Alla GAM di Roma in mostra “Ciao maschio”

Roma – Alla Galleria d’Arte Moderna di Roma fino al 14 novembre sarà aperta al pubblico la mostra «Ciao maschio». Volto, potere e identità dell’uomo contemporaneo. Il titolo riprende volutamente quello del celebre film di Marco Ferreri del 1978, e, così come il film puntava a evidenziare la decadenza dell’uomo, la mostra descrive, attraverso l’arte, l’abbandono e il superamento di un modo di essere maschile radicato nei secoli. Le opere esposte vanno dalla fine dell’Ottocento fino al XXI secolo e comprendono dipinti, sculture, grafica, fotografia, film d’arte e sperimentali, video, video-performances e installazioni, provenienti in gran parte dalle collezioni d’arte capitoline. Promossa dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, l’esposizione è stata realizzata con la collaborazione del Centro Sperimentale di Cinematografia ed è curata da Arianna Angelelli e Claudio Crescentini. I due curatori, come spiegano nel catalogo (Gangemi editore), hanno voluto rendere omaggio al regista Ferreri ricordando in particolare il personaggio di Gerard La Fayette in “Ciao maschio”, interpretato da Gerard Depardieu. La Sovrintendente capitolina Maria Vittoria Marini Clarelli ha, invece, voluto ricordare nella presentazione la figura di Ebdòmero, protagonista dell’omonimo romanzo di Giorgio de Chirico. La mostra esplora i vari volti dell’uomo a partire da quello del “potere”. In una sala al primo piano, infatti, troviamo una serie di ritratti di personalità politiche romane, esposti nella parete di fondo, come in una quadreria ottocentesca. Un deciso cambiamento nella raffigurazione degli uomini di potere si ha a partire dagli anni Sessanta del Novecento, quando i politici vengono trasformati in icone pop. Da un lato abbiamo i presidenti USA, a cui vengono contrapposte le immagini del potere maschile in ambito socialista, con l’iconicità di Sergio Lombardo espressa in Krusciov e Mao. Lo stesso Mao è ritratto più recentemente con modi warholiani da Marco Lodola, mentre il Lenin di Mario Schifano è esposto in dualismo con il Generale Giap e Ho Chi Min di Franco Angeli. “Il volto del terrore” è uno specifico focus espositivo dedicato a tre dittatori del Novecento, simbolo di violenza sui popoli. Si tratta di Hitler, Mussolini e Stalin, che sul machismo hanno costruito la loro immagine pubblica, consci di ottenere in questo modo l’ammirazione delle donne dell’epoca, che in essi vedevano il semidio, l’amante e il padre. Un’altra sezione della mostra è dedicata all’identità maschile, a partire dalla millenaria cultura che ha visto l’uomo forte, coraggioso, duro, virile e che l’arte ha ben evidenziato e rappresentato nei decenni con opere sulla guerra e sulla violenza dell’uomo sull’uomo, sulla famiglia intesa nelle diverse forme e possibilità, così come sul tema della bellezza e dell’autocoscienza del Sé. In particolare viene trattato in mostra il “culto del corpo e l’etica dello sport”, a partire dalla gigantografia del pugile Primo Carnera, fotografato da Manilo Villoresi. Troviamo il dipinto i Nuotatori di Giovanni Omiccioli (1940), accanto al bronzo di Lorenzo Lorenzetti Ragazzo che si tuffa (1930) e I giovani in riva al mare di Franco Gentilini (1934) accanto all’Uomo nudo di schiena, di Michelangelo Pistoletto (1962-1987). Un’opera questa che rimanda anche la nostra immagine riflessa in uno specchio. Tra le rappresentazioni che rispecchiano il disgregarsi dell’identità ci colpisce Il cocainomane di Tato (1922), l’Autoritratto nudo di de Chirico del 1945, che sembra quasi un’Imago Christi, e l’Autonuca di Carlo Maria Mariani (1972). Anche il lavoratore è oggetto di studio da parte degli artisti, come pure la figura del padre, da quello tradizionale di Felice Carena nel dipinto La pergola del 1929 al recentissimo padre-chioccia di Tod Papageorge (foto in basso) o al padre pop di Valerio Adami. La postmodernità ha evidenziato le fragilità dell’uomo disancorato dalle certezze del passato e sempre più pervaso da inquietudini esistenziali. Fragilità che sono messe in luce anche da alcune artiste, che non potevano mancare nell’analisi del “maschio”. Nel settore “Uomini visti da donne” sono soprattutto artisti o personaggi noti a essere inquadrati attraverso l’obiettivo di fotografe e lo sguardo di artiste italiane del secondo Novecento, ma anche modelli anonimi, come nel caso delle foto realizzate da Agnese De Donato, intitolate Chi era costui? (1973, Collezione Donato Pizzi), raffiguranti un giovane uomo con il petto nudo peloso e i jeans sbottonati. Altre artiste rappresentate in mostra sono Tomaso Binga (Bianca Menna), autrice dell’opera Bianca Menna e Tomaso Binga Oggi spose (1977, Collezione dell’artista), Lisetta Carmi, che ha fotografato Ezra Pound nel 1966, Elisabetta Catalano, Rosa Foschi, Alessandra Mercadini, Alba Zari e altre. Chiude la mostra l’installazione Till Death Tears Us Apart (2017) di uno dei più famosi urban artist americani, Mark Jenkins, realizzata in collaborazione con Wunderkammern Gallery. L’installazione è drammatica e destabilizzante, ma anche coinvolgente e surreale nella sua struttura iper-realistica, che mostra in modo enigmatico e al tempo stesso provocatorio la fine assoluta dell’uomo, ucciso dalla sua donna.
Galleria Comunale d’Arte Moderna, Via Francesco Crispi, 24 Roma. Orario: da martedì a domenica ore 10-18,30; chiuso il lunedì (http://www.galleriaartemodernaroma.it/)

Generico giugno 2021

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