Amalfi, il giornalista Sigismondo Nastri: «Un luogo, trasformandosi in passeraio, smarrisce la sua anima»

Amalfi. Riportiamo l’interessante post del giornalista Sigismondo Nastri: «Il 25 luglio 2011 tenni, nell’Arsenale di Amalfi, una conversazione sul tema: “Paesaggi dell’anima tra cattedrali di roccia”. Rileggendone il testo vi trovo questa riflessione: «Fino a metà dell’Ottocento non esistevano strade che portassero qui, se non le vie del mare e i sentieri di montagna. Eppure questo nostro paesaggio riuscì a porsi all’attenzione come “paesaggio dell’anima”. Continua ad esserlo, considerato che – come afferma Dieter Richter – “i paesaggi hanno la loro storia, e questa storia non resta immobile”?

Un paesaggio contiene le tracce di come era nel passato e gli indizi di come sarà in futuro. Parla delle culture e delle società che lo hanno costruito, vissuto, rappresentato. Certo, non è immobile. Su di esso incidono le trasformazioni sociali, economiche e culturali. Ma non dovrebbe mai venir meno l’equilibrio tra come era e come potrebbe essere. Noi che ci viviamo forse non ce ne rendiamo conto, ma chi viene da lontano, e magari ci torna a distanza di tempo, subisce subito l’impatto delle modificazioni che hanno contrassegnato, e non sempre in modo positivo, il territorio. Modificazioni imposte a volte da calamità naturali – i nubifragi del 1910, del 1924, del 1954, certamente i più catastrofici: sarebbe lungo elencarli tutti -, ma spesso determinate da incuria, abbandono, cupidigia, incultura. Altro che il disgusto di Henry Swinsburne per il duomo di Amalfi, e per il suo campanile giudicato “uno dei più brutti della sua specie”!

Sicché rimane concreto, almeno per me, il rischio paventato da Raffaele La Capria e prima ancora da Steinbeck: che cioè questi luoghi, trasformati in “passeraio”, smarriscano il loro fascino, diventino insomma “senz’anima”. Ma spero di sbagliarmi.»

Ci ragionavo ieri tra me e me mentre tornavo in pullman da Amalfi. Alla luce delle cronache degli ultimi tempi, e non solo quelle che riguardano il traffico automobilistico, i “rituali” incendi boschivi di fine estate-inizio autunno, pensavo a certi megaprogetti promossi e portati avanti dalle amministrazioni comunali, a mio avviso devastanti. E, riflettendoci ulteriormente, nel lungo dormiveglia di questa notte, come mi succede spesso, mi sono ancora di più convinto – con dispiacere – che non mi sto sbagliando. È proprio così».

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