Piano di Sorrento, Don Pasquale Irolla: “Abbiamo bisogno di ripartire, di darci una nuova opportunità”

Piano di Sorrento. Riportiamo la bellissima omelia di Don Pasquale Irolla incentrata sulla pagina di Vangelo odierna:

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: “Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?”. Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”. E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

Ecco le parole di Don Pasquale: «Può l’ingenuità essere una dote? E’ qualcosa di innato essere ingenui o è una disciplina quotidiana? Gesù si meraviglia a Nazareth dell’incredulità dei suoi amici d’infanzia, si meraviglia di non essere preso sul serio e che non attecchisca la sua parola nei cuori degli interlocutori. Gesù resta perplesso o meglio non riesce a spiegarsi come mai la sua parola non sia presa sul serio e, come sappiamo molto bene, quando c’è poca fede anche i prodigi stentano a crearsi perché c’è comunque una collaborazione tra noi e Dio, tra la nostra fede ed i suoi miracoli, i suoi prodigi. Certamente la bellezza di seguire Gesù, di lasciarci ogni giorno riformulare la testa, i pensieri, i sentimenti da lui, consiste proprio in questo frutto di ingenuità che Gesù vive. Cioè Gesù non pensa male dei suoi amici, dei suoi interlocutori, non mentalizza la malafede, i pregiudizi, ma si meraviglia. Come se questo accadesse tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle, cioè meravigliarsi di non essere presi sul serio a casa, in famiglia. Quella che molte volte è l’esperienza quotidiana che noi facciamo, cioè di essere dei grandi ma fuori casa, di essere cercati ma fuori casa, di essere bravi fuori casa e di non contare niente tra i propri intimi, tra i propri familiari.

Paolo sottolinea un aspetto complementare, cioè quello di sentirsi fuorigioco in determinate circostanze. Poi deve riconoscere che quella è una grazia. Molte volte noi non riusciamo a intravedere che cosa ci sia di buono nello squalificarci a vicenda, nel metterci sempre dalla stessa prospettiva, inforcare gli stessi occhiali per guardarci e leggerci dentro. Noi che presumiamo di conoscere tutto delle persone che noi amiamo: vita, morte, miracoli, difetti, vizi e peccati.

E probabilmente Paolo arriva ad una grande conclusione e Gesù, per altri versi, ha una nuova luce. Paolo dice fondamentalmente: se non avessi questa spina nella carne, se non avessi qualcuno che mi tirasse con i piedi per terra, che ogni giorno mi dicesse “tu non sei buono”, potrei diventare superbo, potrei inorgoglirmi, credermi importante, rischierei di perdermi. Ricordate che i monaci sottolineavano: “togli la tentazione e nessuno si salverà”. Cioè se noi presumiamo sempre di cavarcela ci perderemo, ci danneremo l’anima. Paolo arriva a addirittura a ringraziare perché questa è grazia che mi permette di umiliarli, permette di crescere, di non stare fermo, di non crogiolarmi nei miei risultati ma addirittura di stare continuamente a mettermi in discussione per crescere. Gesù d’altra parte penso che dica a ciascuno di noi il segreto per vivere insieme, per darci sempre una nuova opportunità. E non è una dote di stare con la testa tra le nuvole, di essere ingenui perché siamo dei sognatori, ma piuttosto è la disciplina quotidiana di lavarci gli occhi nella grazia di Dio, di lasciarci purificare i pensieri con la sua parola, di sciogliere i nodi ed i grovigli del nostro cuore attraverso la grazia della sua visita. Il contatto con Dio e la disciplina quotidiana di riandare al primo amore che poi permette a ciascuno di noi di dare un’altra opportunità, di vedere un piccolo progresso nel proprio figlio, di riuscire a prendere sul serio il marito quando parla, ecco questa è la parola che oggi ci viene consegnata perché penso che anche noi abbiamo bisogno di darci una nuova opportunità per questa estate.

Un nuovo tempo dove abbiamo bisogno di rilanciarci, cioè di guardarci e dare ciascuno all’altro nuove opportunità, un nuovo invito, una nuova spinta.  Vogliamo ripartire, vogliamo ricominciare, vogliamo dare una nuova opportunità ai nostri figli ed alla nostra comunità parrocchiale. Gesù va a Nazareth e non tace, annuncia la parola, crede in una novità, tant’è vero che quando volta le spalle continua a insegnare, sottolinea l’evangelista Marco. Cioè non si scoraggia, continua ad annunciare la parola perché crede che la semina avrà comunque un effetto, produrrà dei frutti. Ed io auguro a ciascuno di noi questa mentalità in positivo questa speranza, in questo sguardo luminoso, leggero, libero, che ci permette di puntare ancora anche se abbiamo ricevuto tanti fallimenti, li abbiamo subiti, li abbiamo provocati, anche se sembra che finché non finisca la pandemia tutto resta sempre un po’ col freno tirato.

Questa Eucarestia è la grande spinta di novità. Auguro a ciascuno di noi di lasciarsi impregnare di tutta questa grazia che ci permette di vivere leggeri e liberi man mano che scorrono gli anni della nostra vita e vediamo attorno a noi sempre le stesse persone, sempre le stesse relazioni, da cui possiamo trarre una novità non perché noi siamo bravi e gli altri hanno una grande capacità di cambiamento, ma perché ciascuno di noi prova a lasciarsi purificare i pensieri ed i sentimenti dal contatto e dalla parola di Dio».

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