le strategie future per venire a capo del problema inquinamento industriale in particolare nell’Agro nocerino e in particolare per quanto riguarda il fiume Sarno. L’Anicav, associazione nazionale delle imprese conserviere, aderente a Confindustria ha proposto la realizzazione di impianti comprensoriali per il trattamento del terreno anche attraverso la realizzazione di condotte dedicate per le piccole aziende conserviere. Ferraioli allarga il discorso anche sulle necessità di un’economia di scala. Del resto il presidente di Confindustria Salerno conosce bene il settore conserviero essendo il patron de “La Doria” di Angri, uno dei colossi del settore e l’unica quotata in borsa.

L’inquinamento, in questi giorni, sembra il banco di prova dell’industria nell’Agro nocerino ed oggi in Regione ci sarà un importante incontro proprio per il problema depurazione legato al mondo delle industrie agroalimentari.

Presidente, c’è chi sostiene che durante il lockdown il fiume fosse pulito ed ora è sporco: quanta colpa avete voi conservieri?

Durante il lockdown le industrie conserviere che effettuano anche produzioni diverse rispetto alla trasformazione del pomodoro hanno regolarmente lavorato e a pieno regime. Ciò dimostra che il problema dell’inquinamento del fiume Sarno va ben al di là delle responsabilità, tutte da accertare, delle aziende di trasformazione del pomodoro.

Cosa il sistema industriale sta facendo e deve fare ancora per essere ecocompatibile?

Il sistema industriale in provincia di Salerno sta lavorando sempre più sul concetto di “sostenibilità”; e uno degli argomenti centrali è il rispetto dell’ambiente. Le aziende che avranno successo in futuro e che vorranno rimanere competitive sul mercato non potranno prescindere da questi principi.

E il settore conserviero?

Si sta impegnando attivamente da tempo sul tema della sostenibilità e su quello ambientale in particolare. Tante aziende hanno massicciamente investito per adeguare il ciclo di lavorazione e gli impianti di depurazione. Un importante lavoro è stato effettuato con la parte agricola per ottenere standard di raccolta del pomodoro che vedano la riduzione delle quantità di terriccio presente nel pomodoro fresco conferito alle imprese.

Ma i problemi di inquinamento ci sono, anche se l’Anicav ha reagito con fermezza contro le accuse rivolte all’intero settore conserviero di essere responsabile dell’inquinamento del Sarno…

Il settore conserviero è estremamente importante nell’economia del territorio salernitano, campano e dell’intero Mezzogiorno. Criminalizzare l’intero settore è ingiusto ed autodistruttivo. Ciò non toglie che le aziende debbano rispettare le norme e che i controlli vadano effettuati per accertare le singole responsabilità.

Quali sono le colpe di chi è addetto al controllo e gestione del sistema di depurazione delle acque e quali quelle della politica?

Eviterei di parlare di colpe. Credo che di qualunque tema si discuta, bisogna guardare al presente e alle azioni di sviluppo per il futuro. Il passato deve servire solo da lezione e per un’analisi critica al fine di evitare di ripetere gli stessi errori. Indubbiamente vi sono stati e vi sono ancora ritardi nella realizzazione di reti fognarie e collettamenti per avere un collegamento di tutti gli scarichi sia civili che industriali al sistema fognario. Gli enti competenti stanno lavorando sul problema e mi auguro che vi sia un’accelerazione che consenta di arrivare a un pieno realizzo delle opere previste nei tempi più brevi possibili.

C’è chi accusa il mondo industriale di inquinare di più e di far pagare il costo della depurazione a tutti i cittadini…

Le aziende hanno sempre pagato i costi di depurazione. Se vi sono costi specifici direttamente imputabili in maniera inequivocabile al sistema industriale, le aziende sono pronte a discuterne in modo aperto ed oggettivo.

In venti anni il numero di industrie conserviere si è ridotto, spesso per fallimenti, ma non c’è stato un calo di produzione: è sintomatico di un processo di aggregazione o di assorbimento?

Indubbiamente in questi anni abbiamo assistito ad un processo di aggregazione con la riduzione del numero degli stabilimenti industriali delle aziende conserviere.

Le attuali aree Pip potrebbero favorire questo processo e le delocalizzazioni?

La disponibilità di aree industriali potrebbe favorire un processo di delocalizzazione e un’ulteriore concentrazione del settore conserviero. Vi è da dire però che la disponibilità di aree industriali nella nostra provincia è molto limitata e che le aziende conserviere hanno bisogno di aree molto ampie proprio in virtù della stagionalità dei processi produttivi.

Le piccole aziende conserviere con i costi della depurazione riusciranno a rimanere sul mercato?

Il tema della dimensione e delle conseguenti economie di scala è sicuramente importante ma anche le piccole aziende avranno un futuro se avranno la capacità di collocarsi in segmenti di mercato che diano loro l’opportunità di creare maggior valore aggiunto per recuperare i maggiori costi.

1 settembre 2021 Fiume Sarno, ecco il pool contro i veleni Asse tra Regione, sindaci, Arpac, Gori e forze dell’ordine contro il fenomeno degli sversamenti: sì ai controlli specializzati

SCAFATI . Una nuova normativa per lo smaltimento dei fanghi derivanti dal lavaggio dei pomodori che ne permetta un più facile utilizzo a un minor costo, la creazione di una polizia ambientale per il fiume Sarno e un sistema sanzionatorio progressivo a seconda della gravità dei fatti e l’eventuale recidiva. Questi i tre punti principali dell’incontro tenutosi ieri pomeriggio, in Regione Campania, a cui hanno partecipato i sindaci di Scafati, Sant’Antonio Abate, Santa Maria La Carità, San Marzano Sul Sarno, insieme ai responsabili di Arpac, della Gori, dell’Ente idrico campano, al rappresentante dei carabinieri per la tutela dell’ambiente e all’associazione nazionale degli industriali conservieri. A tenere le fila del discorso è stato soprattutto il vicepresidente della Regione Campania con delega all’ambiente, Fulvio Bonavitacola. «La riunione si è conclusa ritengo con un pilastro condiviso, quello della necessità da parte di tutti gli attori di questo territorio di fare autocritica – ha sottolineato il sindaco di Scafati, Cristoforo Salvati -. È chiaro che la tutela dell’ambiente è prioritaria e nessun interesse economico, per quanto importante, lo possa sottomettere». La riunione di ieri in effetti è la prosecuzione dell’iniziativa del Comune di Scafati che aveva chiamato a raccolta tra gli altri i comuni vicini e la Gori per affrontare il problema non solo delle forti esalazioni che si registrano in particolare a luglio e agosto e che rendono l’aria irrespirabile ma anche per i problemi ai depuratori, causati dall’enorme quantità di terriccio e pomodori che di fatto ne bloccavano il funzionamento. E il mancato funzionamento aumentata la quantità di miasmi prodotti all’interno del depuratore, anche se, in verità, l’aria è irrespirabile pure a distanza dall’impianto di depurazione scafatese: ad incidere sull’ambiente non sono solo gli scarichi industriali ma anche quelli abusivi o quelli urbani vista la mancanza di una rete fognaria degna di questo termine.

I controlli. Sono ancora troppi i furbi che scaricano in maniera non corretta nelle fogne e nei torrenti, fidando su un numero di controlli insufficienti. Da qui la proposta del sindaco di Scafati di creare una polizia del Sarno, con agenti delle polizie municipali dei vari centri, specializzati in questo tipo di verifiche e preparati a tale necessità dai carabinieri del Noe.

I fanghi. Tuttavia, il problema principale resta quello del materialer che finisce nei depuratori intasandoli e che proviene dal lavaggio dei pomodori. Si tratta di terreno non di un rifiuto speciale o pericoloso. Normalmente, come accade al Nord, questi residui di lavaggio sono utilizzati come spandimento in agricoltura. In Campania va smaltito perché il terreno arriva da una regione diversa, come quella della Puglia, e quindi si è costretti a disfarsene come rifiuto speciale non pericoloso. Considerandolo per quello che realmente è, sarebbe possibile riutilizzarlo per riempire cave ma non solo. Per farlo, però, è necessario una modifica normativa della classificazione regionale, promessa dal vicepresidente Bonavitacola. Il suo conferimento avverrebbe attraverso un piano di conferimento realizzato dagli stessi industriali conservieri, che prevede di accantonarlo in un deposito, far colare l’acqua e il terreno poi riutilizzarlo, diminuendo i costi nettamente i costi di depurazione. Gli imprenditori presenti ieri in Regione Campania si sono detti disponibili ad un’ulteriore responsabilizzazione delle aziende non solo con la prosecuzione di investimenti per migliorare la sostenibilità ambientale nelle loro imprese ma anche con una certificazione giornaliera della loro attività nel corso di una campagna di trasformazione, che dura da 45 a 60 giorni in media, da parte di un tempo di un tecnico abilitato. Il sindaco di Scafati ritiene che questo debba essere indicato dalla Regione per garantire una maggiore autonomia di azione. I presenti al summit si sono detti anche d’accordo alla implementazione di un sistema sanzionatorio progressivo in base al principio maggiore è il mancato rispetto della norma, maggiore sarà la sanzione e in caso di ennesima recidiva (la seconda) si arriverebbe anche alla chiusura.

Gli industriali. «Si è trattato di un incontro molto positivo dal quale è emerso che il nostro settore non è e non può essere considerato l’unico responsabile delle condizioni del Sarno – ha affermato Giovanni De Angelis, direttore generale dell’Anicav -. Apprezziamo l’impegno del vicepresidente Bonavitacola che, nella logica di trovare soluzioni più che colpevoli, ha ritenuto che sia prioritario lavorare per la definitiva soluzione dell’annoso problema dello smaltimento del terriccio di primo lavaggio del pomodoro che, come emerso dalla discussione, rappresenterebbe l’unica responsabilità direttamente addebitabile all’industria conserviera».

Pubblicato per Positanonews da “Beta”

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