film di Jerzy Skolimowski fra Cetara e Sorrento

Ci sarà anche la Campania nel nuovo film di Jerzy Skolimowski. Esattamente Cetara in Costiera amalfitana e da Amalfi alla Terra delle Sirene, Sorrento . L’ottantatreenne maestro del cinema polacco, infatti, girerà a partire da novembre tra la Polonia e l’Italia, con location anche a Sorrento e Cetara. Il protagonista del film è inatteso e sorprendente: un asino. L’anticipazione arriva dallo stesso Skolimowski, ieri ospite del «Napoli film festival 2021» (che si conclude stasera con Sabina Guzzanti, che alle 20.30 presenta il suo «Spin time. Che fatica la democrazia») all’istituto francese di via Crispi per parlare dei suoi film. «Si tratta di un progetto molto particolare», rivela, «perché sono stanco di raccontare storie tradizionali in modo lineare. La struttura a episodi ruoterà comunque intorno al personaggio principale, un asino che viaggia di luogo in luogo e poi fa una fine tragica, proprio come avviene nella vita di ciascuno di noi. Il titolo, infatti, sarà proprio La vita, in italiano. E resterà così anche nelle versioni internazionali, perché non voglio che sia tradotto». Il film sarà un omaggio al classico di Robert Bresson «Au hazard Balthazar» del 1966. Rispetto all’originale, stavolta il viaggio dell’asino protagonista inizierà in un circo in Polonia per terminare tragicamente in un mattatoio in Italia.
Assieme a Polanski, Skolimowski è tra i più importanti cineasti usciti dalla prestigiosa scuola di cinematografia di Lodz e uno tra gli esponenti di punta delle nuove onde che rinnovarono il cinema europeo negli anni 60: «Ricordo che a quei tempi noi studenti della scuola di cinema eravamo consapevoli della chiusura culturale che subivamo a causa della divisione del mondo in due blocchi tra Est e Ovest. Così, istintivamente, cercammo modi differenti di esprimerci e, nel mio caso, già da studente realizzai nel 1964 il mio primo lungometraggio, Rysopis – Segni particolari: nessuno, che fu il mio film di diploma ma venne venduto in mezzo mondo e programmato in festival importanti come New York. Fu alla Mostra del nuovo cinema di Pesaro, però, che presi coscienza per la prima volta dell’esistenza delle varie nouvelle vague europee, confrontandomi con tanti autori emergenti come Forman, Bellocchio, Kluge e tanti altri».
Quando parla del suo cinema, Skolimowski (Orso d’oro a Berlino nel 1967 con «Il vergine») è concreto e diretto: «Divido i miei film in due categorie: quelli fatti per soldi, per fortuna una minoranza, e gli altri più personali e sentiti. Quando hanno iniziato a prevalere i primi, mi sono fermato e dedicato per 17 anni a tempo pieno alla pittura. Così, nel 2008, sono tornato al cinema con l’entusiasmo di un ragazzo». A suo agio anche col digitale (Nel 2015 ho realizzato 11 minuti con queste tecnologie»), il regista polacco vanta anche negli anni una carriera da attore, persino nel kolossal Marvel «The Avengers», come uno dei torturatori russi della Vedova Nera di Scarlett Johansson: «Recitare in film come quello è un modo facile per fare soldi: bastano un paio d’ore di lavoro per poche battute da memorizzare e vieni pagato migliaia di dollari. Un film da regista, invece, costa mesi di lavoro e sacrifici». Ma cosa pensa Skolimowski dei cinecomics, che secondo Scorsese non sono vero cinema? «Di quei film», conclude lapidario, «ho guardato solo i pochi minuti con la mia scena». Diego Del Pozzo, Il Mattino

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