Un tuffo nella Minori del passato, c’era una volta via Strada Nuova

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Minori, costiera amalfitana. In perfetto minorese: addereta ‘a via nova. Ora è via Alfonso Gatto ed è quasi totalmente stravolta rispetto alla seconda metà del secolo scorso.
Già la curva, dove attualmente c’è l’ingresso per il parcheggio ricavato sulla foce del torrente, non esisteva (era spiaggia) perché il traffico (si fa per dire) si sviluppava per traversa san Giovanni a Mare (mulino ‘ Silvestro – Pascarella – Tatonno o diavulillo) per poi passare per piazza Umberto I. Venne poi sistemata la statua della Madonna con vasca e pianta rampicante, un tempo ben curata da masto Alfonso.
A sinistra (al posto dell’elettronica 2000) c’era “Ciccio ‘e pelella” , artista del ferro e che rispondeva al nome di Francesco Fraulo, esponente del PSI provinciale. C’era un balconcino di affaccio usato di sera come sversatoio liquido degli zicchinettari del circolo sociale. Sotto il livello attuale della strada c’erano i maestri bottai Ruocco, papà e zio dell’indimenticabile Carminuccio, attiguo al casotto del dazio, attuale sede ANMI.

Il dazio aveva una bilancia a terra per la pesa degli animali e di pacchi ingombranti, usato spesso da noi adolescenti per dondolarci. Era davanti all’ingresso, con una fontana dove tutti attingevano acqua che non avevano in casa, della stalla di Giuliano, in seguito divenuta ristorante (la Stalla, l’Arsenale, I Pontile, la Locanda del pescatore).
Proseguendo, dopo le scale che conducono a san Giovanni (al tempo c’era la scuola elementare) ed a quelle per il Vingius, s’incontravano i magazzini delle sorelle di Cetara, da uno dei quali Riccardo tirava fuori, scale, scaletti ed altri aggeggi vari di notevole fattura. Di fronte c’era il deposito del Caporale con le vasche di stocco e baccalà messi a “spugnare”. Al lato c’era il deposito d’o tupparo, trasformato da Gaetano in elettrauto e da Umberto in officina meccanica e di fronte c’era l’altro meccanico, Geppino. Di fianco a questo c’era Alfon so ‘o Capurale con la sua frequentatissima trattoria, mescita di vino di Sambuco e Torello, salumeria; poi si trasformò in ristorante e pizzeria ed aveva sul marciapiede una luminosa ovale girevole che rifletteva immagini di piatti e bevande.

Ancora di fianco le scale di accesso per la stalla di Lipeppe e dei suoi ciucci. Dall’altro lato dell strada c’era un ben curato giardino con tavoli dove si consumava, all’aria aperta, quanto Alfonso cucinava. Le scale per la casa di Cipolla, pescivendole della prima ora; dal suo terrazzo si guardava la casa del fratellio che fu visitato da una troupe cinematografica statunitense che girò un documentario sul personaggio perfettamente somigliante all’ultimo re d’Italia. La casa del “re” fu acquistata da Luigi Cimmini al rientro dagli USA: al piano terra vi impiantò un salone da parrucchiere. Di fronte c’era l’abitazione di Alfonso ‘o ricciulillo i cui figli hanno fatto fortuna al Nord Italia nella ristorazione e la panetteria di Melchiorre, papà di Antonio d’Auria, contabile del Comune (ogni tanto una colata di pomice occupava il forno ed il pane andava a male ed io non potevo magiare la pagnottella Marsigliese.

Proseguendo il nulla (ora Settebello, Santa Lucia ed Europa): solo la casa della famiglia Farace (se ricordo bene) e di Frantonio. L’attuale parcheggio ricavato sul corso del torrente, ospitava un grosso deposito per la cartaccia da distribuire alle cartiere di via Pioppi.

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